L’AQUILA – A circa 24 ore dalla constatazione della irreversibiltà delle condizioni di salute del boss Matteo Messina Denaro che non ha più promesse di salvarsi dal tumore al colon, nella cella del reparto per detenuti dell’ospedale San Salvatore dell’Aquila ci si prepara ad un’altra notte di emergenza: medici e paramedici, stremati da una assistenza non convenzionale che va avanti dall’8 agosto, si preparano ad altre ore di duro lavoro dal momento che devono guardare a vista il boss mafioso che è nella sua fase terminale e potrebbe quindi morire da un momento all’altro.
Anche le forze dell’ordine, diverse decine di uomini tra quelli in divisa e quelli in borghese, anche loro in campo dall’8 agosto, affrontano la emergenza finale visto che le misure di sicurezza da ieri sera sono state rafforzate.
Naturalmente, anche lo Stato segue minuto per minuto la situazione, sono state attivate le procedure post mortem.
Il 62enne, da giorni in carico al team della terapia del dolore e non più agli oncologi, è sedato, non viene più alimentato: secondo quanto si apprende da fonti mediche, in queste ore, dopo il collasso di ieri, sono migliorati i parametri della pressione e della diuresi. Ma è chiaro che tutti sono pronti a gestire la fine dell’ex superlatitante, alla macchia per 30 anni, che è giunto al carcere di massima sicurezza dell’Aquila il 17 gennaio scorso, il giorno dopo l’arresto avvenuto a Palermo.
Anche i familiari che sono rappresentati dal legale e nipote Lorenza Guttadaurio e la giovane figlia Lorenza, che da alcune settimane si sono trasferite all’Aquila, e che si sono battute perché l’ex padrino finisse i suoi giorni in ospedale e non dietro la sbarre in regime di 41 bis.
Intanto, la federazione sindacati autonomi (Cnpp) in una nota sottolinea di non dimenticare il silenzioso lavoro della polizia penitenziaria che sta favorendo ogni trattamento umano nonostante le difficoltà di organico e di carichi di lavoro.
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