olimpionico nel ’36 riscoperto dalla sua città


La figura di Sandro Puppo è incredibile. Piacentino classe 1918, è stato giocatore, allenatore e dirigente di calcio, ma anche interprete in un periodo nel quale le lingue non erano assolutamente alla portata di chiunque. Medaglia d’oro alle Olimpiadi di Berlino del 1936 con la Nazionale italiana di Vittorio Pozzo, ha giocato al fianco di Giuseppe Meazza e Valentino Mazzola, e sia in campo che fuori si è dimostrato un pioniere per le sue idee che hanno fatto evolvere il gioco del calcio. Scomparso nel 1986, dopo aver dedicato la sua vita alla crescita del Piacenza e del movimento calcistico internazionale, la sua figura ed il suo ricordo sono andati perduti per quasi quarant’anni.

«E’ stata un figura importante per la nostra città – ha ricordato l’assessore allo Sport del Comune di Piacenza, Mario Dadati e credo non abbastanza valorizzata sebbene ci siano due strutture sportive che portano il suo nome. Puppo si inserisce nel tessuto sportivo degli anni ’30 e cavalca gli anni ’50 e ’60. Era a quel tempo un allenatore innovativo, con una storia personale e umana che ha risvolti decisamente attuali. Un cittadino del mondo, che preferiva investire sul futuro senza promettere risultati a breve termine. Cresceva i ragazzi, giovani calciatori, attraverso il lavoro quotidiano».

Puppo cittadino del mondo. Assolutamente sì. Cresciuto negli anni dell’adolescenza a Shanghai, al seguito del padre violinista, è proprio in Cina che inizia ad appassionarsi e a giocare a calcio. Lo sport lo porta a viaggiare tanto, ma anche a tornare nella natia Piacenza in tre diversi periodi e con ruoli differenti. Nel 1934 e fino al 1937 veste i colori biancorossi da giocatore. Ritorna nel 1945, per una stagione, quando finita la guerra è giocatore e allenatore, seppur ricopra il doppio ruolo per sole quattro gare. Vi conclude la carriera da tecnico nel 1967, dimettendosi e diventando consulente oltre che corrispondente in lingue estere della ditta piacentina Astra, dell’ex presidente del Piacenza Enzo Bertuzzi.

Da giocatore nasce come mezzala, poi viene schierato centromediano nella sua prima esperienza al Piacenza, ruolo che ricoprirà per il resto della sua carriera. Si è distinto per senso di posizione e doti tattiche, capacità che l’hanno portato alla convocazione per le Olimpiadi di Berlino del 1936. Ha giocato poi per Ambrosiana-Inter, vincendo lo scudetto del ’38 e la Coppa Italia del ’39, Venezia, altro scudetto nel ’41, Roma e Thiene, intraprendendo contestualmente dal 1949 la carriera di allenatore. Ruolo che lo ha portato ad allenare la Nazionale turca, il Besiktas, la Juventus e addirittura il Barcellona. Unico tecnico italiano ad aver guidato la squadra catalana ancora oggi.

E’ da allenatore che si è distinto per essere un precursore e innovatore del calcio. E’ stato il primo a far giocare a zona le proprie squadre, già negli anni ’60. Escludeva l’utilizzo di un libero fisso, al quale invece assegnava compiti sia di copertura che di costruzione. Proprio come si fa oggi, con il gioco offensivo che parte dal basso. Nel 1952 ha guidato la nazionale della Turchia prima alle Olimpiadi di Helsinki del 1952 e poi ai Mondiali del 1954, eliminando a sorpresa la Spagna. Sarà in quell’occasione che ha stuzzicato i dirigenti del Barcellona, che lo ingaggiano per la stagione 1954/1955, conquistando il secondo posto dietro al Real Madrid e lanciando in prima squadra un mito come Luis Suarez.

Ma a Barcellona «fece sorridere la storia tra Puppo e il fortissimo attaccante Laszlo Kubala – ha raccontato il giornalista Matteo Eremo -, a cui piaceva sempre fare festa. In ritiro alle Canarie, un giorno, Puppo decise di mettere una multa per chi avesse sgarrato le regole ferree alla sera. Kubala nello spogliatoio si alzò, depositò i soldi della multa preventivamente sul lettino e poi disse: “adesso che ho pagato posso andare a fare festa”. Fu un bel rapporto quello tra Kubala e Puppo, che era già ai tempi, negli anni ’50, un fine filosofo nella gestione del gruppo».

Eremo, autore del libro “Il calcio è musica. Vita e romanzo di Sandro Puppo”, ne ha ripercorso le tappe della carriera soffermandosi su quanto la figura del piacentino sia ancora oggi tanto amata in casa Besiktas. Ha allenato il club prima nel 1953/1954 e poi nel 1960/1961, vincendo il campionato turco nella prima esperienza. Ma il giornalista nonché insegnante, con la sua opera ha cercato di scuotere le coscienze facendo riscoprire al territorio Puppo. Quanti i giovani che giocano magari nella Turris, al centro sportivo a lui dedicato, che non sanno chi sia e nemmeno si sono mai chiesti chi fosse. Eppure «la sua storia e la sua vita sono state incredibili, ma Piacenza – ha sottolineato Eremo – quasi se l’era dimenticato e molti non sapevano nemmeno chi fosse».

Dal 1955 al 1957 Puppo ha allenato la Juventus, rinnovando la squadra inserendo tra i titolari tanti giovanissimi, a tal punto da guadagnarsi il soprannome di Juve dei puppanti. Nel 1958 è entrato a far parte del settore tecnico della Figc, allenando per un’amichevole a Budapest la Nazionale italiana B. Una volta ritiratosi, nel 1970 ha ricoperto un ruolo dirigenziale per conto della Fifa nell’organizzazione dei Mondiali in Messico dello stesso anno. «Oggi viviamo una emergenza educativa e i giovani, sportivi e non – ha detto Angelo Gardella, delegato Figc di Piacenza –, hanno bisogno di conoscere figure positive e da cui attingere come quella di Puppo». «Puppo era un allenatore la cui filosofia si poggiava su quattro angoli – ha aggiunto Domenico Gresia, presidente arbitri sezione provinciale – forza, equilibrio, coraggio e giudizio. Il calcio di oggi ha bisogno di riscoprire questi valori».

Riscoprire valori ma anche la figura di Sandro Puppo attraverso il memorial organizzato dal Piacenza per oggi, sabato 4 gennaio 2025, e che vedrà le formazioni Juniores di Piacenza, Sangiuliano City e Crema sfidarsi in un triangolare al centro sportivo Bertocchi. S’inizierà alle 14:30 con il primo match per concludersi alle 17:30 circa con le premiazioni. Tre partite della durata di 45′ ciascuna, con calci di rigore in caso di parità. «Abbiamo subito accolto la proposta di intraprendere un percorso di memoria sulla figura di Puppo – le parole di Francesco Guareschi, responsabile del settore giovanile biancorosso –. Quest’anno, visto i tempi ristretti, partiamo con questo formato di triangolare, ma la nostra intenzione è di ampliare il torneo, farlo diventare un appuntamento fisso ed internazionale».

Questa sarebbe la terza edizione del torneo in ricordo di Puppo. Le prime due, però, si sono disputate nel 1987 e nel 1988. L’Inter davanti alla Juventus ha vinto il primo memorial, mentre la Cremonese si è aggiudicato il secondo battendo il Como. «Quella di Puppo è una storia affascinante – le parole di Antonio De Vitis, direttore tecnico del Piacenza – e vale la pena ricordalo ogni anno. L’obiettivo diventa far affermare il memorial, per questo abbiamo preso contatti con club importanti e prestigiosi in vista delle prossime edizioni. Oggi partiamo con questo format ridotto, ma vogliamo crescere».

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www.ilpiacenza.it è stato pubblicato il 2025-01-04 00:00:00 da


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