Rapine a Catania, le armi e la violenza di “Catena spezzata”

Rapine a Catania, le armi e la violenza di “Catena spezzata”


CATANIA – Avevano le armi e non si facevano scrupolo a usarle. Minacciavano persone disarmate durante le loro rapine, picchiavano ed estorcevano. La banda criminale arrestata questa mattina a Catania nell’operazione “Catena spezzata”, con nove persone colpite da ordinanza di custodia cautelare, era particolarmente efferata e pericolosa, e proprio per questo la Polizia è entrata in azione rapidamente, dopo tre mesi di indagine.

La rapina all’ufficio postale

Tutto ha inizio nell’ottobre del 2022, quando in un ufficio postale di Catania entrano tre persone armate per una rapina. La Squadra mobile scopre che uno dei tre uomini è Mario Cavallaro, uno degli uomini colpiti oggi dalle misure cautelari, e identifica altri due complici: Antonio Impellizeri e Domenico Giuffrida.

Oltre agli arresti, gli investigatori scoprono che la rapina all’ufficio postale non è un caso isolato, ma parte di una lunga catena di reati portata avanti da una vera e propria banda.

Le indagini e le altre rapine a Catania

A questo punto si assiste a una vera e propria escalation criminale, condotta dalle nove persone arrestate nella mattina di martedì. Dopo la rapina a Catania il gruppo rapina il 23 novembre un autotrasportatore a cui ruba 13 mila euro nella zona di Campobello di Licata. Il 26 novembre è la volta di un distributore di benzina nella zona di Acireale, e il 5 dicembre un altro distributore è colpito ad Aci Catena.

Nel frattempo il gruppo si dedica anche all’estorsione, con modalità particolarmente efferate. Gli uomini dell’organizzazione rubano un furgone a un’azienda e picchiano con il calcio di una pistola i due titolari della ditta che cercano di riaverlo indietro. L’estorsione in questo caso si è consumata, con le modalità del “cavallo di ritorno”.

L’arresto in flagranza

L’attività del gruppo era talmente frenetica che ha spinto uomini e donne della polizia a intervenire. Il 22 dicembre 2022 l’organizzazione si prepara ad assaltare una ditta di autotrasporti di Belpasso in cui lavoravano due delle persone coinvolte negli arresti, Maurizio Pappalardo e Orazio Bellissima, accusati dagli investigatori di avere svolto il ruolo di basisti. Le indagini permettono alla polizia di ricostruire tutta la fase preparatoria della rapina e di attribuire i ruoli all’interno del gruppo: secondo la ricostruzione, Mario Cavallaro e Antonino Patané sarebbero stati ideatori ed esecutori, con l’aiuto di Alfio Paradiso.

L’intervento della polizia sventa la rapina. Come racconta in una conferenza stampa della questura catanese Roberto Irace, dirigente del gruppo della Squadra mobile che si è occupato delle indagini, l’azione della polizia è particolarmente delicata, perché il gruppo continua a delinquere e perché si tratta di persone armate molto pericolose. Nel corso degli arresti due persone della banda vengono trovate in macchina con delle pistole semiautomatiche, e in casa di uno di loro viene trovato un fucile. Tutti segni della particolare pericolosità e prontezza alla violenza dell’organizzazione.

I cani sciolti

A capo del gruppo, secondo le ricostruzioni degli investigatori e in una fase del processo in cui non è ancora intervenuta la difesa degli accusati, ci sarebbe stato Antonino Patané. Sempre nella conferenza stampa della questura catanese è emerso come Patané fosse un uomo dalla notevole caratura criminale, con legami accertati con il clan mafioso dei Laudani.

Ma nonostante questi legami si trattava di cani sciolti. È la precisazione fatta più volte da Antonio Sfameni, capo della Squadra mobile di Catania: l’organizzazione criminale colpita dal blitz “Catena spezzata” non aveva legami con associazioni mafiose, né sono emersi indizi su una loro condotta che favorisse i clan. Il gruppo, dunque, agiva in modo isolato, per i propri tornaconti criminali.

L’articolo Rapine a Catania, le armi e la violenza di “Catena spezzata”
livesicilia.it è stato pubblicato il 2023-10-24 14:04:43 da Antonio Giordano


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