Chissà se è mai esistito un tempo in cui le strade palermitane erano lisce come tavole da biliardo. Oppure, se non proprio lisce, quantomeno diverse da quelle odierne, ricamate dai postumi degli scavi e degli eterni lavori in corso.
Fateci caso: non esiste via, marciapiede o piazza in cui non si vedono le cicatrici di precedenti fossi, canali e via dicendo. Certo, c’è anche da dire che la città si è dovuta mettere al passo con i tempi: gli impianti tecnologici di nuova generazione, la fibra ottica, i cavi elettrici interrati e tutto il resto ha dovuto trovare posto in un contesto che originariamente non lo prevedeva.
Però, direte voi: spianare l’asfalto dopo averlo sforacchiato è chiedere troppo? Oppure è normale lasciare solchi, fossi e rappezzi ovunque? Per non parlare della situazione che si viene a creare dopo le (rare) piogge palermitane: come per magia appaiono avvallamenti, buche, scaffe e voragini che fino al giorno prima non c’erano. Risultato: i motociclisti hanno la sensazione di mettere le ruote dentro un binario che devìa capricciosamente il loro percorso, mentre gli automobilisti imprecano tra i denti pensando alle povere sospensioni appena revisionate.
E i pedoni? Quelli, se non guardano bene dove mettono i piedi, rischiano di finire per terra, e non è mancato il caso di qualche passante improvvisamente sparito – come in un cartone animato – dentro una buca sul marciapiede sotto casa. Le conseguenze, naturalmente, possiamo immaginarle e non sempre sono banali. La domanda, a questo punto, sorge spontanea: chi paga? O, per meglio dire, chi ne risponde?
Su questo punto i codici, civile e penale, disegnano itinerari diversi: per quanto concerne la responsabilità civile, la regola è semplice. Il custode di una determinata cosa (nel nostro caso, la strada) è responsabile dei danni che quest’ultima provoca, a meno che non dimostri che si siano verificati per caso fortuito. È il classico caso – di cui sono piene le aule di giustizia – del danno da insidia o trabocchetto.
La Cassazione, dal canto suo, ha posto però una condizione, ribadendola fino al giugno scorso con
un’ordinanza (la n. 16034/23): perché possa parlarsi di insidia occorre che il difetto stradale non sia visibile o prevedibile e che il danneggiato non abbia tenuto un comportamento a propria volta imprudente. Sotto altro profilo, non è da escludere che per le lesioni (o, nei casi peggiori, per la morte) dell’utente della strada possa sorgere la responsabilità penale di chi si occupa della custodia o della manutenzione di quel determinato tratto di strada: lesioni e omicidio colposo sono fattispecie di reato che possono ben sussistere anche nel caso di condotte omissive, cioè consistenti nel mancato intervento o segnalazione di una specifica situazione pericolosa.
Riflettendo su questi basilari principi, però, sorge un dubbio forse paradossale: se per ottenere un risarcimento occorre che l’insidia stradale non sia prevedibile, dovremmo forse concludere che per i palermitani sarà particolarmente difficile vederselo riconoscere, visto e considerato che ognuno sa qual è lo stato di salute delle nostre strade?
livesicilia.it è stato pubblicato il 2024-01-21 07:00:00 da Paolo Grillo
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