SORANO. Nel 1961, l’intera frazione di Montevitozzo contava più di seicento abitanti. Oggi sono rimasti 114, forse qualcuno in più o in meno. Perché l’ultimo rilevamento risale al 2011.
Una frazione, quella che si trova nel comune di Sorano a 12 km dal capoluogo, che si suddivide in tanti piccoli microcosmi: Casa della Fonte, Casella, Cerretino, Le Capannelle, Le Porcarecce, Il Poggio, Ronzinami, le case sparse di Greppo della Lisa, il Poggetto e Marcelli.
I giovani, in tanti, se ne sono andati. Vivono a Grosseto o hanno cambiato regione e si sono trasferiti nel Lazio, più vicino da raggiungere rispetto al capoluogo della Maremma. Ma il 5 gennaio sono tutti a Montevitozzo, per portare avanti una tradizione che il passare del tempo non ha cancellato. Quella dei “Befani”. Al maschile, perché tradizionalmente, ad andare di casa in casa a fare la “questua” il giorno prima dell’Epifania, erano gli uomini.
Un po’ di lana per fare le parrucche, qualche trucco, i vestiti vecchi e cenciosi, una chitarra, un tamburello e una fisarmonica. E la voglia di stare insieme, di continuare a sentire quel senso di comunità, di uno e tutti, che si respira in quei paesi dove ci si conosce tutti per nome, cognome e soprannome.
I “Befani” di Montevitozzo portano avanti tutto questo. Vanno di casa in casa per far festa alla «povera vecchiarella che c’ha una figlia tanto bella che si vole marità», mangiano e bevono a ogni sosta, riprendono la strada, riportano calore e allegria alle persone – ormai poche – che sono rimaste a vivere nel borgo.
Prima che la tradizione dei befani prendesse piede a Montevitozzo nella forma in cui la conosciamo ancora oggi, il canto della befana era una nenia: la comitiva non si fermava nelle case dove era morto qualcuno e dove ancora si portava il lutto e nemmeno dove c’erano i malati. Poi, con gli anni, i befani hanno cominciato a cambiare registro: il canto è diventato una festa.
IL VIDEO
La questua per la Befana e la sbraciata nella notte
Una tradizione, quella dei montevitozzini, che si ripeterà puntuale domenica 5 gennaio al calar del sole. Giorgino vestirà i panni della befana, Manuela quelli del befano. Insieme a loro ci saranno tutti i giovani e meno giovani che vivono nel borgo e quelli che dalla città salgono in paese per portare avanti la tradizione.
Una tradizione che gli abitanti del borgo conservano con amore e orgoglio. A ogni sosta c’è qualcosa da mangiare e da bere. E al panieraio, i padroni di casa danno un dono da cucinare la notte stessa o al massimo il giorno dopo.
Lida prepara i bomboloni, Rita invece mette sul tavolo tutte le prelibatezze di maiale preparate durante l’anno. Il giorno dopo, a pranzo, quello che è stato messo nel paniere – uova, salsicce, vino, carne – veniva cucinato a casa di Gabriella e Mario.
Oggi ci sono le loro figlie a cantare la Befana e il braciere viene acceso il giorno dopo nei locali del dopolavoro. O la notte stessa, se lo stomaco lo richiede. Una festa, per Montevitozzo, più sentita del Natale. La festa di quando, per una notte, il paese diventa un’unica famiglia.
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www.maremmaoggi.net è stato pubblicato il 2025-01-05 07:46:27 da Francesca Gori
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