«Nessun nesso casuale tra i morti e le omissioni della commissione …

ANCONA – Omissioni da parte della commissione di vigilanza ci sono state ma queste non c’entrano nulla con i morti che si sono poi verifucato alla Lanterna Azzurra. Emerge dalle motivazioni della sentenza di primo grado per il processo bis sulla strage della discoteca di Corinaldo, dove la notte tra il 7 e l’8 dicembre del 2018 morirono cinque minorenni e una mamma. Le motivazioni, scritte su 176 pagine e dove si ripercorre la fase dibattimentale del processo, sono state depositate ieri dalla giudice Francesca Pizii che il 17 giugno scorso aveva assolto dalle accuse più gravi di omicidio colposo plurimo e disastro colposo, i sei membri della commissione di pubblico spettacolo e altri tre imputati, due tecnici e un socio della Magic che gestiva il locale.

Le condanne, per gli amministratori e responsabili della sicurezza, erano arrivate solo per falso, con pene che comprese tra un anno a un anno e due mesi di reclusione, ma tutte sospese per i benefici di legge. Per la giudice non c’è stato un nesso causale tra le omissioni contestate e i tragici fatti: dopo spruzzi di spray al peperoncino nel locale, da parte di una banda di giovani della Bassa modenese che rubava catenine, si scatenò il fuggi fuggi e i morti furono schiacciate dalla calca vicino all’uscita esterna numero tre, dopo il cedimento di una balaustra arrugginita. «Non hanno incidenza causale – scrive la Pizii in uno dei passi della motivazione – le omissioni rilevate a carico dei componenti della commissione di vigilanza sia nel 2017 che, tanto più, nel 2014». «Non può ritenersi dimostrato con lo standard probatorio necessario per addivenire a un giudizio di responsabilità penale il necessario nesso di condizionamento tramite le omissioni rilevate, dunque tra il comportamento in violazione della regola cautelare e gli eventi contestati ai capi di omicidio colposo plurimo e disastro colposo della rubrica di incolpazione». 

Il procedimento riguarda le questioni amministrative della vicenda, e in particolare la responsabilità sulla sicurezza del locale e ai permessi che portarono la commissione di pubblico spettacolo presieduta dall’ex sindaco Matteo Principi a rilasciare la licenza per la discoteca. Gli imputati, oltre a Principi, erano Massimo Mamma (responsabile Suap), Francesco Gallo (ex area vasta 2 per l’Asur), Rodolfo Milani (vigile del fuoco), Massimiliano Bruni (esperto di elettronica) e Stefano Martelli (polizia locale): secondo la giudice sarebbero responsabili di omissioni nel loro operato ma senza un nesso causale con le morti della discoteca. Un evento, scrive la Pizii, dipeso «esclusivamente dalle cause sopravvenute e da individuarsi nella diffusione dello spray al peperoncino, dall’eccessivo sovraffollamento consentito e ricercato dai gestori all’interno del locale in occasione della serata».

La ricostruzione dell’evento «restituisce la descrizione di una dinamica autonoma – motiva la giudice – del tutto avulsa da una incidenza causale delle criticità della rampa esterna all’uscita di sicurezza S3, della conformazione dei gradini e della strutturazione delle stesse balaustre, così come al pari delle problematiche di illuminazione e delle ricadute in termini di parametri di affollamento e della presenza di strutture abusive interne al locale». In merito al sovraffollamento di quella notte nel locale, più di mille persone in una sala autorizzata per 459, la giudice scrive ancora che «è evidente l’irrilevanza di una sia pur avvenuta determinazione scorretta in aumento del limite di capienza da parte della commissione di vigilanza». L’evento di evacuazione di emergenza nella discoteca si associa, sempre secondo la giudice, a tutta una serie di caratteristiche concrete tale da «escluderlo dal novero degli eventi prevedibili dai membri della commissione di vigilanza ed inevitabili mediante il rispetto degli obblighi previsti a loro carico».