Era a Rimini nel pomeriggio del 31 dicembre Muhammad Abdallah Abd Hamid Sitta, il 23enne egiziano che poche ore dopo avrebbe accoltellato quattro persone lungo le strade di Villa Verucchio prima di essere fermato dal luogotenente dei carabinieri Luciano Masini costretto ad esplodere 12 colpi con la pistola d’ordinanza per bloccarlo mentre brandiva un coltello con una lama da 22 centimetri. In un filmato il nordafricano compare in evidente stato confusionale mentre, nei pressi della moschea di corso Giovanni XXIII, pregava con una misbaḥah, la collana da preghiera. Lo sguardo perso nel vuoto e il fatto che non rispondesse alle sollecitazioni esterne fa pensare che il giovane fosse già in preda a una crisi psicotica e, dopo il ritrovamento di uno psicofarmaco nelle disponibilità del giovane, avvalorerebbe la tesi che abbia agito in preda a un raptus. Un quadro, quindi, che tenderebbe ad escludere l’ipotesi che Sitta possa aver scatenato il caos per motivi religiosi anche se la pista per accertare se appartenesse o avesse legami con l’estremismo islamico o con ambienti radicalizzati.
Nel frattempo, da Roma sono arrivati i parenti del 23enne. Si tratterebbe di uno zio e di un cugino che si sono rivolti all’avvocato Alvaro Rinaldi per essere tutelati. Al momento, tuttavia, la loro identità dovrà essere confermata dalle autorità consolari per permettere al legale di avviare le pratiche necessarie alle loro esigenze. “La loro intenzione – ha spiegato l’avvocato Rinaldi – non è quella di strumentalizzare questa vicenda e mi hanno solamente chiesto di attivarmi affinchè, quando la magistratura rilascerà il corpo del loro famigliare, si possano attivare per farlo ritornare in Egitto. Allo stesso tempo mi hanno chiesto di fare chiarezza su quanto accaduto la notte di capodanno. A loro, infatti, non risulta che Sitta avesse dei problemi di natura psichiatrica e si sentivano con frequenza tanto da non avere sentore delle condizioni mentali del 23enne”.
www.riminitoday.it è stato pubblicato il 2025-01-03 18:39:32 da
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