di Stefano Di Cecio
PISTOIA – Si tratta di un giallo perché c’è un omicidio, ma racconta molto altro. Si potrebbe sintetizzare così il nuovo libro di Alberto Vivarelli “Fratelli di sangue” (Phasar Edizioni), un romanzo che lo stesso autore ha definito “corale” perché prende spunto da un fatto per parlare di una intera comunità. L’opera ha come protagonisti Luca, Roberto e Tecla. I tre rappresentano personalità diverse fra loro ma sono legati da una fortissima amicizia; un piccolo branco di lupi che si protegge a vicenda fin da quando sono nati in un borgo della Foresta dell’Acquerino, tutti e tre nel giro di una settimana.
L’occasione di parlarne è stata la presentazione del romanzo nella sala soci Coop di Pistoia nel corso della quale l’autore ha conversato con Marco Leporatti presidente della sezione soci e con il pubblico.
Leporatti ha chiesto come possano legarsi i linguaggi, apparentemente diversi fra loro, quello del giornalista e quello del narratore.
“Il giornalismo è rigore – ha spiegato l’autore -, è un mestiere che deve rispettare le regole, costretto a muoversi in ambiti rigidi. Perfino l’uso degli aggettivi deve essere ridotto all’indispensabile perché possono caratterizzare il pensiero del cronista. La narrativa è libertà, è esprimersi in campo aperto”.
Vivarelli è al suo terzo romanzo e in ognuno, ha ricordato Leporatti, i luoghi sono descritti con dovizia di particolari.
“Ritengo si debba scrivere di luoghi che si conoscono, dove si è vissuto – ha detto l’autore -, perché solo così si riesce a raccontare l’anima dei luoghi e delle persone. Attingendo, quanto più possibile a vicende vere”.
Vivarelli ha poi spiegato che per far conoscere “da dentro” i personaggi dei suoi libri si è dedicato molto allo studio della fisiognomica, a come il corpo cambia in base alle emozioni.
C’è un personaggio preferito fra Luca Roberto e Tecla?, ha chiesto Leporatti.
“No, anche se mi sento più vicino a Roberto – ha svelato -. Non è stato facile entrare ‘nella testa’ dei tre personaggi e ragionare come loro stessi avrebbero fatto, intrecciando le diverse storie. Tra loro, ma in particolare tra Luca e Roberto, esistono elementi di contrasto, ma le loro storie sono legate alla stessa storia italiana e in particolare a quegli anni settanta che furono connotati dalla sensazione che il cambiamento o meglio ‘la rivoluzione’, fosse possibile. Era un Italia diversa da quella di oggi, le profonde differenze sociali fra nord e sud accolsero il movimento del 68 parigino come una speranza di ‘liberazione’. Le molte riforme effettuate in quegli anni, frutto anche delle mobilitazioni di massa che ci furono, non hanno mai avuto uguali negli anni successivi. Con il passare degli anni le cose sono cambiate ma i sentimenti emozionali e politici restano e hanno formato le persone che l’hanno vissute”.
Nel libro c’è un capitolo dedicato alla strage di Bologna del 2 agosto 1980. Vivarelli ha spiegato come gli sia stato difficile raccontare i fatti limitandosi alle informazioni di allora, senza farsi influenzare da tutto ciò che è stato scoperto successivamente. E proprio nel capitolo dedicato alla strage, l’autore ha affidato a un 17enne il dramma vissuto nel capoluogo emiliano. Una testimonianza straziante, ma che apre il cuore alle speranza: qualsiasi cosa ti accada nella vita, hai sempre una seconda possibilità. Nel libro si percepisce l’alito della nostalgia che muove l’autore, ma anche la commozione nel raccontare.
“Tutti hanno la possibilità di ricostruire la propria vita, trovando il coraggio di affidarsi agli altri, al loro amore, però, non alla loro commiserazione o al pietismo. In questo libro sono espressi tre sentimenti: l’assenza che può essere colmata in tanti modi: io ho scelto di scrivere; la nostalgia che è una forma resa e il rimpianto per le occasioni perse, per ciò che non abbiamo potuto o voluto fare, un sentimento che ognuno di noi si porta dentro per l’intera vita sapendo che non potrà mai porre rimedio”.
Leporatti ha poi fatto riferimento a una canzone contenuta nel trailer di presentazione del romanzo: “La sera dei miracoli” di Lucio Dalla, per chiedere a Vivarelli quale fossero le “sue” sere dei miracoli.
“La prima il 25 gennaio 2017, per un miracolo atteso, ma che non è avvenuto, le altre due quando sono nati i miei figli, momenti di felicità allo stato puro”.
“Fratelli di sangue” è un romanzo che ha delle assonanze con “Quattro cani per strada” contenuta nell’album Rimmel del 1975: “E la strada è già piazza e la sera è già notte, Se ci fosse la luna, Se ci fosse la luna si potrebbe cantare, Si potrebbe cantare…”
0 Comments