«La missione di Katia di dare la vita a chi ne aveva bisogno si è realiz…


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«Lei aveva ricevuto la vita dalla donazione del midollo osseo e voleva ridare la vita a qualcun altro che ne aveva bisogno. E così la missione di Katia di dare la vita a chi ne aveva bisogno si è realizzata nella sua pienezza». Lo scrive il professore Paolo Di Bartolomeo in un lungo post su Facebook nel quale racconta la storia della piacentina che ebbe in cura nel 2010 al Centro Trapianti di Pescara che dirigeva. Katia Mellini purtroppo è morta a 42 anni al Maggiore di Parma nei giorni scorsi per un’emorragia cerebrale e alcuni suoi organi sono stati donati come da sua volontà, nel 2024 si sarebbe dovuta invece sposare con Matteo. La vicenda ha provocato un vastissimo cordoglio in tutta la Valtidone che si è stretta attorno al compagno e alla famiglia. Di Bartolomeo racconta anche dell’ultima volta che l’aveva sentita: «Mi aveva telefonato ad ottobre del 2023 per annunciarmi le nozze, un gesto che ho apprezzato dal profondo del cuore. Mi voleva bene Katia, era affezionata come una figlia.  Ma un terribile e crudele destino era in agguato».

«L’aspetto scientifico rilevante della vicenda è che,  – spiega il professore – nonostante quasi 10 anni di trasfusioni di sangue e un trapianto di midollo osseo, gli organi di Katia sono stati riconosciuti idonei per eseguire i relativi trapianti. Matteo e i genitori di Katia da parte loro hanno manifestato il proposito di fare una donazione all’Admo Abruzzo (Associazione Donatori di Midollo Osseo) per sostenere la ricerca nel campo dei trapianti di midollo osseo, una iniziativa questa di assoluto valore umano, lodevole sotto ogni punto di vista.  Ricorderò Katia come una persona speciale, sempre con il sorriso sulle labbra, bella fuori e soprattutto bella dentro. Ciao Katia, riposa in pace».

«Katia – scrive –  era nata nel 1981 e fin da primi anni di vita aveva manifestato problemi di salute perché era costantemente anemica e la milza cresceva di volume in modo anomalo. Fu nel 1986 che i genitori portarono la piccola all’Ospedale Pediatrico Gaslini di Genova dove fu posta diagnosi di talassemia (anemia mediterranea) intermedia. Per questo motivo nel 2002 Katia fu dapprima sottoposta a splenectomia e successivamente, a causa dei livelli estremamente ridotti di emoglobina, ad un programma di regime trasfusionale cronico presso il Centro Trasfusionale dell’Ospedale di Piacenza».

«Le trasfusioni di sangue, eseguite ogni 3 settimane, associate ai farmaci in grado di controllare l’eccesso di ferro, erano l’unico trattamento in grado di assicurare la sopravvivenza ma non certo la guarigione. Fu alla fine del 2010 che Katia, che fino a quel momento aveva ricevuto 216 trasfusioni di sangue, si rivolse al Centro Trapianti di Pescara, che all’epoca dirigevo, per valutare la possibilità di un trapianto di midollo osseo allogenico. Avevamo una grande esperienza avendo trapiantato circa 150 pazienti talassemici con risultati a dir poco brillanti (guarigione nel 90% dei casi). Dopo un lungo colloquio e dopo essere stata informata in dettaglio che il trapianto di midollo osseo poteva si farla guarire dalla talassemia ma poteva anche toglierle la vita per le possibili gravi complicazioni immunitarie e infettive ad esso associate, Katia decise che valeva la pena rischiare perché aspirava ad avere una vita normale come quella di tutte le ragazze della sua età (29 anni). Fra me e lei si stabilì subito una intesa perfetta, ci capivamo con un semplice sguardo. Era nata una alleanza stretta fra Katia e tutto il meraviglioso staff di medici, infermieri, tecnici, ausiliari che con me collaboravano».

«Il 12 maggio 2011 Katia – prosegue il professore – fu sottoposta a trapianto di midollo osseo allogenico utilizzando il midollo di un donatore tedesco di pari età, risultato compatibile quasi al 100%. Il decorso post-trapianto fu eccellente, non registrammo alcuna complicanza e Katia guarì perfettamente. Negli anni successivi il trapianto funzionava meravigliosamente bene e Katia aveva potuto iniziato una nuova e vera vita, aveva aperto una attività di parrucchiera nel paese dove risiedeva, Castel San Giovanni, era conosciutissima e molto apprezzata da tutti e soprattutto aveva conosciuto un uomo, Matteo, che l’amava profondamente così come lei amava lui. Katia e Matteo avevano deciso di sposarsi nel 2024. La mattina del 31 dicembre scorso, quando Katia e Matteo si apprestavano a festeggiare l’inizio di quel nuovo anno che li avrebbe portati alle nozze, Katia è stata colta da un’improvvisa e terribile cefalea che ha indotto Matteo a chiamare subito il 118. Trasportata d’urgenza dapprima all’ospedale di Piacenza e poi al reparto di Rianimazione dell’Ospedale di Parma, Katia era entrata in coma profondo a causa di una vasta emorragia cerebrale che aveva dilaniato i tessuti nervosi. Nonostante tutte le terapie messe in atto dai medici della Rianimazione di Parma, le condizioni generali si sono aggravate al punto che il 10 gennaio scorso è stata dichiarata la morte cerebrale».

«I medici del reparto di Rianimazione di Parma hanno allora proposto ai familiari l’espianto degli organi. Già quando era in vita più volte Katia aveva manifestato a Matteo e ai suoi genitori di essere assolutamente favorevole alla donazione degli organi. Lei – conclude – aveva ricevuto la vita dalla donazione del midollo osseo e voleva ridare la vita a qualcun altro che ne aveva bisogno. Matteo e i genitori di Katia hanno subito dato il parere favorevole e nella notte fra il 10 e l’11 gennaio a Katia sono stati espiantati il fegato, i due reni e le cornee. Non è stato possibile espiantare i polmoni e il cuore perché parzialmente danneggiati durante il decorso clinico. Il fegato è stato trapiantato ad un paziente di Modena, i due reni a due pazienti di Parma, mentre le cornee sono state depositate nella banca delle cornee e daranno la vista ad altri pazienti. E così la missione di Katia di dare la vita a chi ne aveva bisogno si è realizzata nella sua pienezza».


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www.ilpiacenza.it è stato pubblicato il 2024-01-16 06:00:00 da

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