Teodori tra «Libertà vaccinale, contante da tutelare, 5g strumento di co…

Teodori tra «Libertà vaccinale, contante da tutelare, 5g strumento di co…



Elezioni Regionali in Emilia-Romagna: tra i quattro candidati alla presidenza c’è Luca Teodori, 55enne ferrarese, titolare di Partita Iva. È sostenuto dalla lista civica “Lealtà Coerenza Verità” che include una serie di realtà “antisistema”. Nel collegio piacentino la lista è l’unica che non ha presentato candidati del territorio. A Piacenza si potrà indicare soltanto il voto per la presidenza e alla lista, senza esprimere preferenze per l’assemblea regionale. Il giornalista Nicola Maria Servillo di BolognaToday ha intervistato il candidato Teodori per conoscere meglio il suo programma.

  • Cosa l’ha spinta a candidarsi? Quali sono i punti di unione tra i candidati e i volontari della vostra lista elettorale? 

Siamo una vera lista civica, abbiamo raccolto oltre 5.000 firme per poter partecipare a queste elezioni, stanchi del sistema partitico. È importante notare che altri candidati che si definiscono ‘civici’, come ‘Civici con De Pascale’ o ‘Rete Civica per Ugolini’, non hanno dovuto raccogliere firme grazie al supporto di consiglieri regionali, dimostrando così un legame con i partiti tradizionali. Di civico, quindi, hanno ben poco. Noi rappresentiamo veramente cittadini impegnati, completamente distanti dai partiti di sistema. I temi che ci uniscono sono chiari. In primo luogo, il nostro impegno per la pace: siamo tutti fortemente a favore della pace. Un altro tema fondamentale è la libertà di scelta, e ci opponiamo a qualsiasi forma di obbligo vaccinale. Infine, crediamo fermamente nella sovranità, che decliniamo in sovranità monetaria, energetica e alimentare, aspetti che si riflettono in modo concreto nei punti del nostro programma.

  • La sua candidatura mette al centro il tema della sanità, ma con un approccio molto diverso dagli altri. Può approfondire quali sono i vostri punti principali in questo ambito? 

Prima di tutto, non avremmo acquistato ulteriori 500.000 dosi di vaccino Covid. Riteniamo invece fondamentale avviare studi comparativi tra persone vaccinate e non vaccinate, sia in un range pediatrica che in quella adulta, per fare chiarezza sugli effetti a medio e lungo termine dei immunizzazioni Covid. Siamo preoccupati dal fatto che, a nostro avviso, le persone vaccinate potrebbero presentare un maggior numero di patologie nel tempo. Inoltre, crediamo che sia necessario aumentare i fondi per la sanità pubblica, ridurre i tempi delle liste d’attesa e assumere più medici per contrastare la grave carenza di personale che il sistema sanitario sta affrontando. È inaccettabile che si faccia sempre più affidamento su cooperative per coprire le carenze di personale medico. È prioritario anche investire nei servizi sanitari locali, garantendo la piena operatività dei pronto soccorso. Troviamo scandalosa, ad esempio, la proposta di ridurre a mezza giornata l’apertura del pronto soccorso a Scandiano. Riteniamo inoltre essenziale mantenere i punti nascita nei territori, senza ridurre questi servizi fondamentali.

  • Che ne pensa invece dei Cau e del Fine Vita?

I Cau rientrano in quei progetti dell’Agenda 2030 ispirati dalle linee europeiste e supportati dal Pnrr, ma a nostro avviso si tratta di un fallimento. Per quanto riguarda il fine vita, sosteniamo la libertà di scelta per ogni persona. È fondamentale che non ci sia accanimento terapeutico, ma allo stesso tempo ci opponiamo all’idea di un’eutanasia di Stato. Abbiamo visto che nei paesi dove questa pratica è legale, si è verificato un inquietante aumento dei casi di richiesta di suicidio assistito, legati non solo a problematiche mediche, ma anche sociali, economiche e psicologiche. A questo, noi diciamo fermamente no, perché difendiamo il valore della vita.”

  • Passando al tema ambiente, in particolare alle alluvioni, quali errori pensa che il centrosinistra abbia commesso negli ultimi anni? Cosa propone come alternativa? 

Noi proponiamo soluzioni semplici e concrete, come la manutenzione dei corsi d’acqua, la rimozione delle alberature lungo i fiumi, la pulizia degli alvei e la creazione di bacini. Alcuni interventi possono essere fatti rapidamente, altri richiedono una pianificazione a lungo termine, ma è evidente che non c’è stata programmazione. L’anno scorso sono esondati oltre 20 corsi d’acqua tra fiumi e torrenti, e quest’anno le esondazioni si sono ripetute, anche negli stessi punti. Questo non è un caso isolato, ma il segnale di un sistema che è in crisi.

Mentre alcuni Proseguono a scaricare la responsabilità tra governo centrale e regionale, noi ci distinguiamo dai partiti di sistema per le nostre soluzioni. Rifiutiamo la proposta di un’assicurazione obbligatoria per le attività produttive, che porterebbe alla deindustrializzazione di intere aree dell’Emilia e della Romagna. Anche l’idea di assicurazioni obbligatorie per le abitazioni è inaccettabile. Inoltre, respingiamo totalmente la proposta di delocalizzare abitazioni e attività. Stato e Regione devono assumersi la responsabilità di garantire la manutenzione del territorio, non chiedere alle persone di abbandonare le loro case e attività.

  • Per quanto riguarda la cementificazione, il sindaco di Bologna Lepore ha parlato della necessità di rivedere la legge urbanistica regionale, ormai obsoleta. È d’accordo? Quali sarebbero, secondo lei, i punti più importanti da modificare e le novità da introdurre? 

Abbiamo un esempio virtuoso da seguire nella provincia autonoma di Bolzano, dove, nonostante un aumento della gente dal 1960 a oggi, non si è verificato un incremento della cementificazione. Questo territorio ha saputo mantenere un equilibrio tra la crescita demografica e il rispetto per l’ambiente e il territorio. Non dobbiamo cercare modelli esterni, ma piuttosto valorizzare e recuperare il patrimonio immobiliare esistente.

  • Quali sono le sue battaglie principali in tema di mobilità? E come giudica la scelta di Bologna di introdurre la città 30? Ritiene che questo modello possa essere applicato su scala più ampia, magari in tutta la Regione?

Siamo totalmente contrari alla ‘Città 30’, che consideriamo un’assurdità dettata da logiche sovranazionali, mirate a limitare la mobilità delle persone in nome di una presunta riduzione dei consumi di carbonio. Questo fa parte di una strategia di controllo che si spinge oltre il Green Pass, applicando restrizioni basate sui consumi individuali di carbonio, sia attraverso la mobilità che i consumi personali. È una misura che non ha origine né nella nostra regione né nella nostra nazione, ma proviene da direttive europee.

Troviamo inquietante che quasi tutti i partiti di sistema supportino questo progetto. Siamo contrari non solo alla ‘Città 30’, ma anche alle politiche che vessano continuamente gli automobilisti attraverso un eccessivo uso di autovelox e multe, che servono più come tassa occulta che come strumento di sicurezza. Inoltre, ci opponiamo alle restrizioni sulla mobilità basate sulle classi di emissioni dei veicoli Euro 4, Euro 5, Euro 3. È inaccettabile che la Regione Emilia-Romagna penalizzi i proprietari di auto più vecchie con tasse e bolli più elevati, quando il vero problema è la mancata manutenzione del territorio. Proponiamo di abolire tutte queste misure legate alle classi di emissione dei veicoli e alle restrizioni sulla mobilità.

  • Nel suo programma fa riferimento a una “moneta regionale”. Di cosa si tratta e come pensa di implementarla? Che ruolo avrà l’Europa in tutto questo? Nel proprio programma ha inserito la priorità dell’uso del denaro contante, ci spieghi.

La nostra posizione è chiara: il contante deve essere tutelato, proprio come abbiamo criticato l’idea che chi non era vaccinato fosse considerato un pericolo per la salute pubblica. Allo stesso modo, sostenere che chi usa il contante sia automaticamente un evasore fiscale è un’assurdità ideologica. Dobbiamo interrompere questa logica punitiva che limita la libertà individuale. Per noi, il contante rappresenta una garanzia di libertà, e difenderemo con forza questa posizione. La guerra al contante rientra in politiche di controllo globale, come l’idea di una moneta emessa dalle banche centrali, che potrebbe essere soggetta a restrizioni. In risposta, proponiamo l’introduzione di una moneta regionale di base, emessa direttamente dalle Regioni sotto forma di crediti, che potrebbero essere utilizzati per pagare i servizi regionali, come tasse o imposte. Questa moneta sarebbe slegata dalla speculazione internazionale e dagli interessi. Un’idea simile fu pensata da Aldo Moro negli anni ’70 con l’emissione delle 500 lire di Stato, libere dai vincoli della politica monetaria internazionale.

  • Mi faccia capire, questa moneta regionale consiste in dei punti di credito?

La Regione può emettere una moneta o dei certificati che i cittadini e le imprese potranno utilizzare per pagare le imposte e le spese regionali, come il bollo auto o i costi sanitari. Questa moneta regionale sarebbe emessa senza dover pagare interessi, a differenza dell’Euro, per il quale il nostro Stato, avendo ceduto la sovranità monetaria, paga interessi alla Banca Centrale Europea. La Bce, infatti, non fornisce la moneta direttamente agli Stati, ma la distribuisce attraverso banche o istituzioni finanziarie che ne traggono profitto. Questo sistema è parte di un più ampio meccanismo di speculazione finanziaria internazionale. Se non comprendiamo questo funzionamento, è difficile capire perché l’Euro, una moneta a cambio fisso, non riflette adeguatamente la realtà economica del nostro Paese. L’Euro, infatti, risente delle dinamiche speculative che lo regolano a livello internazionale.

  • Cosa proteggerà questa moneta dalla speculazione internazionale?

L’aumento della massa monetaria senza il pagamento di interessi è un tema chiave. Ci viene spesso detto che mancano i fondi per pulire i fiumi o mettere in sicurezza il territorio, ma la verità è che i soldi ci sono. Il problema sta nel fatto che sono loro a decidere come usarli, a decidere su quali interessi pagare, e quale Stato aiutare o meno, come abbiamo visto con la Grecia sotto la Troika. I fondi destinati al Pnrr vengono prioritizzati per la digitalizzazione, lasciando per ultimi settori cruciali come la sanità. Anche per la manutenzione del territorio e la sicurezza dei fiumi si tirano in ballo regole europee e il patto di stabilità, come se non ci fossero risorse. Ma tutto questo è un sistema ideologico che avvantaggia chi gestisce il denaro e trae profitto dagli interessi. Il denaro esiste e viene creato, non è più vincolato come una volta. La decisione su quanta moneta mettere in circolazione è presa dalle banche centrali, che non rispondono a nessun governo. Chi controlla il flusso di denaro ha un potere enorme, totalmente scollegato dal controllo democratico dei cittadini.

  • Parlando di digitalizzazione, a cui lei sembra avverso, vedo che in agenda ha anche la moratoria delle reti 5g. Cosa intende?

Il 5g non è semplicemente un’evoluzione del 4g, ma rappresenta una tecnologia completamente nuova, progettata per gestire enormi quantità di dati, strettamente legata all’intelligenza artificiale, la quale richiede enormi quantità di energia. Ad esempio, l’Islanda ospita molti server di intelligenza artificiale grazie alla sua abbondante produzione energetica, evidenziando l’immenso consumo che queste tecnologie richiedono. L’intelligenza artificiale e il 5g non sono solo strumenti tecnologici, ma elementi che potrebbero essere utilizzati per esercitare controllo e monitoraggio su larga scala.

Di recente, le soglie di esposizione elettromagnetica sono state aumentate, con un incremento esponenziale dei valori. Anche l’intervallo di monitoraggio è cambiato: a livello internazionale, le misurazioni vengono effettuate ogni sei minuti, mentre in Italia il controllo avviene su base giornaliera, il che porta a momenti di esposizione più elevata durante alcune ore del giorno. Questo potrebbe rappresentare un pericolo per la salute pubblica, ma è comunque funzionale alla gestione dei grandi volumi di dati richiesti da queste tecnologie. Il 5g, dunque, non è solo uno strumento per migliorare la qualità del digitale, ma potrebbe essere parte di un sistema di controllo delle persone. Invece di espandere ulteriormente il digitale, dovremmo cercare di tornare a un maggiore contatto umano.

  • E sul tema immigrazione e diritti Lgbt cosa proponete?

Sull’immigrazione clandestina, riteniamo che stia diventando un problema sempre più serio. Negli ultimi anni, la Regione ha aperto più centri per accogliere migranti, mentre alcuni pronto soccorso sono stati chiusi, con conseguenze negative evidenti. Inoltre, stiamo assistendo a un aumento della criminalità legata a questo fenomeno, un tema che viene evitato perché si preferisce concentrarsi sull’estensione del diritto di voto e della cittadinanza, con potenziali conseguenze politiche rilevanti, specialmente in un sistema elettorale maggioritario come il nostro. Anche l’Emilia-Romagna è diventata un crocevia per lo spaccio e vi sono aree del territorio dove i cittadini si sentono sempre più insicuri.

Per quanto riguarda la libertà, la sosteniamo in ogni ambito, inclusi i diritti individuali e l’affettività delle persone adulte, che devono poter vivere le proprie scelte sessuali in piena libertà. Tuttavia, siamo contrari alla diffusione dell’ideologia Lgbt e gender nelle scuole, specialmente quando si tratta di temi come la fluidità sessuale, la propaganda sull’utero in affitto o l’uso di farmaci per interrompere la pubertà. Riteniamo che questi argomenti debbano riguardare esclusivamente gli adulti e che non debbano entrare nelle scuole. Vogliamo trasparenza sui corsi finanziati dalla Regione Emilia-Romagna e pretendiamo che le famiglie siano informate e diano il loro consenso.

  • Vi opponete solo ai temi Lgbt o anche all’educazione sessuale in generale?

Dipende dall’età, ho sentito di corsi per la masturbazione fatti a bambini di 5 anni, ecco un conto è farli a degli adolescenti, un altro è farlo alle scuole materne.

  • Il tema della sicurezza nelle città è molto sentito dai cittadini. Come può la Regione contribuire in modo concreto? 

Una delle prime misure che riteniamo fondamentali è sostenere le attività commerciali locali. La presenza di negozi non solo favorisce l’economia, ma contribuisce anche alla socialità e al miglioramento dell’ambiente urbano. Purtroppo, il commercio tradizionale viene spesso penalizzato e stigmatizzato, come se i commercianti fossero automaticamente associati all’evasione fiscale. Negli ultimi anni, circa il 25% delle attività commerciali ha chiuso i battenti in Emilia-Romagna, una regione che dovrebbe essere prospera. Questa tendenza è iniziata nei piccoli centri ma si è estesa anche alle città più grandi, come Bologna, Reggio Emilia, Modena e Ferrara. Crediamo che la presenza di un negozio aperto, con una vetrina illuminata, non sia solo una questione economica, ma contribuisca anche alla sicurezza e alla vitalità delle città. Anche un gesto semplice come mantenere vive le attività commerciali può avere un impatto significativo sulla comunità.

  • La crisi abitativa è una questione importante. Quali provvedimenti ritiene necessari per affrontarla in modo efficace?

Sul fronte abitativo, non c’è bisogno di inventare nulla di nuovo: nella Prima Repubblica, subito dopo la Seconda Guerra Mondiale, fu attuato un grande piano casa che permise di costruire oltre 350.000 abitazioni. In alcuni periodi, si riusciva a realizzare 2.000 case a settimana, coinvolgendo 40.000 lavoratori. Questo dimostra che, se è stato possibile allora, lo è anche oggi. La carenza di fondi è solo una scusa. Quando si investe in opere reali e concrete, come case o infrastrutture, ciò non provoca inflazione. L’inflazione cresce solo quando la produzione di beni diminuisce e aumenta la massa monetaria. Ma se utilizziamo il denaro per produrre case, per migliorare la produzione industriale e mettere in sicurezza il territorio, non facciamo altro che creare lavoro e benessere.

Intervista a cura di Nicola Maria Servillo (BolognaToday)


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www.ilpiacenza.it è stato pubblicato il 2024-11-05 06:00:00 da


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