La voce di Maria Cafagna, da Molfetta al podcast record «Il decennio breve»


Chi ha ascoltato podcast nel 2023 si sarà senz’altro imbattuto ne «Il decennio breve», una guida semiseria agli anni zero (2001-2011) in cui si passano in rassegna mode, musica, personaggi, stili di vita di quel periodo. Prodotto da Hypercast, c’è un pezzo di Puglia in questo gioiellino delle piattaforme, che ha raggiunto risultati record a livello di ascolti: fra i tre ideatori e conduttori, infatti, c’è Maria Cafagna, cresciuta a Molfetta (Ba). Editorialista per Fanpage e Today.it, autrice della newsletter Roba da Femmine per Wired, ha curato campagne di comunicazione politica anche a livello nazionale, e dal 2022 si è immersa nel mondo dei podcast, diventando autrice e conduttrice. La «Gazzetta» l’ha intercettata per scoprire qualcosa in più su «Il decennio breve», esperienza che condivide con Alice Valeria Oliveri e Stefano Monti, e sui progetti in arrivo.

Vive a Roma da tanti anni, ma com’è stata la sua infanzia a Molfetta?

«Sono l’ultima nipote di una grande famiglia, con tanti zii e cugini: un “clan” tipico del Sud, in cui si fa tutto insieme, una dimensione che da un lato ti protegge e coccola, dall’altro tende a soffocarti se si hanno ambizioni o inclinazioni diverse. Ho avuto un’infanzia felice, ma come dice mio padre la mia fortuna è stata nascere figlia unica: i miei hanno potuto investire sulla mia istruzione e darmi possibilità che probabilmente con un fratello maggiore maschio sarebbero state altre».

È molto attenta a tematiche di femminismo e patriarcato: secondo lei parlarne sta portando a risultati, almeno a livello di consapevolezza?

«Deve essere così. Intanto dieci anni fa non si parlava di violenza fisica e femminicidio, si è fatto un passo avanti. Ora la speranza è che si cominci a riconoscere la violenza psicologica, economica, e che gli uomini non si indignino solo se le donne vengono picchiate o ammazzate, ma smettano di applaudire in tv quando viene esaltata la gelosia. È in corso un cambiamento culturale, ma ci vorrà tempo».

Parlando del podcast «Il decennio breve», come è nata l’idea?

«Per caso. Io e Alice (Valeria Oliveri, ndr.) ne avevamo parlato in un paio di occasioni, poi siamo state invitate negli studi Hypercast, coinvolgendo anche Stefano Monti. Avevamo una scaletta di massima per la prima puntata, ma ci siamo accorti che ciò che funzionava era l’interazione spontanea. Siamo fan della Gialappa’s Band, l’idea era ricreare quell’atmosfera, e forse siamo riusciti a coprire un buco, perché ora anche sui social sono nati account che dedicano ricordi alla cultura italiana degli anni zero. Insomma, si cominciano a intravedere più Fabrizio Corona, Lapo Elkann, Costantino Vitagliano».

Perché il decennio 2001-2011? È stato l’ultimo a generare mode e icone che rimarranno nel tempo?

«Oggi è tutto più rapido, e soprattutto manca un immaginario condiviso, i gusti vengono indirizzati da algoritmi. Prima era più facile imbattersi in qualcosa che non avresti mai guardato o indossato, ma siccome lo guardavano e indossavano tutti, lo facevi anche tu. Oggi il tuo feed di Instagram è diverso dal mio, il «decennio breve» è stato l’ultimo a produrre un panorama collettivo».

Abbiamo colto dal podcast che sta lavorando a un libro, è vero?

«Confermo. Non posso dire altro, uscirà nel 2024. La scrittura in solitaria è ben diversa: un podcast scritto in tre viene quasi da sé, ho scoperto che mi piace fare interviste e domande, anche solo per curiosità personale. Raccogliere e fare il punto non è facile, ma è appassionante».

Un bilancio del 2023?

«Sono contenta dei risultati del podcast, abbiamo iniziato a registrare le prime puntate dal vivo, davanti al pubblico. Ho visto molti bei film. Per il resto è stato un anno di transizione, in cui ho seminato: speriamo di raccogliere, ora».



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www.lagazzettadelmezzogiorno.it è stato pubblicato il 2023-12-16 07:00:02 da Bianca Chiriatti


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