Ha tentato di consegnare al figlio detenuto cocaina ed è stata arrestata. Nei guai è finita una sudamericana trovata in possesso di più di 40 grammi di polvere bianca. E’ accaduto all’interno della casa circondariale piacentina nella giornata del 23 luglio durante il colloquio tra la madre e il figlio. La consegna è sfumata «grazie – si legge in una nota del sindacato autonomo Uspp – all’attività info-investigativa coordinata dal Comando della Polizia Penitenziaria della Casa Circondariale di Piacenza, in collaborazione con il Nir ( Nucleo Investigativo Regionale)». Non è la prima volta che i parenti dei detenuti tentano di introdurre dietro le sbarre sostanze stupefacenti.
«Un plauso – prosegue la nota – pertanto va a tutto il personale della Polizia Penitenziaria del carcere di Piacenza che grazie alle attività di osservazione e a quelle info-investigative, già da tempo individua i soggetti esterni dediti all’approvvigionamento e spaccio di stupefacenti». A dare la notizia dell’ultimo arresto è Gennaro Narducci, segretario regionale del sindacato autonomo Uspp che spiega: «Il tentativo di consegna della cocaina (41,90 grammi) non è sfuggito agli agenti che hanno trovato la droga dopo una minuziosa perquisizione. Da quel quantitativo si potevano ricavare più di cento dosi. Non solo, nella cella del detenuto gli agenti hanno anche trovato un cellulare e tre pasticche di Mdma, vale a dire ecstasy. Tutto ciò è stato possibile grazie al fiuto impeccabile della Polizia Penitenziaria che ha svolto come sempre il suo delicato compito con costanza e spirito di abnegazione».
Il sindacalista, a nome di Uspp rivolge «un plauso al personale di Piacenza, che con non poche difficoltà riesce a contrastare l’introduzione di droga e oggetti non consentiti all’interno dell’istituto piacentino pur non avendo una strumentazione tecnologica adeguata e una carenza di personale cronica» e pertanto auspica «che venga loro riconosciuta una adeguata ricompensa ministeriale».
«Il problema dell’ingresso della droga in carcere – prosegue Narducci – è una questione annosa dovuta alla presenza dietro le sbarre di parecchi tossicodipendenti. Da sempre ciò comporta notevoli problemi sia per la loro gestione all’interno di un ambiente di per sé così problematico, sia per la complessità che la cura di tale stato di malattia comporta. Non vi è dunque dubbio che chi è affetto da tale condizione patologica debba e possa trovare opportune cure al di fuori del carcere e che esistano da tempo dispositivi di legge che permettono di poter realizzare tale intervento. Questa potrebbe essere la strada da seguire per togliere dal carcere i tossicodipendenti e limitare sempre di più l’ingresso di sostanze stupefacenti, senza tralasciare tutte le attività di prevenzione, fondamentali nel contrasto di tentativi illeciti e fraudolenti di ingresso e smercio di droghe in carcere».
www.ilpiacenza.it è stato pubblicato il 2024-07-24 00:27:15 da
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