ANCONA – Per amore si arriva a fare tutto anche pagare un debito con gli usurai del proprio innamorato. E’ andata avanti quattro mesi la storiella che due muratori di 50 e 57 anni, entrambi di Rimini, avrebbero inventato per portare via 9mila euro ad una 54enne di Falconara. Tutti e due sono finiti a processo per truffa in concorso. Avrebbero raggirato la donna facendole credere che il più giovane, con cui aveva iniziato una storia sentimentale a metà giugno del 2021, era ricattato da degli usurai per un debito non saldato. “Se non pago mi ammazzano” avrebbe detto all’innamorata che è arrivata a scucirli 9mila euro credendo che fosse davvero in pericolo di vita. Il 50enne e la 54enne si era conosciuti su Facebook pochi mesi prima. Dopo uno scambio di messaggi avevano deciso di incontrarsi e si sono visti per la prima volta a Senigallia. Lei è arrivata con una amica e anche lui si era portato un amico, quello che poi gli avrebbe retto il gioco. La relazione è durata fino ad ottobre del 2021. In più tranche la 54enne gli avrebbe dato il denaro, rassicurata anche dall’amico del suo innamorato che le raccontava che aveva visto delle brutte persone prenderlo a botte. “Ho visto che lo picchiavano”.
Quando le richieste di denaro sono aumentate, perché il 50enne una volta le ha detto che aveva avuto i ladri in casa e il denaro che lei gli aveva dato se lo erano portato via, e un’altra volta gli aveva dato da intendere che era stato derubato perfino di una collana d’oro, un regalo di lei, la donna si è insospettita. Del furto il 50enne non aveva fatto denuncia e nemmeno per gli usurai l’imputato si mai era rivolto alle forze dell’ordine. La falconarese ha iniziato a rivolere il denaro indietro ma l’innamorato prendeva tempo po è sparito così lei ha sporto denuncia. Il processo è in corso davanti alla giudice Maria Elena Cola dove la vittima, parte civile con l’avvocato Edoardo Massari, è stata già sentita e ha raccontato tutta la vicenda. La discussione è stata fissata per l’8 ottobre. I due imputati, che respingono le accuse, sono difesi dagli avvocati Stefano Parma e Nicolò Durzi del foro di Rimini.
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