L’aria che respiriamo al chiuso, è meno tossica di quella esterna, inquinata dal traffico e dal riscaldamento?
Per rispondere a questa domanda i ricercatori del Cnr e dell’Enea, hanno analizzato per un mese, 24 ore ore al giorno, due volte a settimana, l’aria all’interno di un’aula dell’Università Sapienza, a Roma.
Uno studio innovativo
Hanno scoperto che l’inquinamento cosiddetto “indoor”, oltre che da sorgenti interne – fumo di tabacco, prodotti per la pulizia, persino presenza o meno di persone, o eventuale cottura dei cibi – è fortemente influenzato dall’aria che si infiltra dall’esterno. L’impatto sulla salute è analogo.
Per valutarlo, è stato usato un sistema innovativo con cellule di tessuto polmonare umano esposte all’aria dell’aula grazie ad una speciale attrezzatura e poi analizzate in laboratorio.
“Abbiamo analizzato quella che è stata la risposta tossicologica di queste cellule andando a valutare l’espressione di geni coinvolti nello stress ossidativo, nell’ossidazione, nell’infiammazione e nel danno al dna” spiega Massimo Santoro, ricercatore Enea.
L’impatto sulla salute
Le caratteristiche chimico-fisiche dell’aerosol atmosferico esterno, vengono alterate quando il particolato si infiltra al chiuso, soprattutto se fuori c’è pioggia o vento o bassa pressione.
Occhi puntati sul black carbon, sul particolato fine (pm 2,5) e, soprattutto, ultra fine (pm 0,1) spesso trascurati negli studi, che invece diventano vettori di molecole tossiche per la salute
“Sono particelle talmente tanto piccole, capaci di penetrare, depositarsi, superare la barriera del polmone e raggiungere cuore, fegato e cervello. In più è una frazione così nera che fa effetto spugna, quindi accumula tutte le sostanze tossiche aumentando così la frazione più tossica del materiale particolato” spiega Francesca Costabile, del CNR.
Servizio di Elena Cestino
montaggio di Mattia Gaido
intervista a Massimo Santoro, ricercatore Enea e a Francesca Costabile, dell’Istituto di Scienze dell’atmosfera e del clima del CNR
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