L’intervento del Sottosegretario Mantovano alla cerimonia “Pace, Prosperità, Patria. L’eredità di De Gasperi 70 anni dopo”



L’intervento del Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio dei Ministri, Alfredo Mantovano, alla cerimonia commemorativa “Pace, Prosperità, Patria. L’eredità di De Gasperi 70 anni dopo”, promossa dalla Camera dei Deputati in collaborazione con la Fondazione De Gasperi in occasione del settantesimo anniversario della scomparsa di Alcide De Gasperi.

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Signor Presidente della Repubblica, Autorità tutte, Signore e Signori. 

La vita riserva sempre delle sorprese. Da adolescente leggevo con gusto i libri di Giovannino Guareschi. E mi chiedevo come mai due galantuomini – lo stesso Guareschi e Alcide De Gasperi – che, in ruoli differenti ma egualmente importanti, erano stati i protagonisti della vittoria alle elezioni politiche del 1948, poi a distanza di pochi anni si fossero ritrovati l’uno parte offesa di un giudizio che aveva condotto l’altro in carcere.

Ulteriori interrogativi si sono aggiunti in chi ha un percorso politico che può definirsi da conservatore, per esempio sulle ragioni del diniego che lo stesso De Gasperi oppose alla cosiddetta operazione Sturzo, che avrebbe potuto costituire uno schieramento politico di centrodestra ante litteram in occasione delle elezioni per la Città di Roma nel 1952. 

E però lo scorrere del tempo contribuisce a far capire molto, anzitutto quanto alla statura politica. Da un paio d’anni entro con una certa frequenza nella sala del Consiglio dei Ministri, a Palazzo Chigi. Oltre al grande tavolo circolare e alle sedie, ci sono ad altezza d’uomo due manufatti, soltanto due: una copia originale della Costituzione e un busto di Alcide De Gasperi.

Quel busto non è lì per caso. A chi siede in quella sala, e ogni settimana affronta le questioni cruciali per la vita della nostra Nazione, quel busto ricorda l’esempio dell’uomo, il contributo che egli ha fornito per costruire i fondamenti della nostra democrazia, il buon Governo che ha praticato. Questo 70° anniversario dalla morte conferma come proprio lo scorrere del tempo consente di inquadrare gli accadimenti e i personaggi della Storia in un modo più obiettivo rispetto a una contemporaneità che quasi sempre è conflittuale, perché condizionata dalle appartenenze e dalla ideologia. 

Il tempo galantuomo consente qualcosa di più: di cogliere quanto De Gasperi abbia ancora da insegnare a chi oggi riveste ruoli istituzionali e politici. Lo illustreranno le Autorità che interverranno tra breve. Lo ha già illustrato il Presidente della Camera, ma vorrei accennare solo a un dato di straordinaria attualità. Il primo Governo De Gasperi inizia il 10 dicembre 1945: l’Italia era un cumulo di macerie, materiali e morali, ripiegata su sé stessa dopo la guerra rovinosa. Dopo appena 15 anni l’Italia avrebbe conosciuto lo slancio di una ricostruzione i cui principali indici positivi sarebbero stati il boom economico e il boom demografico: l’anno 1964 coincise con l’apice del boom economico e col record di oltre un milione di nuovi nati, che attestava la fiducia del popolo nel proprio futuro.

Questi risultati furono raggiunti in un tempo così breve grazie al lavoro dei nostri padri, dei nostri nonni, dei nostri bisnonni, a seconda dell’età di ciascuno di noi, i quali si rimboccarono le maniche, nella consapevolezza che toccava proprio a loro.

Proprio nei primi anni, i più difficili, queste generazioni ebbero in De Gasperi una guida, seria e rigorosa. Un Primo Ministro che, come scrive Piero Craveri, rispondeva alla visione classica del “Governo di Gabinetto”, alla leadership del Governo, luogo di sintesi della gerarchia istituzionale. Sono noti i timori che poi, al contrario, in Assemblea costituente condussero lo stesso gruppo della Democrazia Cristiana a evitare qualsiasi forma di centralità del Governo, per il cosiddetto “timore del tiranno”. Il che aprì quella che lo stesso Craveri ha definito “una discrasia tra il testo costituzionale e la visione politica di De Gasperi”. 

De Gasperi, tuttavia, riuscì nei fatti a mantenere la logica del Governo di Gabinetto, secondo la quale il Governo è il “comitato direttivo” della maggioranza, grazie ad una leadership personale fondata sulla sua autorità politica. Ma dopo le elezioni del 18 aprile la prassi politico-parlamentare andò in un’altra direzione: chi venne dopo De Gasperi, non avendo un’analoga base personale di autorità politica, ripiegò su una interpretazione della funzione del Presidente del Consiglio quale mediatore politico tra i partiti della coalizione. 

Fra le ragioni di sorprendente attualità dell’esperienza di De Gasperi, insieme con quelle che esporranno i relatori che interverranno fra breve, vi è l’importanza di un’autorevole leadership democratica per affrontare le sfide poste dalle epoche di mutamento, e quindi di riforme coerenti e funzionali al bene comune, accorciando le distanze rispetto alla volontà di riscatto di un popolo. 
Se questo tratto di De Gaspari fosse oggi ripreso grazie anche alle riforme in discussione sarebbe, per richiamare in conclusione quel Guareschi con cui ho iniziato, “bello e istruttivo”.

Vi ringrazio.


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www.governo.it è stato pubblicato il 2024-10-25 14:36:35 da Redazione


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