Mancano i medici, prime risposte con infermieri e telemedicina

Mancano i medici, prime risposte con infermieri e telemedicina



GROSSETO. La carenza di medici è un problema nazionale e la proposta di legge per l’abolizione del numero chiuso a medicina, sempre che diventi vera legge, e con la politica non è mai detto, avrebbe comunque i suoi effetti a partire dall’anno accademico 24-25 e, quindi, portare benefici solo fra qualche anno.

Ma sul nostro territorio, dove le distanze sono enomi, l’Asl Sud Est, da sola è meta del territorio della Toscana, e dove sono molti i paesi difficili da raggiungere e con cittadinanza mediamente molto anziana, si fa sentire ancora di più.

Perché senza medici per coprire le emergenze, ne arrivano di nuove ogni giorno, è anche difficile riorganizzare i servizi per uscirne una volta per tutte.

Il problema si fa sentire nei reparti ospedalieri, ma è d’attualità soprattutto per quanto riguarda i medici di base, “costretti” a restare in attività ben oltre l’età della pensione o ad allargare il numero dei propri assistiti, da 1500 a 1800, con difficoltà nel seguirli tutti da vicino.

Tanto che, ormai, la medicina si fa spesso con Whatsapp. E non è il massimo.

Proprio perché siamo in un territorio difficile, che ha bisogno di un salto di qualità nell’organizzazione, il direttore generale Antonio D’Urso, dopo la fuga di Simona Dei, sensibile alle sirene dell’Asl Centro, ha chiamato nel ruolo di direttrice sanitaria Assunta De Luca, campana di Napoli, ma che ha costruito la sua carriera nel Lazio (è iscritta all’albo dei medici di Roma dal 1998). 

Laureata in medicina e chirurgia a Napoli si è poi specializzata in igiene e medicina preventiva alla Sapienza di Roma e negli ultimi anni è stata chiamata alla direzione sanitaria dell’Asl di Rieti, dove è rimasta fino a giugno scorso. Così dopo una breve esperienza al Regina Elena e Dermatologico San Gallicano, sempre a Roma, D’Urso l’ha voluta all’Aslona di Grosseto, Arezzo e Siena.

«L’ho chiamata, oltre che per le sue grandi competenze professionali – ha detto Antonio D’Urso, presentandola alla stampa al piano terra della nuova ala del Misericordia – anche perché ha fatto esperienza in un territorio analogo al nostro, altrettanto complicato e difficile da gestire. E ha introdotto novità importanti nell’organizzazione che potrebbero aiutarci a risolvere alcune criticità».

«Sono stata a Rieti negli anni difficili del Covid – spiega la dottoressa De Luca -, in un territorio molto vasto e con 78 Comuni. Lì abbiamo lavorato a fondo per costruire una rete, anche perché l’Asl di Rieti è stata sempre considerata ideale per sperimentare le nuove procedure. Il concetto, detto in inglese, è quello di “community building“, in sostanza un’organizzazione sanitaria che coinvolga non solo i medici, ma anche le professioni sanitarie, le associazioni del terzo settore, fino ai singoli cittadini. Ho anticipato quanto dovrò fare qua, dove serve un salto di qualità nell’approccio ai servizi sanitari pubblici».

La mancanza di medici, però, limita qualunque progetto di riorganizzazione.

«Il problema è nazionale, ma dobbiamo lavorare su due canali. Se da una parte vanno risolte le emergenze, dall’altra va iniziato un lavoro per cambiare l’organizzazione. Serve una riflessione su quelle che sono le competenze mediche e le competenze professionali. Penso ad un modello che dia una spinta motivazionale, sia a chi è nel sistema, sia a chi ha scelto di uscirne».

Pensate anche ad incentivi economici?

«Sia nella rete ospedaliera, sia per quanto riguarda i medici di base – risponde il dg Antonio D’Urso – siamo già al massimo consentito dagli accordi sindacali. E, del resto, i medici più che della “paga”, si lamentano delle ore di lavoro. Però sono possibili altri incentivi, come case di comunità che ospitino i medici di base, per alleviare i costi di segreteria e degli affitti. Pensiamo di affiancare alle case di comunità “hub”, che sono finanziate dal Pnrr a case di comunità “spoke”, non finanziate dal Pnrr ma prese in gestione dai medici stessi».

(per capire meglio: le parole inglesi sono prese dalla bicicletta: hub è il “perno”, spoke è il “raggio”. La terminologia si usa anche per gli aeroporti, ndr)

Arrivano l’”infermiere di base” e la telemedicina

Resta il problema della mancanza dei medici. 

«L’ideale, per i piccoli paesi – dice la dottoressa De Luca – sarebbe trovare laureati della zona, che si affezionino al proprio territorio senza essere attirati dal lavoro nelle grandi città e nelle sedi universitarie. Il problema è che ce ne sono pochissimi. Per questo una soluzione può essere potenziare la rete infermieristica sui territori, per avere comunque un professionista che si prenda cura delle persone che non possono spostarsi. E che possa poi indirizzarle verso la prestazione corretta, nel caso ce ne sia bisogno».

Sarà sufficiente?

«Lo sarà se tutta la comunità farà parte di questa nuova organizzazione, quindi anche le associazioni e le farmacie. E poi, visto che ora è possibile quasi ovunque, potrà intervenire anche la telemedicina».

Però ci sono molti anziani…

«È una rivoluzione che andrà portata avanti a piccoli passi, aiutando le persone a rapportarsi con questi sistemi innovativi, aumentando le loro competenze digitali, anche con “pillole educative” per far comprendere loro gil strumenti di telemedicina che stiamo mettendo in campo. Per riassumere, va fatto un cambiamento di paradigma di presa in carico del paziente, dalla prevenzione fino alla riabilitazione. Cercando di dare merito e professionalizzare sempre di più sia i medici che i professionisti sanitari, dando così risposte efficaci alla cittadinanza».

Primari mancanti, il bando e la sentenza

Sui primari mancanti, in particolare oncologia, con la partenza del dottor Bengala, ma anche su ostetrica e ginecologia, dove c’è una causa in corso, arrivata all’appello, a rispondere è il direttore generale.

«Per oncologia abbiamo pubblicato il bando e sono certo che andrà a buon fine, visto che è un posto appetibile. Per ostetricia e ginecologia aspettiamo con serenità la sentenza di appello. Poi vedremo il da farsi».

Il “caso” Giulianotti

L’ultima battuta del direttore generale è sul caso Giulianotti, ma la linea dell’Asl è chiara.

«In data 27 luglio 2021 abbiamo inviato all’università Illinoys la proposta di rinnovo della convenzione. Da allora non abbiamo avuto risposta. Forse Giulianotti non sa di questa cosa».

L’INTERVISTA VIDEO

 




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www.maremmaoggi.net è stato pubblicato il 2023-11-13 16:10:29 da Guido Fiorini


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