Musica, arte e storia: il bello della cultura popolare

Musica, arte e storia: il bello della cultura popolare


di Vanna Francesca Bertoncelli

GROSSETO. È nel salone degli specchi della Prefettura di Grosseto che venerdì 15 novembre si è svolto l’evento che ha visto al centro la cultura popolare della Maremma toscana. L’avvenimento, alla presenza della prefetta Paola Berardino e delle autorità militari e civili, vede la partecipazione dell’associazione Maremma cultura popolare.

Associazione che dal 2018 porta avanti, nel solco tracciato da Roberto Ferretti,  la storia di quelle classi definite “subalterne” da Antonio Gramsci negli appunti presi nella detenzione durante il fascismo e che daranno origine ai Quaderni del carcere, Torino, Einaudi 2014.

Siamo alla fine degli anni ‘70, quando Roberto Ferretti, ex dipendente del Comune di Grosseto, ha ideato l’archivio delle tradizioni popolari della Maremma grossetana, che da quasi mezzo secolo conserva e valorizza la forza delle tradizioni popolari che formano l’identità della gente di Maremma.

Con un ventennio di ritardo anche la Maremma entra così nell’ottica degli studi di storia delle tradizioni popolari italiane con la fattiva collaborazione di antropologi quali Cirese, Solinas e Clemente della scuola cagliaritana. Circa gli intellettuali, ancora nei Quaderni Gramsci sostiene che «non c’è attività umana da cui si possa escludere ogni intervento intellettuale, non si può separare l’homo faber dall’homo sapiens».

Questo pensiero sarà decisivo per lo sviluppo di quegli studi di storia delle tradizioni popolari italiane che Alberto Mario Cirese, antropologo, propose di chiamare demologici perché riguardanti il popolo e che vedono all’opera Ernesto de Martino, Diego Carpitella, per citarne alcuni.  Sono anni in cui l’Italia è attraversata dall’interesse culturale per le tradizioni popolari, con la partecipazione attiva di quelle classi “subalterne” delle quali Rocco Scotellaro contadino di Tricarico (Basilicata), politico e sindacalista, il poeta contadino, è un significativo rappresentante.

Il cantastorie e lo scultore

Mauro Chechi si era laureato in giurisprudenza e ha praticato per qualche anno prima di lasciare l’attività forense per il mondo dello spettacolo negli anni ’70. Oggi lo identifichiamo come il cantastorie di Maremma per antonomasia. Nelle sue ballate vive la terra da lui non soltanto amata, ma vissuta nel corpo e nell’anima.

Era anche un poeta estemporaneo, rappresenta la civiltà contadina con racconti di terreni e poderi, di uomini e bestie, di aie e di macchia, di fiere e lavoro, di santi e briganti. E fatti di cronaca. Tutta un’umanità in quella terra di Maremma dalle estati assolate e sferzata dalla tramontana nelle brevi giornate invernali.

Con lui, ad improvvisare, in ottava rima c’era il poeta pastore Fernando Tizzi di Murci e Lisetta Luchini con i suoi canti di terra toscana, che accompagna con la chitarra, duetta con il Chechi.

La mostra dei lavori dello scultore maremmano Renato Pisani ha visto la presenza di rappresentanti delle associazioni combattentistiche e d’arma che, oltre ad avere reso possibile lo svolgimento dell’esposizione, ha costituito un valore aggiunto attraverso l’incontro tra generazioni. Fattore non certo scontato nella  società contemporanea.

L’incontro tra generazioni con lo scambio di testimonianze dei vissuti, la comunicazione di esperienze e di sentimenti, la trasmissione di valori è elemento fondante di ogni società che possa definirsi tale.


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www.maremmaoggi.net è stato pubblicato il 2024-11-19 17:37:40 da MaremmaOggi


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