Ha lasciato il carcere romano di Rebibbia dopo quasi nove mesi Fabio Fiore, 41 anni, presunto sodale del clan Parisi, finito in cella il 26 febbraio scorso nell’ambito dell’inchiesta “Codice Interno” con l’accusa di associazione mafiosa. Il Tribunale del Riesame di Bari ha disposto nel primo pomeriggio di oggi la scarcerazione di Fiore. Inizialmente i giudici del Tribunale della Libertà avevano rigettato l’istanza della difesa ma lo scorso 8 novembre la Cassazione ha annullato quel rigetto confermando i gravi indizi di colpevolezza ma ritenendo cessate le esigenze cautelari. Oggi il Riesame bis ha capovolto il giudizio.
Fiore quindi è tornato libero perché i suoi contatti con il clan sono cessati anni fa e dopo 9 mesi i giudici pensano che non sia necessario tenerlo ancora in cella. Questo, però, non vuol dire che sia venuto meno il sospetto dei magistrati relativo ad una sua partecipazione all’organizzazione mafioso.
Il 41enne, difeso dall’avvocato Rubio Di Ronzo, è ritenuto infatti “estremamente vicino” a Tommy Parisi, il figlio cantante del boss di Japigia Savinuccio, e il suo è considerato “un ruolo concreto di coadiutore di Parisi”, soprattutto con funzione di suo autista. “Approfittava del prestigio criminale conferitogli dalla stretta vicinanza ai Parisi – si legge negli atti – e in cambio era a disposizione dell’intera famiglia, soprattutto per la commissione di incombenze, quali ambasciate, o per attività delittuose pulite, quale le intestazioni fittizie o il riciclaggio tramite i centri scommesse”.
Nel procedimento “Codice Interno”, che ha svelato presunti intrecci tra mafia, politica e mondo imprenditoriale della città, il nome di Fabio Fiore è legato anche alla vicenda delle due vigilesse baresi coinvolte nell’indagine (e per questo licenziate nei mesi scorsi dal Comune) per aver chiesto aiuto al clan, nello specifico a Fiore, dopo aver fatto una multa ed essere state minacciate.
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www.lagazzettadelmezzogiorno.it è stato pubblicato il 2024-11-14 20:34:21 da Redazione online
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