Puglisi con Handke porta in scena i disastri della guerra – Notizie

Puglisi con Handke porta in scena i disastri della guerra – Notizie



(di Paolo Petroni)
Persone, popoli sradicati, che
perdono la patria per colpa della guerra: un bello spettacolo di
gran forza e attualità, questo ‘La tempesta continua’, testo
tratto dal racconto teatrale, tutto dialogato, ‘Ancora tempesta’
(ed. Quodlibet) del premio Nobel Peter Handke, ispirato alla
storia della famiglia della madre, che sarà protagonista del
racconto capolavoro ‘Infelicità senza desideri’ (ed. Guanda). Il
lavoro, al Teatro Nuovo Ateneo di Roma, con attori ex allievi di
Paolo Giuranna all’Accademia di Arte Drammatico d’Amico, ha
l’adattamento, realizzazione e regia di Claudio Puglisi e punta
proprio sullo spaesamento, la rabbia per aver perso tutto con la
guerra e poi la pace che sancisce nuovi confini, dopo aver
lottato per la propria patria, la propria identità e il proprio
modo di vivere.

   
In scena un uomo, direi lo stesso autore, perseguitato dalle
storie dei suoi parenti, dalla madre agli zii e i nonni, dalla
sua stessa storia di sradicamento, che non fanno che apparirgli
in sogno e nei pensieri, protestando e chiedendo di essere
lasciati stare, cui lui replica “lasciatemi voi in pace”. La
verità, come annunciato sin dal titolo è che, con quel passato e
sempre per chiunque, persa la patria inevitabilmente la tempesta
continua.

   
Questa tempesta è quella che coinvolge tutto ancora durante
la seconda guerra mondiale, con l’occupazione tedesca, dopo che,
finita la prima guerra, la loro Carinzia fu annessa all’Austria.

   
Si vivono quindi le discriminazioni, il divieto di usare la
propria lingua e di passare al tedesco, con adeguamento anche
dei propri cognomi, l’impoverimento con l’esercito tedesco che
distrugge campi e frutteti, il vano, disperato tentativo di
lotta partigiana (l’unica nata all’interno del III Reich) per
un’indipendenza, mentre tre dei quattro figli muoiono e i
genitori restano soli a soffrire la propria tragedia, declassata
con beffardo dolore da uno dei giovani che afferma “noi
soffriamo, ma soffrire non è tragico”.

   
In tutti suoi avi il protagonista, che si aggira un po’ sperso
e un po’ incuriosito per il palcoscenico, vuoto, neutro, spazio
del suo teatro mentale, riflette tutta la propria storia di
figura amata e odiata dai suoi e straniera a se stessa, poiché
figlio di una slovena e del nemico germanico.

   
Attorno Puglisi crea i vari personaggi e li movimenta bene e
con piccole invenzioni, oltre a creare precisi caratteri e
identità per ognuno degli attori, cominciando con i costumi, ma
anche col loro modo di porsi fisicamente e muoversi, forte
probabilmente anche della sua formazione antroposofica e
steineriana. Ecco allora questo nutrito gruppo di concretissimi
fantasmi che da pacifici contadini si trovano trasformati in
soldati, partigiani arrabbiati e ottimisti, morti o
sopravvissuti avviliti, vinti.

   
Uno spettacolo che tutto questo lo usa, con la giusta misura,
per dare teatrale corpo alla parola, al testo bello e forte in
cui coabitano spirito individuale e vento, tempesta della
storia, diventando esemplari per questi nostri tempi di guerra,
di patrie distrutte, di identità e storie negate, di ciò con cui
ci si è formati e che deve lottare con quel che si pretende
diventi. E il grande melo di cui si parla all’inizio e sotto cui
ci si siede, ora non esiste più, con tutti gli altri alberi,
incendiati, con i tronchi che scoppiano e simbolicamente vedono
bruciare la propria linfa, per far spazio a suo tempo a una
rimessa per armamenti e carrarmati.

   

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www.ansa.it è stato pubblicato il 2024-10-11 17:57:41 da


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