Le minacce all’ex sindaco «non tollerato» dal clan Bagnato. «Lo vol…


ROCCABERNARDA «Dica al sindaco che a suo figlio tra poco gli capiterà un brutto incidente». A parlare una voce maschile marcata dal dialetto di Roccabernarda. Dall’altra parte, a rispondere, la moglie dell’ormai ex sindaco del comune crotonese, Nicola Bilotta. «Mi raccomando avvisalo». A pronunciare la frase minacciosa, secondo gli inquirenti, sarebbe stato Antonio Lonetto, coinvolto nell’operazione del 17 novembre insieme a Gianfranco e Antonio Santo Bagnato. Quest’ultimo è esponente del clan Bagnato e considerato dagli investigatori «capo indiscusso» del locale di Roccabernarda. Alla base della minaccia nei confronti del primo cittadino ci sarebbe l’estromissione di Lonetto dagli appalti del comune, in precedenza «monopolizzati» dallo stesso imprenditore.

Un sindaco “scomodo”

Bilotta sale in carica nel 2017, un anno prima dell’operazione Trigarium che avrebbe scosso la comunità di Roccabernarda. Tra le persone coinvolte anche parenti e frequentazioni di Lonetto, tra cui lo stesso Antonio Santo Bagnato. Proprio per via di questi rapporti di parentela, secondo la ricostruzione, il sindaco avrebbe deciso di estromettere l’impresa di Lonetto dagli appalti del comune. In precedenza, Lonetto aveva «una gestione monopolistica degli appalti nel settore elettrico». Per gli inquirenti, più che di pagamenti legittimi si trattava di «veri e propri emolumenti mensili che il comune elargiva a favore di Lonetto». Situazione che sarebbe cambiata con il sindaco eletto nel 2017, come riferisce il collaboratore di giustizia Domenico Iaquinta. «Lui ha fatto un cambio di rotta nella gestione del comune estromettendo alcune ditte». Tra cui quella di Lonetto, decisione che sarebbe stata accolta negativamente dal clan Bagnato. «Posso dire che il Bagnato non tollerava il Bilotta, anzi lo voleva vedere morto. So, per avermelo detto Bagnato Giuseppe, che i danneggiamenti al Sindaco sono stati commissionati dal Bagnato».

I danneggiamenti e le chiamate

La decisione del sindaco viene seguita da diversi danneggiamenti agli impianti energetici comunali e, soprattutto, alla nuova azienda. Tanto che in occasione di un intervento di sostituzione di lampadine, la ditta viene scortata dalla polizia municipale. Per gli inquirenti, Lonetto era arrivato a «presidiare luoghi dove gli operai eseguivano gli interventi». Fino alle presunte intimidazioni ad personam. Sia nei confronti degli amministratori comunali «riferendo loro che da adesso si prospetteranno per i medesimi “tempi duri” alludendo alla possibilità di ritorsioni contro gli stessi», sia nei confronti del sindaco. Nel marzo 2019 viene rinvenuta di fronte la sua abitazione «una bottiglia in plastica contenente benzina ed un accendino». Successivamente, ad aprile dello stesso anno, sulla sua macchina viene rinvenuta una busta di plastica con all’interno due cartucce a pallini di colore bianco. La terza intimidazione è la telefonata in cui viene minacciato il figlio del sindaco. Per gli investigatori, a effettuare la chiamata anonima sarebbe stato sempre Lonetto, sfruttando un «doppino telefonico» capace di collegarsi alla linea telefonica di una terza persona, estranea alla vicenda, al fine di mantenere l’anonimato. ([email protected])

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www.corrieredellacalabria.it è stato pubblicato il 2023-11-22 18:07:57 da Redazione Corriere


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