A Roma il congresso nazionale dell’Associazione matrimonialisti italiani. Il presidente Gassani: «Codice rosso è fallimentare. Aumentare le pene non serve,occorre una nuova cultura»
Nei primi nove mesi del 2022 sono stati registrati 82 femminicidi (71 in ambito familiare, con due vittime su tre che sono state uccise dal partner o dall’ex partner). Nella metà dei casi, le donne assassinate avevano sporto querela: denunce che non le hanno messe al riparo da una tragica fine. I dati emersi nel congresso nazionale dell’Ami (Asscocazione matrimonialisti italiani) raccontano quanto sia necessario rafforzare gli strumenti normativi per frenare la violenza di genere. «Il codice rosso è fallimentare. Manca la protezione reale in favore delle vittime dopo la denuncia: questa è una vera vergogna nazionale» sintetizza il presidente Ami, Gian Gian Ettore Gassani che ha chiamato a Roma per due giorni di confronto i legali che si occupano di separazioni, troppo spesso problematiche.
I relatori
Al dibattito – all’Hotel The Hive – hanno contribuito relatori come l’avvocato esperto di diritto di famiglia Cesare Rimini, il procuratore aggiunto di Roma Michele Prestipino, e numerosi avvocati, magistrati, psicologi, criminologi e giornalisti come Fiorenza Sarzanini, vicedirettrice del Corriere, Adriana Pannitteri, Marzia Roncacci e Roberta Serdoz. Preziose le testimonianze di alcune vittime di violenza intrafamiliare. I dati dimostrano che ogni tre giorni in Italia viene uccisa una donna. Non basta aumentare le pene perché nel 60% dei casi chi uccide una donna poi si uccide.
Il codice rosso
Dal dibattito sono emersi tutti i limiti del Codice Rosso, «una legge a costo zero, come tante, che non ha risolto una piaga nazionale come la violenza in famiglia e di genere, in quanto non ha potenziato i centri antiviolenza e i servizi sociali, e non ha incrementato il numero dei magistrati nella pianta organica» spiega l’Ami. E ricorda che l’Italia «in termini di lotta alla violenza di genere, vera guerra civile, è il fanalino di coda dell’Europa. Mancano i fondi necessari per affrontare questa battaglia. Il nostro è il Paese con il numero minore di magistrati in Europa (in proporzione al numero degli abitanti)».
Gassani: «Non basta aumentare le pene, serve una nuova cultura»
Ma il congresso dell’Ami ha portato gli esperti a focalizzarsi sulle possibili soluzioni da sottoporre al nuovo esecutivo. Proposte che hanno come fine la creazione di una nuova cultura sociale con diversi programmi scolastici che insegnino ai ragazzi come impostare la vita di relazione di coppia sul rispetto e non sulla prevaricazione. «Non si possono combattere i femminicidi limitandosi ad aumentare le pene – afferma Gassani- . Occorre fare molto di più. Il problema è culturale. Abbiamo abrogato dal codice penale il delitto d’amore, ma non dalla cultura di molti uomini. Soltanto il 10% delle vittime di violenza denuncia l’aggressore. Serpeggia fra le donne la sfiducia nella giustizia e questo è un vero dramma del nostro Paese». Gassani ricorda che più «del 50% delle donne, che sono state assassinate negli ultimi cinque anni, avevano denunciato il partner violento. Tali denunce si sono trasformate in condanne a morte. Manca, infatti, la protezione reale in favore delle vittime dopo la denuncia, e questo è una vera vergogna nazionale. Quando i morti non si sentono protette (e in modo immediato) non esiste più lo stato di diritto. Le fiaccolate e le panchine rosse, da sole, non potranno purtroppo fermare la mattanza».
26 novembre 2022 (modifica il 26 novembre 2022 | 19:51)
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roma.corriere.it è stato pubblicato il 2022-11-26 19:52:10 da Carlotta De Leo
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