Si torna a parlare di diritti civili e in particolare di matrimonio egualitario, con il nuovo quesito referendario depositato per abrogare alcuni commi della Legge Cirinnà del 2016 che regolano le unioni civili tra persone dello stesso sesso. L’obiettivo, almeno nelle intenzioni dei promotori, sarebbe quello di equiparare il più possibile i diritti delle coppie omosessuali a quelli delle coppie sposate. Ma non mancano le critiche e i dubbi, anche da parte della comunità LGBTQ+.
A esprimere un giudizio netto è Marco Antei, presidente di Arcigay Imperia, che definisce il quesito ‘ambiguo, rischioso e illusorio’. “Innanzitutto – spiega Antei – viene chiamato ingiustamente referendum per il matrimonio egualitario, ma non lo è. La Costituzione italiana non prevede questo tipo di accesso diretto al matrimonio per le persone LGBTQ+: si tratta invece di un referendum abrogativo per cancellare alcune postille della legge sulle unioni civili. Se anche si raggiungesse il quorum, non avremmo il matrimonio egualitario, ma delle unioni civili un po’ più simili al matrimonio. Rimarrebbero comunque due istituti diversi”.
Antei esprime perplessità sia sul contenuto che sul metodo scelto dai promotori dell’iniziativa: “È un referendum costruito male. Non tutti sono d’accordo che questo sia il risultato da ottenere. Se mi dici che fai un referendum per il matrimonio egualitario e poi scopro che non lo è, resto deluso. Anche io sono combattuto: è giusto togliere le differenze tra i due istituti, ma così facendo non si ottiene ciò che viene promesso. E c’è un altro problema: è molto difficile che si raggiunga il quorum. E se fallisse, il messaggio che passerebbe è che in Italia non interessa nulla dei diritti delle persone LGBTQ+. Un boomerang”.
Il presidente di Arcigay Imperia critica anche la mancanza di confronto con le associazioni storicamente attive su questi temi: “Questa proposta è stata fatta senza intavolare alcuna discussione con Arcigay, Famiglie Arcobaleno o altre realtà. Non è che ci debbano necessariamente sentire, ma forse sarebbe uscito qualcosa di più efficace. Il matrimonio egualitario è uno degli obiettivi fondamentali del movimento LGBTQ+ in Italia. Ci metterebbe al pari dell’80% dei Paesi europei e di tutti quelli dell’ex Europa occidentale. Ma questa non è la strada giusta”.
Antei evidenzia anche le disparità ancora presenti tra unioni civili e matrimonio, non solo sull’adozione, ma anche su aspetti giuridici meno noti: “Chi è unito civilmente non può adottare il figlio del partner (stepchild adoption), né accedere all’adozione piena. Ma ci sono anche differenze nei procedimenti penali. Se il mio partner fosse incarcerato e io testimoniassi il falso, non godrei delle stesse attenuanti di un coniuge. E se lo uccidessi, rischierei una pena inferiore rispetto a un coniuge eterosessuale. La discriminazione, a volte, va in entrambe le direzioni. Paradossalmente, il divorzio è più semplice in un’unione civile, e anche per questo molti eterosessuali sarebbero favorevoli all’equiparazione dei due istituti”.
Infine, un commento sull’attualità e sulla recente elezione del nuovo pontefice, Papa Leone XIV: “Pensavo che non sarebbe cambiato nulla per i diritti LGBTQ+ e le sue parole sulla famiglia tradizionale lo hanno confermato. Il suo predecessore era meno progressista di quanto si credesse: dietro a belle parole restava la dottrina cattolica. Questo Papa, già da cardinale, ha detto più volte che non si possono benedire le coppie omosessuali. Di recente ha anche salutato con entusiasmo le associazioni pro-vita a Roma. Per noi non cambierà nulla, meglio continuare a dialogare con le chiese protestanti come la Valdese, nostra alleata da oltre dieci anni”.
Per Antei, insomma, la vera sfida è politica e culturale, e il referendum – così concepito – non è la strada migliore per raggiungere l’obiettivo della piena uguaglianza.
0 Comments