“Nel libro c’è tutto il portato, il vissuto che poi ci ha condotto a fare quello che abbiamo fatto in Liguria. In sostanza è un libro binario, che racconta quello che la politica ha saputo fare in Liguria e perché ha saputo farlo, e quello che la politica non ha saputo fare nel resto d’Italia e perché talvolta ha guardato anche con una certa antipatia la Liguria”. Così Giovanni Toti ha concentrato il senso di Confesso: ho governato alla presentazione del libro tenutasi ieri in un terminal crociere al completo. Introdotta dall’assessore uscente Giacomo Giampedrone, l’iniziativa ha visto il vice direttore del Giornale, lo spezzino Francesco Maria Delvigo, intervistare l’ex presidente, le cui parole si sono alternate con quelle del collega e amico Paolo Liguori. Riferendosi all’inchiesta, Toti ha detto che “quest’estate è stato clamoroso perché per la prima volta, con la politica che fischiettava, i magistrati hanno scritto nero su bianco che il loro pre-giudizio su un eletto vale più del voto popolare”, affermando altresì che “quello che è successo, è successo perché secondo me c’è stata una politica che stava un po’ sulle balle a tutti… è stata una rivoluzione”; e sempre in riferimento all’operato politico dei suoi mandati, ha osservato: “Non abbiamo detto quello che la gente vuole sentirsi dire, ma quello che ritenevamo utile per tutti. Ai cittadini bisogna cominciare a dire una cosa molto semplice e in questa regione glielo abbiamo detto; un qualcosa che non ho ancora sentito dire a un politico né del mio né di altro schieramento, e che è la cosa più semplice del mondo, cioè: non esiste il diritto, sacrosanto, a vivere in un’Italia migliore, senza contribuire al dovere di costruirla”. Per Toti, “quando la politica imparerà che non sempre la soluzione facile è quella giusta e che non sempre trovare il colpevole, che è la via più facile, risolve la situazione, probabilmente sarà una politica che comincia a fare quello che è stato fatto in Liguria prendendosi delle responsabilità e, come evidente in questa storia, anche qualche sonoro schiaffo”. Assicurando l’ex gov che “dovessi rifare tutto, lo rifarei uguale, identico”. Nella folta platea venuta ad ascoltarlo, l’ex presidente regionale Sandro Biasotti, l’onorevole Ilaria Cavo, volti di primo piano della rappresentanza del mondo economico quali l’ex presidente degli Agenti marittimi spezzini, Giorgia Bucchioni, il presidente di Confindustria La Spezia, Mario Gerini, il direttore di Confindustria e dell’Ance spezzina, Paolo Faconti, e ancora numerosi amministratori di area arancione e naturalmente i familiari dell’ex presidente. “Io prendo tutto positivamente, nella vita bisogna anche saper relativizzare – ha detto ancora l’ex numero uno dell’amministrazione regionale -. Credo però di aver vissuto personalmente una cosa ingiusta, che la mia famiglia abbia subito un male ingiusto. E l’ha vissuto anche questa regione, perché si è interrotto un percorso, che può piacere o meno, ma i numeri parlano da soli; la rivoluzione che abbiamo fatto è qualcosa che questo territorio poche volte aveva vissuto prima. Ad ogni modo, quando ti succede qualcosa di questo tipo, ci resti male, quindi ti rimbocchi le maniche, fai un esame di coscienza – io ne ho fatti mille e credo di non aver fatto nulla di sbagliato nel mio agire – e poi ti guardi intorno e dici: ci risolleveremo, come si sono risollevate generazioni che hanno vissuto cose peggiori”.
La platea del terminal crociere
Parlando poi del patteggiamento, l’ex presidente si è soffermato sul concetto di assunzione di responsabilità, “io le mie, la magistratura le sue – ha detto -. Le mie erano quelle di dimostrare a chi mi ha dato fiducia per nove anni che lasciavo la guida della Regione molto più povero di prima di fare il governatore; che nessuno ha mai preso un soldo, né da imprese né da altri, che non sia stato registrato e usato per fare attività politica in Liguria; che nessuno si è arricchito, e questo la procura ha dovuto riconoscerlo; così come è stato riconosciuto che gli atti delle nostre amministrazioni erano legittimi; anzi, in alcuni casi dovuti e troppo a lungo attesi”. Andando poi alle toghe, Toti a queste ha riferito l’essersi presi “la responsabilità di andare a un patteggiamento nel quale siamo passati da Sodoma e Gomorra a qualcosa che assomiglia a un litigo tra bambini dell’asilo, allo scappellotto della maestra”. E ha proseguito: “C’è poi un convitato di pietra, che fischiettava guardando dall’altra parte, e questo è intollerabile: è la politica. Perché una serie di leggi che questa politica ha fatto mettono la magistratura nelle condizioni di interpretare come crede e la politica di giustificarsi come può. Discussione questa che non credo vada fatta in un’aula di tribunale, dove ci sarebbero due attori non protagonisti – i magistrati e un amministratore – che recitano su una bruttissima sceneggiatura scritta da altri, che stanno a guardare. Alcuni esempi: la maggior parte dei reati introdotti con le riforme del governo Monti, ministro Severino, sono tutte leggi di contesto, che sono le leggi per cui abbiamo patteggiato. Non sono leggi che dicono, ad esempio:
Firmacopie
Così poi sul tema del finanziamento pubblico ai partiti: “Io sono contrario – ha affermato -. La democrazia prevede che il cittadino voti e scelga un partito sulla base delle sue convinzioni e delle sue convenienze. La democrazia è un grande voto di scambio delle categorie, che ascoltano i progetti dei politici e scelgono chi votare. Tu non prendi i soldi dalle mie tasse per finanziare, faccio un esempio, Ferruccio Sansa, perché io non glieli voglio dare, voglio darli a Giampedrone: posso scegliere di dargli il mio voto e anche i miei soldi? E se uno non raccoglie soldi vuol dire o che non ha chance o che il programma non piace. Quale è il limite del controllo che la magistratura può avere sulla raccolta fondi della politica? E’ semplicissimo: controllando la legittimità degli atti – non puoi finanziare Toti e ottenere che un terreno non edificabile diventi tale: questo è un reato – e la trasparenza dei finanziamenti”. Non è poi mancato un passaggio sul processo per la vicenna Open Arms che vede imputato Matteo Salvini: “Premesso che processare per rapimento su una fattispecie del genere è qualcosa di surreale, in ogni caso hanno sbagliato il rapitore, perché Salvini arriva sul ‘luogo del delitto’ molto dopo”. Infine, a chiudere l’iniziativa, è salito sul palco per un saluto il noto giornalista Amedeo Goria.
www.cittadellaspezia.com è stato pubblicato il 2024-10-20 15:37:02 da
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