La parabola di Luigi Di Maio, da Masaniello del duemila a inviato speciale per l’Unione Europea nel Golfo Persico. Cosa c’è nel suo futuro? L’editoriale di Giuseppe Sanzotta.
C’erano una volta il Masaniello del duemila e il Che Guevara di Ponte Milvio (Roma). Stiamo parlando di Luigi Di Maio e Alessandro Di Battista. Il secondo lo vediamo ancora in qualche trasmissione televisiva tanto per farci ricordare che esiste. Quando avremo qualche notizia di lui ne parleremo. Parliamo invece di Gigino d’Arabia. A farci ricordare della sua esistenza è stato Vittorio Feltri. Va ringraziato per questo. Parlando di Meloni, della Schlein tutti i giorni ci eravamo dimenticati di lui. Così ci tornano alla memoria le battaglie sulla casta, l’occupazione di Montecitorio, il partito di Bibbiano, la simpatia per i Gilet gialli e le loro devastazioni, l’Europa matrigna e la mannaia dell’Euro. Ora Di Maio, sempre con vestito e cravatta, fa l’inviato speciale per la Ue nel Golfo Persico.12 mila euro netti al e mese spese pagate. In realtà per un attimo abbiamo pensato a lui quando abbiamo appreso dalle cronache che l’Arabia Saudita si appresta ad entrare nel gruppo del Brics, cioè nell’alleanza in cui sono Cina e Russia . Una alleanza nata per contrapporsi all’Occidente. Chi c’era per l’Europa a vigilare in quell’area?
Non c’è dubbio che Gigino Di Maio è stato precocemente fortunato. A 27 anni, sconosciuto aspirante politico affascinato dal vaffa di Beppe Grillo si trova ad arrivare a Montecitorio e il suo visino da bambino impertinente non gli impedisce di diventare vicepresidente della Camera. I suoi amici 5Stelle occupano i banchi del governo o salgono sul tetto di Montecitorio. Ma lui resta al suo posto. Il ruolo di leader del movimento gli appartiene come la vicepresidenza. Il suo amico rivale, Di Battista, lo asseconda e lo contrasta e poi gli lascerò via libera preferendo volare in America Latina. Tappa obbligata per il Che de’ noantri. Ma Gigino, cioè Luigi Di Maio, non smette di indossare vestito e camicia, ma questo non gli impedisce di usare parole di fuoco contro i vertici Ue e contro l’Euro. Vorrebbe un referendum sulla moneta unica. Pronostica la fine della Ue. La stessa Ue che raccattandolo alla lista dei politici trombati gli ha offerto un incarico ben retribuito.
Di Maio chi è? E’ il profondo conoscitore di politica estera convinto che Pinochet sia stato un dittatore Venezuelano e non cileno. Si rivolge a Xi Jinping chiamandolo Ping. Il capolavoro diplomatico lo compie quando, da vicepresidente del Consiglio, si reca privatamente in Francia per incontrare i rappresentanti dei Gilet gialli, che stavano mettendo a soqquadro Parigi. I francesi, per usare un eufemismo, si arrabbiano alquanto. Ci pensa Mattarella a chiamare Macron per ricomporre la questione.
Di Maio è l’uomo, difficile definirlo leader, che stringe una intesa cin Salvini per portare alla guida del governo Conte e che approva il decreto sicurezza voluto da Salvini, qualche mese dopo rinnegato dai 5Stelle. È vero che in cambio ottiene il via libera al reddito di cittadinanza. Non solo, ma con la bottiglia di spumante in mano, Gigino si affaccia dal balcone di Palazzo Chigi (nessuno gli aveva detto che i balconi non portano bene per i proclami) per annunciare la fine della povertà. Miracolo. Qualcuno ricordò come da un altro balcone ci fu chi voleva rompere le reni alla Grecia, poi finì come sappiamo. Per il Masaniello del XXI secolo non è andata tanto diversamente. La povertà è rimasta, purtroppo. Semmai a scomparire sarà il reddito. Ma in quel periodo Di Maio sognava di spartirsi l’Italia con l’amico rivale ritenendo, a torto, Conte solo una figura di mediazione. Così non esitò a definire le navi delle Ong dei taxi del mare. Salvini si espose, ma al processo, cambiata la situazione politica, il leader leghista rimase solo. La vendetta è arrivata con la fine del reddito di cittadinanza.
Perché stupirsi di tante giravolte? Nel 2020 chi era il principale alleato di Conte? Risposta facile, Di Maio. Due anni dopo però Di Maio provò a spaccare i 5Stelle per mettere in crisi Conte.
Del resto chi aveva detto mai con il Pd? Chi aveva definito il Pd il partito di Bibbiano. Risposta facile: Di Maio. Peccato che Di Maio dopo il 2019 è stato in due governi con il Pd. Partito di Bibbiano? Dimenticato. Non solo ma dopo la rottura con Conte, Di Maio è pronot ad allearsi con quel Pd, non più considerato il partito degli orchi.
Dopo tante giravolte, Di Maio ha dovuto lasciare Montecitorio. Via dai 5Stelle si è trovato circondato solo da deputati scaduti. Scaduto pure lui. Ma a Bruxelles qualcuno lo ama. E Gigino si imbarca sulla nave dei petrodollari con l’impegno di tutelare gli interessi europei. E’ stata una scelta giusta? Ai posteri, cioè a noi, l’ardua sentenza. Per ora noi non abbiamo notizia di suoi successi o insuccessi . L’incarico sta per finire con i suoi 12 mila euro mese, sarà fatto un bilancio? Chissà? Ma se sarà negativo nessuno se la prenda con Gigino, il suo curriculum pubblico era noto a tutti.
Quel che non si sa è che di Di Maio sentiremo parlare. Errori contraddizioni. gaffe, nella sua storia c’è tutto. Ma se ha imparato dai suoi errori smessa la casacca europea lo ritroveremo in Italia. Protagonista? Chi può escluderlo? La speranza per lui e gli italiani che nel girovagare nel mondo della politica abbia finalmente trovato la coerenza.
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