La vita frenetica del nuovo secolo e 25 lunghi anni, non sono bastati a lenire il dolore dell’11 novembre 1999, quando al civico 120 di viale Giotto un palazzo di 26 piani, gemello di un altro lì vicino, si sgretolò in 19 secondi.
Sessantasette persone morirono nel sonno, altri vennero estratti vivi dalla macerie.
Qualcun’altro si era accorto dei rumori e per sua fortuna era sceso in strada appena in tempo.
Fu comunque inutile il tentativo di attaccarsi al citofono per avvertire i condomini dell’imminente pericolo.
Alle 3.12 l’edificio crollò.
Nella città che si apprestava a salutare il ventesimo secolo, segnato dal sangue dei bombardamenti del ’43 e rabbuiata dalla violenza e dalla spregiudicatezza della Società, fu quella la disgrazia più imponente dopo la guerra.
Chi abitava in zona seppe immediatamente del cedimento del palazzo costruito nemmeno trent’anni prima con materiali scarsi e controlli statici errati, criticità emerse in tutta la loro crudeltà nel crollo, comunque evidenziate dai condomini alcuni giorni prima attraverso i racconti di rumori strani, crepe e scricchiolii.
Il resto di Foggia si svegliò avvolta da una nube di polvere, dal rumore delle macerie e dalle urla disperate di chi aveva perso tutto.
Oggi, un quarto di secolo dopo, i foggiani, con qualche capello bianco in più, hanno ricordato quei drammatici istanti, come se il tempo si fosse fermato all’11 novembre 1999.
In molti, oltre ai vigili del fuoco, ai militari dell’Esercito, ai volontari e alle forze dell’ordine, accorsero sul luogo dell’accaduto insieme alle istituzioni, cominciarono a scavare a mani nude: “Ricordo ancora le urla le grida di gente sotto disperata, ricordo la bimba biondina fortunatamente uscita salva, ricordo tante persone, tanti visi che purtroppo non ce l’hanno fatta. E anche i sopravvissuti”.
Resta impresso nella mente di Antonella il ricordo del giorno in cui con sua madre andò a trovare una famiglia pochi giorni, perchè un bambino, Aldo Guidone, deceduto poi nel crollo avrebbe dovuto fare la prima comunione insieme alla sorella. “Ricordo perfettamente che in quello stabile c’era qualcosa di inquietante. Mentre prendevano l’ascensore mia mamma ebbe un forte giramento di testa e non vedeva l’ora di uscire. Io altrettanto, sentivamo qualcosa di negativo”.
Daniela aveva solo 10 anni. Oggi ne ha 35 ma non riesce ancora a dimenticare quel rumore, le urla disperate di aiuto e lei piccola, impotente di fronte a quel cumulo di macerie. “Abbassammo le serrande per la nube di polvere che stava circondando tutti noi del quartiere. Mio padre scese per vedere cosa fosse successo e io e mia sorella con la nostra mamma sul letto abbracciate. Non lo dimenticherò mai”.
Aveva la stessa età Francesco: “Ricordo che a scuola c’erano mazzi di rose sui banchi dei nostri amichetti che nella notte ci avevano lasciati”.
Chi ha sentito il rumore del crollo è stata Beatrice: “Sentii uno strano rumore, uscii fuori al balcone e c’era una strana nebbia, poi sirene di pompieri e volanti di carabinieri, poliziotti. Poi l’inferno, la speranza, il dolore e infine i funerali.Non lo dimenticherò mai”.
Lory ricorda le grida di chi era rimasto intrappolato sotto le macerie, la bimba Laura salvata insieme alla signora incinta. E poi ancor ai pianti dei parenti e di chi tornava dal lavoro. “Non potrò mai dimenticare”.
Deloris ne aveva 15: “Mi trovavo esattamente in via Lucera sul lato opposto di viale Giotto. La nebbia fitta e la polvere che ti chiudevano gli occhi. E’ stato il momento che più mi è rimasto impresso. In lontananza sentivo le urla delle persone e le sirene. Capii subito che era successo qualcosa di molto grave. Io mi avviavo a piedi da via Lucera in direzione Ugo Foscolo/Moscati. Davanti a me non vedevo neanche la strada. È stata una scena apocalittica”.
E poi c’è chi, come Giuseppina, si era svegliata all’improvviso per il forte boato, ma pensava che avessero messo una bomba. Oppure chi, come Jolanda, lavorava in viale Pinto ed ogni minuto sentiva un’ambulanza e ripeteva: “Signore fa che sia vivo”.
Michela invece ci abitava, a pochi metri dalla tragedia: “Ricordo il tonfo sinistro come la morte in piena notte, che a casa non riuscivamo a spiegarci. Poco dopo lo squillo del telefono che avvisava mio padre di entrare in servizio con l’ambulanza. Una tragedia che non si cancella, che noi foggiani porteremo per sempre nel cuore”.
Tiziana, al contrario, era lontanissima, a 700 km dalla sua città: “Mi sentivo inerme non potermi mettere a disposizione per i miei concittadini. Quella notte un collega venne sul luogo del lavoro ad annunciarmi la triste tragedia. Rimasi incredula, stentavo a crederci per un attimo, mi giunsero ben presto anche notizie da Foggia e mi resi conto che la mia città era veramente nel pieno inferno di quelle tenebrosi polveri che avevano invaso parte della città”
Anna Maria c’era nelle vesti di medico, quando i vigili del fuoco chiamarono i soccorsi: “Venite un palazzo è caduto in viale Giotto”.
Daniele, invece, tre giorni prima del crollo aveva fatto un lavoretto ad un cliente al terzo piano. “Non potrò mai dimenticare quando mi disse: ho una perdita nel bagno da qualche giorno, ma la cosa strana è che l’acqua la vedo camminare in pendenza verso il corridoio”.
“Chi dimentica quella notte ,e tanti giorni a seguire attaccati a quei vetri a seguire i soccorsi pregando che riuscissero a salvare tutti, purtroppo non e andata cosi” (Maria). “Ricordo, accorsa sul posto alle otto del mattino, il silenzio assurdo di quelle macerie, pensando che lì sotto ci fossero ancora delle persone vive” (Susi).
Leggi tutto l’articolo le testimonianza sul crollo della palazzina
www.foggiatoday.it è stato pubblicato il 2024-11-11 15:52:00 da
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