La figlia di Mubarak   di Marco Travaglio   2 novembre 2013

La figlia di Mubarak di Marco Travaglio 2 novembre 2013




La figlia di Mubarak
di Marco Travaglio
Quando Anna Maria Cancellieri diventò ministro
dell’Interno, poi fu candidata al Quirinale,
infine divenne ministro della Giustizia, il
Fatto — come sempre — segnalò i suoi potenziali
conflitti d’interessi familiari legati alla vecchia
amicizia con la famiglia Ligresti, cliente da tempo
immemorabile di procure, tribunali e patrie
galere; e al ruolo del figlio Piergiorgio Peluso,
alto dirigente prima di Unicredit, poi di Fonsai,
infine di Telecom. In particolare ci occupammo
della tragicommedia dei “braccialetti elettronici”
per controllare i detenuti in libertà, un appalto
di sette anni per centinaia di milioni rinnovato
dal Viminale sotto la Cancellieri alla Telecom
in cui andò a lavorare il pargolo. Ma la
parola conflitto d’interessi, dopo vent’anni di
mitridatizzazione berlusconiana, suscita noia,
fastidio, sbadigli. E morta lì. Ora il conflitto
d’interessi, da potenziale, diventa effettivo, concreto,
reale: la ministra della Giustizia Cancellieri,
amica dei Ligresti, telefona alla compagna
di Salvatore Ligresti, Gabriella Fragni, appena
arrestato per gravissimi reati finanziari insieme
alle due figlie e a vari manager, per darle la sua
solidarietà contro un provvedimento della magistratura
che definisce “la fine del mondo”,
“sono veramente dispiaciuta”, “c’è modo e modo”,
“non è giusto”, “qualsiasi cosa io possa fare
conta su di me”. Insomma, si mette a disposizione.
Ma non abbastanza per i gusti della Fragni,
che si sfoga con la figlia: “Gli ho detto: ma
non ti vergogni di farti vedere adesso? Tu sei lì
perché ti ci ha messo questa persona… Ecco,
capito? ‘Ah, son dispiaciuta’… No, non si è dispiaciuti!
Sono stati capaci di mangiare tutti”.
Fra questi anche il rampollo Peluso. Almeno
secondo Giulia Ligresti, che prima dell’arresto
lo accusava di aver “distrutto la compagnia” nei
pochi mesi di permanenza ai vertici di Fonsai:
solo che “invece di chiedergli i danni”, “in consiglio
nessuno ha fiatato” quando si decise di
liquidarlo con 3,6 milioni (lei dice addirittura 5)
di buonuscita dopo appena un anno, “approvato
all’unanimità, che se fosse stato il nome di
qualcun altro…”. Resta da capire chi sia “la persona”
che “ha messo lì” la ministra. Chi siano i
“tutti” che hanno “mangiato”. E in che senso il
“nome” di Peluso gli abbia garantito tutti quei
milioni. Basterebbe questo per consigliare alla
ministra di andarsene. Ma c’è molto di più, perché
il 17 agosto, quando la richiesta di scarcerazione
di Giulia Ligresti per motivi di salute
(anoressia e rifiuto del cibo) viene inizialmente
rigettata dal gip di Torino, la Fragni chiama il
quasi-cognato Nino perché mobiliti “quella nostra
amica”. Che è la ministra della Giustizia.
Lui la chiama, lei risponde. Poi telefona ai vicedirettori
delle carceri, Cascini e Pagano, perché
intervengano. Infine avverte via sms Nino
Ligresti: “Ho fatto la segnalazione”. La scena
ricorda parecchio le telefonate di B. da Parigi
alla Questura di Milano per far liberare Ruby,
appena fermata per furto, e affidarla a Nicole
Minetti. E le chiamate di Nicola Mancino al
consigliere di Napolitano, Loris D’Ambrosio,
per influenzare o spostare l’inchiesta sulla trattativa
Stato-mafia. Ma stavolta — diversamente
dai funzionari della Questura e dal duo D’Ambrosio-
Napolitano — Cascini e Pagano rispondono
che non si può fare niente, se non affidarsi
alle normali procedure giudiziarie. E stoppano
sul nascere le pressioni della ministra, che per
questo unico motivo non giungeranno mai sul
tavolo dei magistrati di Torino. I quali decideranno
autonomamente di scarcerare Giulia Ligresti
per motivi di salute, come prevede la legge,
dopo il suo patteggiamento, mentre tengono
tuttora in carcere la sorella Jonella, che non è
malata e non ha patteggiato: la prova che nessun
favoritismo è stato fatto dalla Procura e dal gip
ai Ligresti amici della ministra. La quale, due
giorni dopo l’uscita della notizia, ancora finge di
non cogliere lo scandalo e dice di aver fatto “il
mio dovere” a scopo “umanitario”.
articolo troppo lungo – youtube non lo carica
L’articolo completo su
http://www.vip.it/marco-travaglio-editoriale-di-sabato-2-novembre-2013-la-figlia-di-mubarak/?utm_source=rss&utm_medium=rss&utm_campaign=marco-travaglio-editoriale-di-sabato-2-novembre-2013-la-figlia-di-mubarak

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