ucciso per mano di un boss di mafia

ucciso per mano di un boss di mafia



CATANIA – Una stele a ricordo di Renato Caponnetto. Vengono i brividi a raccontarlo: ancora di più a ricordare la storia, cruenta e anche per questo inaccettabile, dell’imprenditore paternese. Ucciso senza alcuna pietà da balordi che eseguirono, otto anni fa, una una sentenza di morte emessa dal boss mafioso Aldo Carmelo Navarria.
Quello della stele è un gesto che restituisce la necessità della memoria. Che conferma l’urgenza del continuare a contrastare la criminalità organizzata. Che diventa simbolo di speranza tra trasferire alla nuove generazioni. Verrà posta in un luogo visibile tra le campagne dove Renato Caponnetto venne barbaramente ucciso.

L’omicidio di Caponnetto

Quello che è accaduto a Renato Caponnetto, fatto fuori contemporaneamente da tre sicari, lo racconta con una narrazione che non lascia spazio ad alcuna interpretazione, il magistrato Sebastiano Ardita nel suo ultimo scritto “Al di sopra della legge”:
Lo presero dalle braccia costringendolo a sedersi su di un poggiolo di pietra lavica posto all’interno della abitazione e lo tenevano fermo. Navarria gli diede tante di quelle percosse che le guance sanguinavano le gli occhi erano gonfi. Renato gridava. L’altro aveva le mani piene del sangue di Renato e andò a sciacquarsele; mentre si lavava Renato ripeteva che lo poteva anche ammazzare ma lui non lo aveva tradito…gli avevano legato le mani dietro la schiena con un filo della luce. Navarria ordinò di spogliarlo dei vestiti, per cui rimase con calze e mutande. Dopo lo fece mettere terra in ginocchio. Prese un filo della luce e glielo legò al collo facendogli due giri; iniziò a stringere, ma Renato era intontito e nemmeno gridava aiuto o reagiva. Dopo un pò vide che ancora non moriva…Cadde a terra. Mentre era a terra andò a prendere una subbia da muratore, uno scalpello d’acciaio appuntito, e glielo mise tra il collo e il filo, cominciando a girare per stringere il nodo al collo“.
Una narrazione cruenta che si completa con il corpo del povero Renato arso in aperta campagna sotto il peso di decine di copertoni.

L’iniziativa di Libera Impresa

I familiari di Caponnetto, tra cui la sorella Maddalena, e l’associazione anti-racket Libera Impresa in questi anni hanno condotto una battaglia morale affinché la storia di Renato potesse essere testimonianza utile alla causa della lotta alla mafia.
“L’esempio di un uomo, di un imprenditore coraggioso che con il suo coraggio e la sua determinazione pensava che ribellandosi sarebbe riuscito ad uscire dai soprusi mafiosi – spiega il presidente di Libera Impresa, Rosario Cunsolo -. Oggi grazie alla famiglia, all’associazione che li sostiene e soprattutto all’impegno del sindaco, finalmente ci una stele a suo ricordo”.
Nel frattempo, familiari e associazione stanno conducendo un’altra battaglia: quella per il riconoscimento di “vittima innocente di mafia”.

L’impegno delle istituzioni

Una stele che ricadrà in territorio di Belpasso. Il primo cittadino, Carlo Caputo, non si è tirato indietro ed ha sposato immediatamente la causa: “La crudeltà che leggiamo sui verbali dei processi – dice il sindaco – è davvero raccapricciante, leggendo della morte di Caponnetto ho provato un senso di angoscia. Dare memoria di quest’uomo alle future generazioni e continuare a combattere chi adopera metodi mafiosi è un nostro dovere”.

Otto anni dopo

Dal giorno dell’omicidio, era l’8 aprile del 2015, di tempo ne è passato. Quello che resta è un forte senso di ingiustizia e impotenza. Ma è da gesti apparentemente quasi banali, come quello del posizionare una stele, che può fortificarsi la consapevolezza che non tutto è perduto.


L’articolo ucciso per mano di un boss di mafia
livesicilia.it è stato pubblicato il 2023-09-10 06:01:00 da Anthony Distefano


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