““Se vuoi la pace, prepara la pace”

““Se vuoi la pace, prepara la pace”




““Se vuoi la pace, prepara la pace”

Questa mattina (domenica 3 novembre) si sono svolte le celebrazioni della Città di Santarcangelo per il IV Novembre, Giornata dell’unità nazionale e delle forze armate, alla presenza della autorità civili e militari, compreso il Vice Prefetto Fiorangelo Angeloni, e di un pubblico numeroso.

Questo il discorso pronunciato dal sindaco Filippo Sacchetti: “Il 4 Novembre, oltre a ricordare la fine di quella grande tragedia che fu la Prima Guerra Mondiale, celebriamo la Giornata dell’Unità Nazionale e delle Forze Armate, che oggi sono qui presenti e che ringrazio per aver risposto al nostro invito, insieme alla Polizia locale, alle associazioni combattentistiche e alle autorità civili, compreso il Vice Prefetto Fiorangelo Angeloni. Credo sia giusto, in occasione di ricorrenze come questa, non appiattirsi sulla retorica, ma farsi delle domande, interrogarsi sul vero significato di una celebrazione per darle il pieno valore che merita. Dedicare un momento di riflessione alle Forze Armate significa ringraziarle per il pregiato lavoro che svolgono quotidianamente, spesso lontano dai riflettori. Un impegno che le vede protagoniste come forze di pace nell’ambito di operazioni di peacekeeping in alcuni tra i principali teatri di guerra del mondo, oppure all’interno dei nostri confini a supporto delle forze dell’ordine o, ancora, della cittadinanza civile in occasione di grandi eventi calamitosi che purtroppo, sempre più spesso, si verificano nel nostro Paese e non solo”.

Ancora Sacchetti: “In questi giorni, in particolare, il pensiero va alla città di Valencia, colpita da una tragedia che ci tocca molto da vicino: a tutte i morti dell’alluvione spagnola va il cordoglio della città di Santarcangelo, insieme alla nostra solidarietà per chi ha perso le persone care. In un Paese democratico come l’Italia che “ripudia la guerra” per Costituzione, il ruolo delle Forze Armate “in tempo di pace” è tutt’altro che semplice o banale: perché la pace dev’essere il nostro orizzonte sempre, non possiamo né vogliamo immaginare di dover combattere una guerra a meno di un secolo dall’ultima. Eppure intorno a noi il mondo va in un’altra direzione. E, quindi, forse, è proprio su questo che oggi viene messa alla prova quell’Unità nazionale a cui fa riferimento questa ricorrenza: siamo davvero uniti, come Paese, sul ripudio della guerra come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali?”.

“Seguiamo con apprensione queste due guerre – ha detto il sindaco – ma ormai ci siamo dimenticati la Siria, lo Yemen e il Sudan, senza considerare Paesi dilaniati da scontri tra gruppi armati e uccisioni di massa come il Myanmar, il Messico e la Nigeria, il Brasile, la Colombia e Haiti, solo per citare gli scenari peggiori secondo l’Indice già citato. A questo punto arriviamo alla domanda più difficile: cosa possiamo fare noi? Come è possibile, se è possibile, incidere su queste situazioni che causano quotidianamente sofferenza e morte? Per le guerre in corso, ci dice ancora Oxfam, possiamo chiedere ai nostri decisori “un maggiore impegno in soluzioni diplomatiche in linea con il rispetto del diritto umanitario internazionale e dei diritti umani”. Perché “senza giustizia la pace è sempre fragile, e una pace fragile può essere causa di un nuovo conflitto. È altrettanto importante, aggiungo io, che le singole persone come noi alimentino quotidianamente un discorso di pace, facendo sentire il proprio supporto a chi lavora in questa direzione, partecipando a iniziative pubbliche e facendo sentire la propria voce anche online”.

“La pace infatti è soprattutto cultura, una cultura che esclude a priori il possibile ricorso alla violenza e al conflitto come opzioni praticabili per il superamento di divergenze che, com’è normale e giusto che sia, caratterizzano la vita pubblica di ogni paese democratico. “Si vis pacem, para bellum”: “Se vuoi la pace, prepara la guerra”, dice una celebre massima latina che è stata parafrasata in mille modi, ma sempre con l’idea che per vivere in pace ci si debba armare fino ai denti. Dopo un anno di guerra a Gaza, due anni e mezzo di guerra in Ucraina, di fronte agli innumerevoli conflitti in corso che non ho potuto citare uno per uno, mi piacerebbe che si prendesse un po’ più in considerazione la versione pacifista di questa massima: “Se vuoi la pace, prepara la pace”. Perché la versione originale, diciamo, non ha dato grandi frutti fino a oggi, quindi sarebbe interessante provare a cambiare strada, se non altro per vedere l’effetto che fa. Questo mi auguro e ci auguro: continuiamo a coltivare la pace”.


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www.riminitoday.it è stato pubblicato il 2024-11-03 12:31:10 da


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