“Non si giocano volé contro il boia Pinochet”, quanto è cambiato il tennis dalla prima Davis


L’Italia tennistica s’è ripresa la Coppa Davis 47 anni dopo la prima vittoria. Allora avevo i capelli, la barba era nera ma allora come ora ero aficionado.

Tornano alla memoria le maliziose magliette rosse che Adriano e Paolo indossarono nei primi tre sets del doppio nella finale a Santiago del Cile dove secondo molti non saremmo dovuti andare perché non si giocano volé contro il boia Pinochet. Poi al ritorno in campo dopo l’intervallo del terzo set le chemise erano blu e il grande quartetto Adriano, Paolo, Corrado e Tonino tornarono portando a casa l’insalatiera.

L’ intervallo dopo il terzo set, oggi ci si cambia in campo, la dice lunga su come sia cambiata la Davis.

Ma non importa. Conta la vittoria anche se la formula s’è modificata sì che la Coppa dei giorni nostri è un’altra cosa. Ma resta una gara a squadre. Allora Panatta fu grande (del resto quello fu il suo anno migliore) così come oggi quel ruolo l’ha recitato Sinner.

Ma non si dimentichi il Bertolucci doppista così come ora nel doppio abbiamo ammirato Sonego, forse il dover tenere solo mezzo campo lo esalta. Certo, allora Barazzutti era un numero due che era quasi un uno e mezzo e la formula odierna della Davis (si giocano due singolari e non quattro) aumenta la valenza del ruolo. Nel secondo singolarista abbiamo conosciuto qualche incertezza: Musetti non era al meglio, Arnaldi forse ha dovuto fronteggiare troppe responsabilità e meno male che c’era Sonego in doppio contro gli Olandesi e i Serbi.

L’eroe è stato Sinner. Monumentale nella battaglia in semi con Djokovic: rimontare tre match points consecutivi al numero 1 e costringerlo alla resa non è roba da poco e dimostra molto. Panatta commentando ha detto che forse Jannik è il migliore. Non so se è l’1 ma certo è il 2: almeno come stima se non come ranking.

Dopo la grande soddisfazione resta una considerazione.

Pensando all’amata terra rossa, noto che hanno giocato su campi così veloci che eliminano la fantasia. Si tirano botte da orbi, dimostrano una condizione psicofisica che li assomiglia ai replicanti di Blade Runner ma la strategia, il gioco di scacchi per costruire la ragnatela che ingabbia l’avversario s’è smarrita e lo spettacolo si regge solo per le randellate che si tirano, vero e proprio scontro cui manca solo il contatto fisico perché scorra il sangue.

Ma l’invenzione che non di rado era genialità è sempre più difficile da trovarsi nell’odierno monotono gioco del tennis praticato da energumeni muniti di clava come gli uomini di Cro Magnon, come denunziava già lustri fa Gianni Clerici, grande esteta del tennis e della penna.

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www.cittadellaspezia.com è stato pubblicato il 2023-11-27 10:18:31 da


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