La panchina rossa smontata alla Sapienza, i collettivi: il 24 novembre scandivate ‘bruciate tutto’. Non abbiamo forse accontentato la vostra richiesta?”

La panchina rossa smontata alla Sapienza, i collettivi: il 24 novembre scandivate ‘bruciate tutto’. Non abbiamo forse accontentato la vostra richiesta?”


“La panchina rossa è solo una maschera che nasconde il nulla che Sapienza fa contro la violenza di genere”. È questo, in poche parole, il messaggio delle studentesse e degli studenti del collettivo Zaum che l’11 dicembre, hanno buttato in un cestino dell’indifferenziata, la panchina rossa donata all’ateneo dalla AsRoma.

A pochi minuti dall’inaugurazione, cacciaviti in mano, gli studenti e le studentesse l’hanno smontata e trasformata in una panchina dell’indifferenza verso i problemi reali. Il gesto ha incassato, tra l’altro, il sostegno di Non una di meno.

Zaum e Coordinamento dei collettivi contestano alla rettrice della Sapienza che “un solo centro anti-violenza non è sufficiente per un ateneo che conta 150mila iscritti”.

“Non vogliamo panchine rosse ma azioni concrete”

La conferenza è stata convocata all’insaputa della rettrice Antonella Polimeni alle 10 di stamattina davanti la statua della Minerva. Ieri pomeriggio il Senato accademico si era riunioto esprimendo con una mozione, dai toni molto forti, ferma condanna per l’accaduto. Gli studenti del collettivo però non si fermano: “Vogliamo esporre il nostro punto di vista su quello che è successo, perché gli slogan senza pratiche sono solo estetica. Abbiamo detto che avremmo distrutto tutto, questa panchina e la vostra simbologia vuota sono solo l’inizio”.

Per il collettivo la panchina rossa “è un diversivo con cui Ateneo e istituzioni assolvono il loro impegno nell’anti-violenza, cavandosela con un lavoro a basso costo e senza impegno. È questo un perfetto esempio di ‘pink washing’: interventi dimostrativi volti solo alla risonanza mediatica e a pulirsi la faccia”.

E poi ancora, le panchine rosse “sono il simbolo di staticità, rassegnazione, impotenza e dolore morboso. Non solo chi agisce violenza non viene minimamente scalfito da questo tipo di simboli, ma questi possono diventare una violenza reiterata per le persone che l’hanno vissuta”.

Il centro anti-violenza chiuso alla Sapienza

Le recenti dichiarazioni “della Rettrice sono state un’ulteriore evidenza di come si voglia ridurre la lotta contro la violenza di genere a una mera questione di facciata, così come la panchina stessa, non era altro che una questione di immagine. Vorremmo precisare che il gesto di smontare questa panchina ha delle motivazioni ben precise, anche se si cerca di farlo passare come un atto vandalico senza logica”, scive Zaum su Instagram.
“Riteniamo che questa panchina fosse problematica oltre che inutile per diversi motivi. In primo luogo perché più che un simbolo della lotta contro la violenza di genere è un simbolo dell’ipocrisia di un’istituzione che se ne lava le mani e che invece di trovare soluzioni concrete al problema lo riproduce e lo nasconde. La Rettrice continua a ribadire che un centro anti-violenza c’è, come se un solo CAV per 150 mila student3 (senza contare le persone che lavorano alla Sapienza e la gente del territorio adiacente) fosse sufficiente; a maggior ragione perché è aperto solo 7 ore al giorno per 5 giorni a settimana – il minimo per essere classificato come CAV e non come sportello – possa essere sufficiente”.

La rettrice: “Azione ingiustificabile”

Per la rettrice Polimeni, la vandalizzazione della panchina “è stata un’azione che non può avere nessun tipo di giustificazione, in particolare in un Ateneo come il nostro impegnato contro la violenza di genere da tempi non sospetti con azione concrete”. Tra queste, ricordava appunto la numero uno della Sapienza, l’apertura del centro anti-violenza nel 2022 che prima non esisteva o almeno non era ufficiale.

Per la reazione si è trattato di un gesto di “pochi facinorosi e violenti”.

In un video di fuoco sui canali social della Sapienza la rettrice ha difeso le iniziative che l’ateneo mette in campo contro la violenza di genere e promesso battaglia contro gli studenti in questione.

Polemiche per la frase “peggio di mille Turetta”

Hanno generato polemiche, poi, le frasi scritte sui propri canali social da Claudia Lucci, studentessa eletta nelle liste di Sapienza futura – l’associazione vicina alla rettrice e che esprime diversi rappresentanti negli organi in ateneo. La membra del senato accademico, il “parlamentino” che raccoglie rappresentanti dei docenti, del personale e degli studenti, aveva accusato i manifestanti di essere “peggio di mille Filippo Turetta”.

Sugli scudi le altre associazioni studentesche. Minerva e Udu hanno denunciato l’accaduto sui propri social, mentre Sinistra universitaria ha mandato una lettera alla rettrice e diffuso un video di denuncia. ‘È gravissimo che una rappresentante degli studenti paragoni chi distrugge una panchina e chi compie un femminicidio’ è l’accusa che lanciano, auspicando poi che l’ateneo “prenda provvedimenti adeguati”.

Il coordinamento: “Le nostre storie contano, la nostra voce conta”

“Ci teniamo inoltre a specificare che chiunque abbia scritto o detto che smontare una panchina fosse un atto violento quanto quelli che la panchina dovrebbe rappresentare debba riflettere su cos’è davvero la violenza di genere. Paragonarci a dei femminicidi è equiparare la vita di una donna ad una panchina: è strumentale, disonesto e soprattutto profondamente sessista. Di questo ne sono la riprova le centinaia di insulti di matrice patriarcale che ci sono stati rivolti. Chi ci diceva che non siamo delle vere femministe ma solo delle violente, chi ci equiparava a un qualsiasi femminicida erano per la maggior parte persone che lo

facevano aggiungendo che eravamo delle cagne, delle isterich3; non ci dilunghiamo nel riportare ciò che ci è stato detto perché ci rifiutiamo di dare spazio al vostro linguaggio violento nei nostri discorsi. Avete dato la dimostrazione di essere parte del problema, e non l’alleato che spesso vi rivendicate di essere”, scrivono sui social.
“Ci chiediamo cosa pensi la stessa polizia di stato, che oggi minaccia denunce e provvedimenti per quello che abbiamo fatto lunedì, quando qualche decina di giorni fa condivideva le parole di Elena Cecchettin chiedendoci di distruggere tutto. Non abbiamo forse accontentato la vostra richiesta?”

“Le nostre storie contano, la nostra voce conta. Non vogliamo panchine rosse ma azioni concrete, che vadano a colpire la causa e non a piangere la conseguenza”.

L’articolo La panchina rossa smontata alla Sapienza, i collettivi: il 24 novembre scandivate ‘bruciate tutto’. Non abbiamo forse accontentato la vostra richiesta?”
roma.repubblica.it è stato pubblicato il 2023-12-13 16:43:25 da [email protected] (Redazione Repubblica.it)


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