Nato morto dopo il parto in casa, a processo le due ostetriche

Nato morto dopo il parto in casa, a processo le due ostetriche



Nato morto dopo il parto in casa, a processo le due ostetriche

Dovranno affrontare un processo con l’accusa di omicidio colposo le due ostetriche di 46 e 28 anni che si occuparono del parto in casa del piccolo Alessandro venuto poi alla luce senza vita all’ospedale di Rimini dopo un travaglio di oltre 30 ore. A disporre l’imputazione coatta, rigettando la richiesta di archiviazione del sostituto procuratore Annadomenica Gallucci, il gip de Tribunale di Rimini Vinicio Cantarini che ha accolto le richieste dell’avvocato Piero Venturi che segue i genitori Federica Semprini Pironi e Marco Pirini che si sono sempre sconfitti per conoscere la verità sulla morte del loro primogenito. Sul fronte giudiziario, adesso, il pubblico ministero ha 10 giorni di tempo per formulare un’imputazione nei confronti delle ostetriche e, poi, sarà nominato un nuovo giudice dell’udienza preliminare.

Il dramma si era consumato tra il 3 e il 5 novembre del 2022 con mamma e papà che avevano deciso di far nascere Alessandro nella loro abitazione e, per questo, si erano affidati a due professioniste molto note nell’ambiente dei parti casalinghi. Qualcosa, però, in quella occasione era andato storto e dopo un lunghissimo travaglio i genitori si erano risolti per una corsa al pronto soccorso con la propria auto ma una volta arrivati all’Infermi di Rimini la gestante aveva partorito un feto morto. Una tragedia alla quale la coppia si era sempre rifiutata di ritenerla una fatalità tanto da denunciare le due ostetriche, difese dagli avvocati Martina Montanari e Chiara Baiocchi, ravvisando nel loro operato una serie di irregolarità e leggerezze commesse durante il travaglio.

Una tesi emersa anche dalla perizia firmata dai consulenti della coppia, il ginecologo prof. Domenico Arduini e il medico legale dott. Giuseppe Fortuni, che nella loro relazione hanno analizzato accuratamente cosa successe prima della rottura delle acque della gestante e quelle interminabili 36 ore di travaglio che avevano portato alla morte di Alessandro. Il decesso del piccolo, secondo quanto emerso, sarebbe da far risalire a un lento soffocamento dovuto a una lunga permanenza all’interno dell’utero materno che lo avrebbe portato ad aspirare del liquido. A complicare la situazione, inoltre, ci sarebbe stata una positività materna allo streptococco in quanto su indicazione delle stesse ostetriche la signora non avrebbe fatto il test per accertare la presenza del batterio e allo stesso tempo non avrebbe assunto antibiotici. Per i due periti, comunque, le cause del decesso sarebbero dovute “nell’ostinazione delle ostetriche a proseguire con estenuanti tentativi di spinta espulsive da parte della partoriente nonostante ci si trovasse oltre i limiti temporali raccomandati dalle linee guida”. Allo stesso tempo “il riconoscimento da parte delle ostetriche del venir meno delle condizioni minime per proseguire il parto domiciliare in sicurezza, l’ammettere l’evidenza della necessità di trasferire tempestivamente la partoriente in ospedale allorquando si è concretizzata la dilazione delle tempistiche previste per il parto in sicurezza, oltretutto complicato da un chiaro segno di possibile ipossia fetale come il liquido amniotico tinto di meconio”. Questo, per i consulenti, avrebbe “con ogni probabilità permesso la nascita di un feto vivo”.

Errori, da parte delle ostetriche, rilevati anche dai consulenti del pubblico ministero, il ginecologo prof. Pantaleo Greco e il medico legale dott. Arianna Giorgetti. Per i due specialisti, infatti, vi sarebbero state importanti lacune come la “mancata diagnosi di prolungamento patologico e il mancato trasferimento in ospedale per la somministrazione di ossitocina; l’incorretto trasporto tramite auto privata anziché con chiamata del 118 e mancata rilevazione dei parametri matemo-fetali in tale trasporto”. Mancanze che, pero, “non assumono, con criterio di elevata probabilità/quasi certezza, rilevanza causale nel decesso”. Resta poi il “giallo” del diario clinico che le ostetriche avrebbero dovuto tenere scrupolosamente per tracciare tutte le fasi e che sarebbe dovuto venire consegnato ai medici dell’ospedale quando la partoriente era stata portata all’Infermi. Pare che, nella fretta, l’originale sia stato dimenticato a casa della donna e che le ostetriche ne abbiano redatto un secondo in tutta fretta dove però vi sarebbero delle gravi discrasie rispetto all’originale, con fatti salienti che sarebbero stati retrodatati di diverse ore. Orari che, quindi, avrebbero “accorciato” un travaglio che di fatto era durato in una maniera eccezionale superando i tempi imposti dal protocollo dell’Ausl per questi casi.

Secondo il prof. Pantaleo Greco e la dott. Arianna Giorgetti, quindi, il decesso del piccolo Alessandro sarebbe dovuto a “una sofferenza ipossica- asfìttica intrapartum, più probabilmente connessa a fattori meccanici e complicata dalle concomitanti corioamnionite efunisite per infezione da Streptococco, in una gravidanza caratterizzata da anomalie prive di rilevanza causale/concausale quali la rottura prematura delle membrane amniocoriali e inserzione forcata del cordone”. In base a quanto emerso nella relazione dei suoi consulenti, il pubblico ministero Annadomenica Gallucci aveva quindi ritenuto di chiedere l’archiviazione per le due ostetriche in quanto “nessuno degli errori professionali individuati assume con criterio di elevata probabilità/quasi certezza, rilevanza causale nel decesso”.

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www.riminitoday.it è stato pubblicato il 2024-12-01 08:32:36 da


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