Omicidio Lello Capriati, sui social la rabbia e il dolore dei parenti: «Addio papà, quasi non ti conoscevo»


BARI – Negli atti giudiziari di diversi anni fa quello dei Capriati veniva definito un «brand», per la sua capacità di condizionare con la forza di intimidazione che evocava il solo nome la gestione dei traffici illeciti. Un «brand» speso dagli affiliati per costringere i commercianti a pagare il pizzo e per imporre forniture di partite di droga (soprattutto in provincia).

Tanto potente quanto apparentemente sopito fino a qualche anno fa, complici le carcerazioni di vertici della famiglia mafiosa egemone su Bari Vecchia: il capoclan Tonino sconta l’ergastolo al regime del 41 bis, fratelli e nipoti sono quasi tutti in cella. Eppure da tempo l’Antimafia definisce «emblematico» l’antagonismo con il clan Strisciuglio e proprio dopo la scarcerazione di Lello Capriati gli investigatori hanno temuto che le frizioni fra i due clan potessero «ulteriormente inasprirsi a causa dei mutamenti negli assetti criminali che spesso seguono ai taciti accordi di non belligeranza ed ingerenza». In questo contesto di «instabilità criminale», la Dia (Direzione investigativa antimafia, che stila relazioni semestrali di analisi delle dinamiche criminali sul territorio) individuava come ulteriore possibile fattore in grado di «riacuire la conflittualità interna» che nel 2018 portò all’omicidio del nipote del boss, il 49enne Domenico Capriati, il fatto che il fratello Lello fosse tornato in libertà, a fine agosto del 2022 e, per questo, temevano «la probabile insorgenza di una escalation di violenza nell’intento di vendicare la morte di uno degli esponenti di maggior rilievo del clan di Bari Vecchia».

Questa risposta potrebbe essere arrivata due giorni fa, con l’esecuzione del 41enne Lello Capriati a Torre a Mare. Quando fu scarcerato, il suo ritorno a Bari Vecchia fu salutato con fuochi d’artificio e video pubblicati sui social. Con la famiglia, poi, aveva anche avviato una attività di ristorazione in piazza Mercantile. E anche la sua morte, ora, ha inondato Instagram e TikTok di dediche e «storie» con frasi in suo onore accompagnate da sottofondi musicali in stile neomelodico. Parole che chi indaga legge con attenzione.

I figli, per esempio, Sabino e Christian, di 24 e 18 anni, hanno scritto toccanti post dedicati al padre morto. Christian che aveva iniziato a conoscerlo davvero solo 18 mesi fa, dopo la lunga carcerazione, quando aveva più di 16 anni. «Non ce la faccio amore mio dimmi che è un sogno. È un anno e mezzo che ci stavamo conoscendo – ha scritto il ragazzo sui social -, sembrava che era passata una vita. Non ce la faccio neanche a pensare che non ti rivedrò mai più. Stammi vicino. Ormai la mia vita, senza di te, non vale più niente». E il grande, Sabino, lo ha salutato augurandogli «buon viaggio vita mia. Eri il mio pilastro, senza di te – ha scritto – nulla ha più senso. Tutti i nostri progetti, i nostri sogni, sono svaniti in così poco tempo. Già mi manchi assai: so che da lassù ci guarderai sempre e ci starai vicino. Ti amo papà». Una dedica allo zio anche dalla figlia del fratello Mimmo, morto in un agguato nel 2018. «Hai fatto di tutto per non fare mai sentire la mancanza del nonno ai miei figli – ha scritto la donna sui social -. Hai fatto di tutto per non farmi sentire la mancanza del mio papà e mo che hai fatto? Mi hai lasciata pure tu. Me lo avevi promesso che non mi abbandonavi, ora come faccio io?».

Ma tanti, sui social, sono anche i commenti di comuni cittadini, estranei alla famiglia, che chiedono sicurezza, che gridano all’allarme criminalità, richiamando anche l’attenzione di chi – senza mai negare la presenza della mafia in città – potrebbe però averne sottovalutato la capacità di condizionare la vita della città. Peraltro in un momento in cui l’attenzione nazionale, mediatica e politica, guarda a Bari per il sospetto di infiltrazioni – rivelato dall’ultima inchiesta della Dda sul clan Parisi, alleato dei Capriati – nella vita economica, sociale e politica della città.

Ed è proprio in questo contesto di intrecci tra fatti, insinuazioni, sospetti, accuse e strumentalizzazioni, che si inserisce l’equivoco sulla presunta visita a casa di una delle sorelle del boss Tonino Capriati (smentita e a quanto pare mai avvenuta), risalente a quasi un ventennio fa, raccontata qualche settimana fa dal presidente della Regione Puglia Michele Emiliano (all’epoca sindaco di Bari). L’aneddoto del governatore coinvolgeva, nei suoi ricordi forse un po’ sbiaditi, il giovane assessore alla Mobilità del tempo, quell’Antonio Decaro che di lì a qualche anno sarebbe diventato il sindaco di Bari. 



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www.lagazzettadelmezzogiorno.it è stato pubblicato il 2024-04-03 08:54:00 da


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