Oltre cento partecipanti alla serata di gala in ricordo della nobildonna uccisa nel 1991. Oltre alla genetista, premiati l’avvocato Simone Facchinetti e il giornalista-manager Giovanni Amodeo
Un avvocato, una genetista di fama, un giornalista-manager. La prima edizione del Premio Alberica Filo della Torre
per una migliore cultura dell’investigazione, ideato e fortemente voluto da Manfredi Mattei, il figlio della nobildonna assassinata all’Olgiata nel 1991 e finita al centro di un caso giudiziario clamoroso, si è conclusa con tre vincitori, tutti già professionisti affermati. La proclamazione è avvenuta nel corso di una serata di gala con un centinaio di partecipanti, venerdì 25 novembre presso il Castello della Castelluccia, in zona Giustiniana. Hanno ricevuto il premio per i migliori elaborati l’avvocato Simone Facchinetti, partner dello studio legale Facchinetti e rappresentante della Camera di commercio italiana a Dubai, Marina Baldi, biologa e specialista in genetista medica e forense, e Giovanni Amodeo, giornalista finanziario e responsabile di data strategy. Tra gli ospiti anche il principe Guglielmo Giovannelli e il prefetto Fulvio de Marinis.
Il concorso-premio, con tanto di bando del valore di 20 mila euro in palio, è alla prima edizione. Nel presentarlo Manfredi Mattei ha spiegato che il progetto è nato in partnership con Leaders first, la piattaforma dell’ex manager Eni Fabrizio Nicolosi, e in collaborazione con l’università Lumsa, con l’obiettivo di «sostenere e formare professionisti forensi e giuridici, affinché quanto successo a noi, in attesa di giustizia per quasi 20 anni a causa di clamorosi errori e sciatterie, non abbia a ripetersi». Poi, al termine della serata condotta dalla presentatrice Angela Achilli, il figlio di Alberica Filo della Torre ha detto con una punta di commozione: «Con orgoglio la Fondazione che rappresentiamo io e mia sorella Domitilla ha lanciato questa iniziativa per sostenere l’eccellenza nel mondo delle investigazioni e sono felice di potere dire che il primo bilancio, in termini di qualità e di partecipazione, è stato più che positivo. L’unico vero grande rammarico è l’assenza di nostro padre Pietro Mattei, che per 20 anni ha combattuto contro la mala giustizia».
Come tanti altri familiari di vittime di cold case, Manfredi Mattei, che oggi è imprenditore nel settore immobiliare, è diventato suo malgrado un esperto in tecniche d’indagine. Sua madre fu vittima di uno dei gialli più famosi e chiacchierati della fine dello scorso secolo: massacrata nella sua villa all’Olgiata la mattina del 10 luglio 1991, mentre stava preparando un ricevimento a bordo piscina per il suo anniversario di matrimonio, in programma quella sera stessa. Per individuare l’assassino fu necessario aspettare quasi vent’anni, fino a che nel 2011 venne arrestato Manuel Winston Reyes, il domestico filippino. Una soluzione a portata di mano fin dall’inizio, se si fossero sbobinate e tradotte tutte le intercettazioni (compresa quella che incastrava l’omicida, al telefono con un ricettatore per piazzare i gioielli rubati alla contessa) e se ci fosse stata meno superficialità nell’analizzare una macchia di sangue sul lenzuolo. Un ruolo decisivo ai fini della riapertura delle indagini fu giocato da Pietro Mattei, il marito di Alberica, che non smise mai di lottare per avere giustizia, senza risparmiare critiche alla Procura di Roma per i sospetti del tutto infondati nei suoi confronti, fatti filtrare alla stampa all’epoca delle prime indagini. «Quanto fango su di lui, povero papà», è stato lo sfogo di Manfredi in un’intervista al Corriere, all’indomani della morte dell’amato genitore, quasi tre anni fa. ([email protected])
27 novembre 2022 (modifica il 27 novembre 2022 | 11:50)
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roma.corriere.it è stato pubblicato il 2022-11-27 11:50:16 da Fabrizio Peronaci
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