Solstizio d’Inverno, storie e miti del giorno più breve dell’anno

Solstizio d’Inverno, storie e miti del giorno più breve dell’anno


Toccherà ai più mattinieri, nel 2023, attendere il solstizio d’inverno: più precisamente, bisognerà essere svegli alle 4.27 del 22 dicembre, per assistere al “cuore di tenebra” del calendario. L’inizio della stagione più fredda da cui germoglia nuova luce, celebrato dalle culture di ogni epoca della Storia.

Semplicemente, il solstizio d’inverno è il giorno più corto dell’anno, anche se una tradizione nostrana fa coincidere questo momento con il giorno di Santa Lucia (13 dicembre). Le leggi astronomiche però parlano chiaro: tra il 21 e il 22 dicembre di ogni anno, l’asse terrestre si inclina al punto da raggiungere, nell’emisfero boreale, la massima distanza dal Sole. A volte però le credenze popolari hanno maggiore voce in capitolo nel generare usi e riti tramandati nel corso del tempo.

Basti pensare all’origine della parola: il termine latino solstitium indica un momento in cui l’astro del nostro sistema si ferma. A livello di percezione, esso occupa l’area più bassa dell’orizzonte, e forse è proprio a questo si devono le celebrazioni propiziatorie, come quelle dei Saturnali di età romana, con cui si omaggiava Saturno: il dio del cielo conosciuto anche come Crono, divinità del tempo e, nella lettura di Goya, della vecchiaia che fagocita la giovinezza. I Saturnali, durante i quali si permetteva agli schiavi di riposare, venivano festeggiati dal 17 al 23 dicembre, in un periodo che culminava il 25 dicembre con il giorno della nascita di Apollo (Natalis Solis Invicti), dio del Sole. Significato che, nel Cristianesimo, sarebbe confluito nell’avvento di Gesù, astro dell’umanità. Ancora un mito pagano legato al solstizio è alla base di una nota tradizione: la festa celtica di Yule, nella quale si adornava un caratteristico sempreverde, foriero di nuova vita.

Suggestivo è pure il rito ebraico dell’Hanukkah (la festa delle luci, o dell’inaugurazione) con cui si celebra la riconquista del Tempio di Gerusalemme dai Seleucidi per mano di Giuda Maccabeo, che riconsacrò il tempio scacciando le tenebre della profanazione con l’accensione del candelabro a nove bracci (Menorah). Dall’ordine all’anarchia: nell’antica Mesopotamia il solstizio si consacrava con la festa di Sacaea, durante la quale i ruoli della società venivano ribaltati e si incoronava, per la sola durata della celebrazione, un “re di Sacaea”. Comunque la si veda, il solstizio è fine e principio, luce e ombra e si è radicato nella cultura di massa dando un significato al volgere delle stagioni.


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