di Alessandro Tomasi*
PISTOIA – Oggi è festa e come tale, questa giornata, va vissuta. La viviamo così nelle celebrazioni pubbliche come questa, ma anche nelle tante iniziative realizzate in città dalle associazioni. Penso a quella organizzata nell’ex chiesa di San Giovanni Battista “La Resistenza pezzo per pezzo” con l’esposizione di diorami Lego in cui si ripercorre la storia con i famosi mattoncini. Modi diversi di diffondere la memoria che avvicinano e catturano l’attenzione dei nostri ragazzi. A questa iniziativa ha partecipato anche la classe di mio figlio e quindi so bene quanto siano importanti eventi così, capaci di far riflettere e attrarre i più giovani solitamente indifferenti al linguaggio a noi, invece, più vicino.
Oggi si festeggia in famiglia, magari raccontando il senso profondo del 25 aprile. Molti di noi sono cresciuti sentendo i racconti del periodo di guerra dai nostri nonni e dai nostri bisnonni. È stata una fonte di conoscenza pregiata, anche perché chi ha vissuto quel periodo spesso non ha voglia di parlarne, e quindi quei racconti, per chi li ha potuti ascoltare come me, sono ancora più importanti.
Ora che le occasioni di racconto diretto sono sempre più rare, per ovvie questioni anagrafiche, sta a noi tramandare questa conoscenza alle nuove generazioni.
È il dovere della memoria.
Questa giornata ce lo ricorda solennemente: nel cuore di un anno frenetico, ci fermiamo per festeggiare e ricordare. L’auspicio, in qualunque modo si festeggi, è quello di vivere pienamente questa ricorrenza, senza lasciarla trascorrere e basta. Questo rischio, infatti, c’è, per l’indifferenza in cui, talvolta, sembra scivolare la società. Noi dobbiamo combatterla, questa indifferenza.
Oggi festeggiamo gli ottant’anni della Liberazione dell’Italia dalla dittatura nazifascista e dall’occupazione delle nostre terre. Festeggiamo la Libertà nata dalla Resistenza agli oppressori fascisti e nazisti. Festeggiamo la fine della guerra e delle sciagure che porta con sé. La fine dei rastrellamenti, delle stragi, delle bombe sui civili.
Festeggiamo! E vi invito a farlo passeggiando tra questi monumenti e tra le targhe di questa piazza dedicata alla Resistenza e alle vittime della Seconda Guerra Mondiale, e immaginando che le risate dei nostri bambini e il gusto di una giornata di festa possa arrivare, in qualche modo, a chi si è sacrificato per tutti noi.
Insieme alla Liberazione, e alla fine di tutto ciò che l’Italia voleva lasciarsi alle spalle, non senza profonde ferite, iniziava anche un momento importante per il nostro futuro. Allora, oggi più che mai, dobbiamo ricordare quanto sia essenziale vivere in una democrazia (per noi che ci siamo nati pare forse scontato) e sentirne, di questa democrazia, tutta la responsabilità, comprendendo il senso profondo della nostra Costituzione.
La fortuna e la responsabilità di vivere in democrazia è ben riassunto nell’articolo 3: “Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione , di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali. È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’uguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese”.
In questo articolo ci sono diritti ma anche doveri. Le istituzioni, a qualsiasi livello, hanno dei doveri da assolvere per tendere all’uguaglianza e alla libertà. Come si traducono oggi questi doveri? Si traducono, ad esempio, nelle politiche sociali, nel diritto alla casa, nell’accesso ad una casa in affitto, problema che accomuna giovani coppie e pensionati; nel contrasto alla povertà educativa che affligge i nostri giovani. Se non si lavora per sbloccare l’ascensore sociale, che è fermo, i nostri ragazzi e le nostre ragazze continueranno ad andare via. A cercare opportunità altrove.
Ogni articolo ha in sé spunti e riflessioni…
…allora il primo appello che faccio a tutti voi e alle vostre famiglie, è di festeggiare questa giornata leggendo qualche articolo della Costituzione. Fatelo magari con i vostri figli e con i vostri nipoti.
Ma questa è anche una festa che cade in un momento di grande emozione e commozione, di lutto nazionale, e allora prima di tutto voglio leggervi alcune parole sulla libertà, di Papa Francesco.
“Siamo liberi nel servire non nel fare quello che noi vogliamo. Siamo liberi nel servire, e lì viene la libertà. Ci troviamo pienamente nella misura in cui abbiamo il coraggio di donarsi. Non c’è libertà senza amore. La libertà egoistica non è feconda. La libertà è amare e servire”.
E ancora: “Abbiamo bisogno di riscoprire la dimensione comunitaria della libertà, non individualistica”.
Queste parole, che sono chiaramente riferite al messaggio del Vangelo e all’amore caritatevole incarnato da Gesù Cristo, oggi non ci rimandano forse a ciò che fecero tutte quelle persone, nostri fratelli e sorelle, che hanno combattuto per la libertà a costo di sacrificare la propria vita?
Quel servire gli altri, quel donarsi totalmente – fino anche al punto di morire per un ideale di giustizia, di libertà e di pace – lo possiamo vedere pienamente realizzato in quelle donne e in quegli uomini che hanno combattuto per la liberazione. Che non è, appunto, un atto individualistico, ma di riscatto collettivo.
Lo possiamo vedere nei partigiani e nelle partigiane. Nelle staffette, nei soldati, nelle persone comuni che offrirono riparo agli sfollati e a chi scappava dai nazisti. Penso alla partigiana Modesta Rossi che faceva le staffette portandosi dietro il figlio più piccino, ultimo di cinque, Gloriano. Furono uccisi entrambi dai tedeschi. Quanto di quel servire gli altri, di quel donarsi di cui ci ha parlato Papa Francesco vi era in questa donna, in questa mamma, in questa partigiana? A persone come lei dobbiamo la nostra libertà e la nostra democrazia.
Quanto spirito di servizio c’era nelle infermiere della Feb che proprio in questa piazza si adoperarono per gli altri?
Se, come ci ha ricordato Papa Francesco, la libertà egoistica non è feconda, la libertà fatta di amore e servizio invece lo è eccome. Oggi questa riflessione non può che riportarci alla fecondità della Liberazione da cui è nata la Costituzione, che si regge su valori e principi che in quella lotta vanno ricercati.
Dal 25 aprile è nata la nostra Costituzione, in cui – ecco le parole che citavo prima – c’è una dimensione comunitaria della libertà. E questa dimensione, questa soltanto, deve caratterizzare la politica.
Ancora torno a Papa Francesco che a Barbiana, in una visita storica in Toscana del 2017 per rendere omaggio a Don Milani, citò nel suo discorso Lettera a una professoressa: “Ho imparato che il problema degli altri è eguale al mio. Sortirne tutti insieme è la politica”.
Il più alto esempio di politica lo abbiamo trovato proprio nei padri costituenti e in tutti quei politici che alla fine della Guerra decisero di mettere da parte le proprie posizioni per trovare una sintesi più alta, in nome di un bene superiore, collettivo. Il loro intento fu anche quello di garantire un futuro in cui non avrebbe mai più potuto attecchire una dittatura. Lo fecero con fondamenta di libertà e uguaglianza espresse, per esempio, nell’articolo 3 che prima vi ho letto. Lo fecero con l’articolo 21 sulla libertà di manifestazione del pensiero.
Da dove nascevano questi principi costituzionali? Perché i padri costituente li resero inviolabili? Perché l’ascesa del fascismo aveva dimostrato come una società potesse, pur nella paura e nelle costrizioni che spinsero molti a prendere la tessera del partito fascista, accettare i vari passi che conducono ad una dittatura. Poteva accadere. Era potuto accadere che venissero promulgate le leggi razziali del ’38, una delle pagine più buie della nostra storia. Chi gettò le basi della nostra democrazia lo sapeva. Per questo ci volle dare degli anticorpi.
Ma ancora oggi non siamo immuni dalle dittature e dalle guerre. Quella pace a cui tendeva il testo costituzionale, è lontana. E’ una Terza Guerra Mondiale a pezzi, diceva Bergoglio già nel 2014.
Quello che stiamo vivendo adesso, in Europa e nel Mondo, è la dimostrazione che non abbiamo ancora oggi abbastanza anticorpi per non ripetere il passato. E credo che, al di là di come la si pensi, non si possa non dire che Bergoglio sia stato tra i più attivi per raggiungere la pace. Per questo, oggi in particolare, è fondamentale mettere al centro delle nostre azioni la Costituzione, ispirarsi a quei valori di libertà ed uguaglianza che essa sancisce, avere memoria di quanto accaduto, tramandarla, questa memoria, ai ragazzi e alle ragazze, con l’orgoglio di essere in una città medaglia d’argento al Valor Militare il cui contributo di sacrifici e di sangue offerti ne esalta l’attaccamento ai superiori principi di libertà e giustizia. Non riusciremo a cambiare le sorti di un mondo in guerra che non abbiamo il potere di controllare, ma abbiamo il dovere di fare la nostra parte, di avere un pensiero libero e critico, fondato sulla conoscenza, per non tradire quelle persone che ottant’anni fa hanno liberato l’Italia e per costruire un futuro diverso.
Festeggiamo la Festa della liberazione nel migliore dei modi, portando nel cuore quei sentimenti buoni e di speranza nel futuro che aveva nel cuore chi si è sconfitto per la libertà.
* Sindaco di Pistoia
0 Comments