Prosegue il processo per tentato omicidio e che vede sul banco degli imputati un piacentino poco più che 30enne incensurato ed ex guardia giurata il quale ha sempre sostenuto di essersi difeso e di non aver mai voluto fare del male. L’uomo, come la madre, è anche accusato di lesioni: entrambi sono difesi dall’avvocato Emanuele Solari. I fatti risalgono ormai a sei anni fa e avvennero in via Divisione Partigiana Piacenza. L’imputato è accusato di aver puntato una pistola con il colpo in canna ad un vicino di casa, costituito parte civile con l’avvocato Antonino Rossi, al termine di un alterco dovuto ad alcuni schiamazzi in un’area condominiale. Ed è proprio sull’arma che si è concentrata l’udienza del 18 gennaio. Ne ha parlato diffusamente Mario Ferranti, ingegnere meccanico e perito balistico della Procura il quale ha descritto il funzionamento della Glock 17 9 x 21 in uso all’imputato in quanto all’epoca dei fatti guardia giurata con porto d’armi. Ha spiegato che quando si scarrella si inserisce il colpo in canna che viene quindi “agganciato” e che nel caso di specie si tratta di un’arma particolare che presenta tre scatti progressivi. Priva di sicure manuali ha incorporato sistema ad hoc che rende impossibile esplodere un colpo in maniera accidentale. Dunque, il dito sul grilletto incontra tre livelli di “resistenza” al grilletto, al percussore e alla barra di scatto, praticamente tre sicure a differenza, per esempio, della Beretta che ne ha una esterna.
Nelle udienze precedenti erano stati ascoltati i poliziotti intervenuti quella sera e inviati sul posto per quella che doveva essere una banale lite tra vicini di casa. Quando arrivarono però la scena era ben diversa: «Lo abbiamo visto estrarre la pistola, “scarrellare” (ossia mettere il colpo in canna) e puntare l’arma con il dito sul grilletto ad un uomo a circa due metri di distanza e una ragazzina mettersi davanti a lui, in segno di protezione. L’abbiamo sentita urlare non fare del male a mio papà così come abbiamo udito il suono forte e metallico dello scarrellamento. Io e i miei colleghi – aveva spiegato il poliziotto Francesco Stasi nei mesi scorsi – eravamo a quattro metri di distanza e gli abbiamo urlato di gettare la pistola. Lui si è girato e l’ha riposta in una fascia elastica per armi che indossava, a quel punto abbiamo approfittato del momento per placcarlo e disarmarlo».
L’antefatto. Poco prima la vittima e altri vicini di casa si trovavano in un giardinetto condominiale a chiacchierare, mentre i figli giocavano. Stando all’accusa, l’imputato – che abita nello stesso palazzo – sarebbe sceso accompagnato dalla mamma, infastiditi entrambi dalle urla e dagli schiamazzi dei bambini. Ne sarebbe quindi nata una lite passata ben presto alle vie di fatto e durante la quale la vittima (un cittadino francese quasi 50enne) era stata picchiata con calci e pugni (all’ospedale lo refertarono con 30 giorni di prognosi). Ferito e dolorante, si sarebbe rialzato e avrebbe camminato per qualche metro forse pronunciando alcune frasi ingiuriose alle quali l’imputato avrebbe risposto non è finita qui.
Poi il piacentino gli avrebbe puntato la pistola armata davanti appunto e come detto a testimoni e ai suoi figli. Una di queste, all’epoca 14enne e oggi maggiorenne che ha testimoniato in un’udienza precedente, gli si era messa davanti e quindi posta sulla linea di tiro del presunto aggressore. A costui aveva chiesto di non fare del male al padre, ed è in quel momento che erano poi arrivati gli agenti. «Quando lo abbiamo buttato e terra e disarmato – disse un agente – ci ha spiegato di essersi solo difeso da un’aggressione, che era stato minacciato con un coltello e che, essendo una guardia giurata, aveva regolare porto d’armi. Dell’arma bianca però non è stata trovata traccia né i testimoni hanno riferito di averla vista».
www.ilpiacenza.it è stato pubblicato il 2024-01-18 18:34:17 da
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