Alla guida della società partecipate siciliane, che siano essere regionali o comunali, serve qualità perché queste aziende forniscono servizi e devono confrontarsi con il mercato. Ne è convinto l’assessore regionale all’Economia Alessandro Dagnino che in una intervista rilasciata al quotidiano Live Sicilia affronta, fra l’altro, il tema della bocciatura della sua proposta la scorsa settimana con un voto espresso a scrutinio segreto.
La riforma non comporta nessuna spesa
La riforma che avevamo proposto non comporta nessuna spesa per l’amministrazione di riferimento della partecipata. In pratica prevede di introdurre la figura dell’amministratore delegato, quasi mai prevista fino ad oggi. Una figura da reperire sul mercato e che svolga questo compito in esclusiva. Non si può pensare che a questa figura vadano le attuale 35mila euro l’anno ovvero circa 1500 euro al mese. Ma l’aumento del compenso da dare a questa figura apicale (che sostituirebbe in molte partecipate la figura del, Presidente) corrisponde, contemporaneamente all’aumento delle competenze richieste. Insomma l’Ad dovrebbe mostrare almeno tre anni di esperienza in imprese che si occupano di materie analoghe e che abbiano dimensioni (per personale e fatturato) anch’esse analoghe. Il campo si restri9nge notevolmente.
Sottogoverno tagliato fuori
In questo modo, contrariamente a quel che è stato fatto passare, le possibilità che a ricoprire quell’incarico sia il politico “trombato” di turno, secondo Dagnino, diventano residuali. Fra i posti da assegnare al sottogoverno difficilmente c’è un manager con queste competenze e caratteristiche.
Al contrario, siccome i soldi in più da dare all’Ad vengono reperiti dal taglio degli altri componenti il Consiglio di amministrazione, a ridursi sono proprio gli spazi di sottogoverno. Per il ruolo di componente del CdA non è richiesta competenza specifica e dunque si tagliano i compensi e si usa il risparmio per pagare correttamente l’Ad.
Riforma bocciata per garantirsi il sottogoverno?
In base a queste valutazioni si intravede all’orizzonte la possibilità che la bocciatura non sia figlia della logica che si è raccontata ma piuttosto della volontà di mantenere intatta la situazione attuale e dunque continuare a distribuire posti di sottogoverno che domani, con la riforma, diventeremo dimeno per numero e meno appetibili per compenso.
Riforma da riproporre
Partendo, dunque, dall’idea che la riforma non sia stata capita e considerata l’attesa che la riforma aveva creato soprattutto fra i sindaci che spesso devono affrontare il problema dei servizi resi alla cittadinanza e della scarsa efficienza dei manager di molte partecipate, è possibile che si pensi di riproporre alla norma nella prossima legge di stabilità
La norma va scritta di nuovo e ulteriormente migliorata e magari spiegata meglio. Ma l’idea di avere manager su cui si possa contare per lo sviluppo delle partecipate è già stata applicata a Roma, non si comprende perché non lo si debba fare in Sicilia, senza costi e tagliando il sottogoverno
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