Brindisi, per l’operaio morto nella zona industriale chiesto il processo per i datori di lavoro


BRINDISI – Stava eseguendo lavori in quota, a undici metri e mezzo, sul lastrico solare di un capannone della zona industriale, «senza essere assicurato mediante idonea fune». La Procura di Brindisi ha chiesto il processo per la morte dell’operaio Giuseppe Petraglia, 40 anni, brindisino, padre di due figli, avvenuta lo scorso primo marzo, contestando l’omicidio colposo dovuto a negligenza e imprudenza, nonché all’inosservanza delle norme che disciplinano la sicurezza sul lavoro. Due gli imputati, rispetto ai tre inizialmente indagati per consentire tutti gli accertamenti necessari alla ricostruzione della dinamica dell’incidente mortale: il legale rappresentante della società T&E Multiservice nonché datore di lavoro, Antonio Iaia, 45 anni, di Brindisi, e il legale rappresentante della Cdm trasporti società cooperativa, committente dei lavori, Diletta Carlucci, 35 anni. Stralciata la posizione del direttore dei lavori di cantiere.

Sulla richiesta di rinvio a giudizio del tribunale, deciderà il gup Simone Orazio il 19 novembre prossimo, dopo aver sentito anche i difensori dei due imputati, gli avvocati Giovanni Brigante, Marianna Laguercia e Simona Maniscalco. Parti offese sono stati riconosciuti i familiari della vittima e i figli minori, rappresentanti dagli avvocati Renato Basile ed Eupremio Canario. In occasione dell’udienza preliminare potranno presentare istanza per la costituzione di parte civile ai fini dell’eventuale risarcimento dei danni.

Secondo quanto contestato dal pubblico ministero Pierpaolo Montinaro, i due imputati, in «cooperazione tra loro, anche con condotte indipendenti», cagionavano – per colpa – la morte di Giuseppe Petraglia, dipendente della T&E che quel giorno stava lavorando «senza essere assicurato nella ritenzione, mediante idonea fune di guida da allestire lungo la trave, provvista di appositi fori, realizzata su un apposito giunto di dilatazione termica, congiungente i due capannoni adiacenti e facenti parte del compendio immobiliare». La fune di trattenuta – si legge nel capo d’imputazione – «a sua volta avrebbe dovuto agganciarsi al moncone della cintura di sicurezza rilevata addosso al lavoratore». Per questo, Petraglia precipitò nel vuoto. Il luogo dell’incidente venne sottoposto a ispezione anche con l’ausilio di un drone per consentire le verifiche degli ispettori dello Spesal. Stando alle conclusioni del medico legale Domenico Urso, al quale venne affidato il compito di svolgere l’autopsia, l’operaio morì in pochi minuti a causa di «estese lesioni cranio-encefaliche» in aggiunta a fratture delle costole e del bacino.

Il pm ha contestato nei confronti di Iaia la circostanza di aver mandato l’operaio a eseguire i lavori «senza le dovute precauzioni e protezioni» e a Carlucci il fatto di «non aver verificato l’idoneità tecnico-professionale dell’azienda a cui erano state affidate le lavorazioni e la valutazioni del rischio» e la circostanza di «aver messo a disposizione del datore di lavoro un apparecchio di sollevamento per accedere ai luoghi da cui è precipitato l’operaio, senza adottare misure di prevenzione e protezione dai rischi di caduta dall’alto».

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www.lagazzettadelmezzogiorno.it è stato pubblicato il 2024-11-06 13:46:07 da


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