L’AQUILA- Il centrodestra di Marco Marsilio, di Fdi, costretto a celebrare in quella drammatica giornata del 3 aprile in solitaria il Consiglio regionale nella sala ipogea dell’Emiciclo, e non nella tradizionale sala Spagnoli, occupata dalle opposizioni sul piede di guerra e dai sindacati, alla fine l’aumento a scaglioni dell’addizionale Irpef per far quadrare i conti della sanità l’ha approvato all’unanimità.
Con Forza Italia, Lega e Noi Moderati, e anche parte non trascurabile di Fdi, che però hanno ingoiato il rospo, indorando la pillola da 42,6 milioni di euro di tasse aggiuntive, con i loro emendamenti, “migliorativi”, o “pezze a colori”, a seconda dei punti di vista.
Ma al dì là di tutti gli aggiustamenti che non hanno cambiato la sostanza, si chiede una riforma strutturale, visto che il debito è galoppante e fuori controllo.
In questa ottica durante quel dibattito è stato chiesto e promesso un serrato e immediato confronto di maggioranza per centrare un obiettivo in cui si confrontano due visioni: quella più “interventista” del centrodestra in consiglio regionale guidata da Paolo Gatti, presidente della quinta commissione Sanità di Fratelli d’Italia, e di Lorenzo Sospiri, presidente del consiglio regionale, di Forza Italia, che vogliono ad esempio il pugno duro contro i quattro manager delle Asl da allontanare, ritenuti principali responsabili del disastro e che vogliono chiudere i piccoli ospedale tornati sotto la lente di ingrandimento per la sostenibilità economica rispetto all’utilizzo.
E quella più morbida di Marsilio, di Fratelli d’Italia, e dell’assessore alla Salute, Nicoletta Verì, ex Lega e sua sodale, con il primo che ha difeso a spada tratta i dg considerati tra “i migliori d’Italia e non messi lì dai partiti ma da commissioni di esperti”.
Ii summit di maggioranza non sono però ancora andati in scena, dopo il tavolo di monitoraggio interministeriale che l’11 aprile scorso ha innescato un altro allarme sulla sostenibilità del sistema sanitario abruzzese.
Ma lo scontro è tutt’altro che archiviato, la tensione si taglia a fette anche se serpeggia sotto traccia: ma da fonti della maggioranza si sottolinea che la tenuta o comunque un futuro meno rissoso del centrodestra al potere dal 2019 e riconfermato un anno fa, dipenderà ora da una riforma complessiva del sistema sanitario, che sia davvero incisivo e urgente, per mettere definitivamente in sicurezza i conti di un sistema sanitario che ha un deficit strutturale, che nel 2024 è stato di 180 milioni. Con i conti del 2025 che tendono al fuori controllo.
E nel dibattito, già nella surreale seduta del 3 aprile si sono ravvisate differenze tra la linea del presidente, anche nel suo partito, per voce in primis di Gatti, tornato in consiglio con ben 10.878 voti, secondo in assoluto dopo l’assessore al Bilancio, Mario Quaglieri, con 11.754 voti.
In aula magna Gatti ha riportato in auge il tema incandescente della necessità di chiudere almeno qualcuno dei piccoli ospedali, annunciando riunioni imminenti con al centro appunto “i doppioni, triploni e qualche volta anche i quadruploni”, ovvero i presidi che “non necessariamente danno risposte ai cittadini”, chiedendo “maggiore coraggio politico”.
Questo per evitare che l’anno prossimo, visto che anche nel 2025 il debito va accumulandosi, ci si debba trovare nella necessità di dover ancora una volta mettere le mani nelle tasche dei cittadini, con un ulteriore ritocco dell’addizionale Irpef, o ancora una volta saccheggiando le già esangui casse dei vari dipartimenti regionali. E allora sarebbe davvero una Caporetto politica.
Sinistro messaggio è del resto arrivato dal tavolo di monitoraggio interministeriale a Roma dell’11 aprile, che ha espresso più di una perplessità sull’efficacia del piano di rientro presentato dai tecnici della Regione e ha imposto lo stop immediato in Abruzzo agli aumenti del salario accessorio, di stipendi programmati a livello nazionale per il personale della sanità, come pure al potenziamento dell’organico da impiegare per ridurre le liste di attesa, anche con straordinari retribuiti. Alla “raccomandazione” ha fatto seguito venerdì la comunicazione inviata dal dipartimento Sanità della Regione Abruzzo, Emanuela Grimaldi, ai quattro direttori generali, direttori sanitari, amministrativi e del personale delle quattro Asl abruzzesi. Ad esprimere contrarietà è stata però lo stesso assessore alla Salute Verì, creando una drammatica spaccatura dentro il Dipartimento salute. Ed oggi Verì si confronterà con i sindacati in rivolta che chiedono di ritirare il provvedimento.
Non basta insomma l’accordo trovato grazie all’emendamento, rispetto al pdl confezionato da Marsilio in giunta, che cala dal 3,23% al 2,87% l’aliquota per la fascia intermedia, tra 28.000 euro e fino a 50.000 euro, con invariata la prima fascia, che scende dal 1,73% all’1,63%, dunque con una riduzione fiscale. Come invariata resta la terza fascia, oltre i 50.000 euro, al massimo consentito, il 3,33%, che pagherà il conto più salato.
E non basta nemmeno che con un secondo emendamento alla legge regionale della giunta, le maggiori entrate dall’aumento dell’Irpef, dovranno non più “prioritariamente”, ma “esclusivamente” essere destinate al capitolo sanità.
Si si è dovrà dare seguito all’emendamento approvato a firma dello stesso Marsilio, ma fortemente sollecitato dalle forze di maggioranza, che prevede l’istituzione di una “Conferenza permanente per la programmazione sanitaria e socio sanitaria”, per ragionare appunto sulle grandi riforme strutturali.
Si è passato dalle parole ai fatti per quel che riguarda l’approvazione, con un altro emendamento, delle “linee di intervento prioritarie” nei piani triennali delle quattro Asl, che imporranno una sventagliata di risparmi, sul personale amministrativo ed esterno, sulle consulenze e forniture.
A questa norma ha fatto seguito, il 10 aprile, il perentorio diktat da parte del direttore Grimaldi e della dirigente Marina Febbo, alle quattro Asl abruzzesi, che intimava appunto, “in via cautelativa”, di “sospendere l’avvio di procedure di reclutamento del personale amministrativo, incluse quelle relative al rinnovo dei contratti di somministrazione, nonché di consulenze esterne, a tutela di tutti gli interessi pubblici connessi”.
Lo stesso giorno però, come riferito da Abruzzoweb, la Asl di Pescara, in zona Cesarini, ha proceduto all’assunzione di dieci nuovi amministrativi, cinque per l’area economica e cinque nell’area giuridica, con lo scorrimento delle graduatorie di precedenti concorsi. La Asl di Teramo ha proceduto all’assunzione, il 17 aprile, di un dirigente amministrativo, adducendo come giustificativo della liceità dell’atto “un ulteriore chiarimento formulato a mezzo stampa in data 15.4.2025 dal consigliere regionale capogruppo di Fratelli d’Italia in Consiglio Regionale d’Abruzzo”, ovvero Massimo Verrecchia, il quale ha precisato che “la sospensione temporanea delle nuove procedure di reclutamento di personale amministrativo non riguarda le procedure già avviate, che proseguiranno regolarmente”. Poi questo passaggio, a dir poco dubbio dal punto di vista normativo, è stato cancellato, e la delibera riapprovata. Questo giornale ha poi dato notizia di una diffida del dipartimento ai dg interessati di tornare sui propri passi che ha portato a un risultato a metà: la Asl di Teramo ha annullato la assunzione, Pescara no.
A maggior ragione, Gatti e chi la pensa come lui avrebbe gioco facile a mettere in discussione l’intera architettura della nuova rete ospedaliera approvata a fine 2023, quando lui ancora non era in consiglio, e che è rimasta ancora sulla carta. Una riforma presentata però come il fiore all’occhiello della campagna elettorale lo scorso anno.
Una posizione, da quanto si apprende, alquanto isolata nel centrodestra, che non può rimangiarsi la difesa a spada tratta dei piccoli ospedali fatta ai tempi del presidente del centrosinistra di Luciano D’Alfonso, né può stravolgere la nuova rete ospedaliera.
Trovando anche sponda nel capogruppo delle opposizioni, il professor Luciano D’Amico, che all’indomani del consiglio regionale al quotidiano Il Centro ha puntato il dito contro “le molte strutture che non sono più veri ospedali, ma gusci vuoti che costa terribilmente tanto tenerli aperti”.
Ma non è tutto, Gatti, sempre lui, ha messo di fatto in discussione l’aggravio di spesa determinato, anche qui dalla precedente legislatura, dalle stabilizzazioni del personale sanitario.
C’è poi il ruolo dei quattro direttori generali delle Asl, Ferdinando Romano per la Asl provinciale dell’Aquila, Mauro Palmieri, che a inizio marzo ha preso il posto di Thomas Shael per la Asl provinciale di Chieti, Vero Michitelli per l’Asl di Pescara e Maurizio Di Giosia per la Asl di Teramo.
Sotto accusa da buona parte del centrodestra, ma con Marsilio che ancora una volta li ha difesi a spada tratta, nonostante i loro piani di rientro non sono stati centrati, con un disavanzo del 2024 complessivo e finale di 180 milioni di euro, rispetto al tendenziale inizialmente preventivato di 200 milioni, quando la missione impossibile dei manager era di tagliare 80 milioni di quei 200 milioni.
Alla fine il ripiano presentato l’11 aprile al Tavolo di monitoraggio interministeriale della sanità a Roma si è ottenuto con i 99 milioni dei fondi della Gestione sanitaria accentrata, comprensive delle entrate extra del payback farmaceutico, con i 20 milioni di tagli di bilancio regionale, con i 42,6 milioni dell’addizionale Irpef. Ma mancano all’appello, con coperture certe, 18 milioni circa.
“Con la manovra fiscale copriamo un ammanco di circa 40 milioni su 2.880 milioni – ha detto Marsilio, meno del 2%. Ebbene, quando affido ad un manager una gestione complessa con 100 di budget e lui chiude a 101 o poco più, con un’inflazione in crescita, le stabilizzazioni, i prezzi del farmaco che sono oramai un problema nazionale, non credo sia questo asino da bocciare, come non lo è la giunta, e non lo è la maggioranza”.
Sia Forza Italia che Lega però hanno più volte ribadito che invece l’operato dei dg va messo in discussione eccome.
Non a caso era stato predisposto un emendamento a firma di Gatti e firmato sia da Vincenzo D’Incecco, capogruppo della Lega e presidente della prima commissione Bilancio, che da Emiliano Di Matteo, capogruppo di Forza Italia, che introduce il criterio della premialità per i manager Asl che pareggiano i conti o, comunque, che limitano i disavanzi. Emendamento per ora ritirato, ma che potrebbe tornare in auge.
E comunque va nella direzione del controllo sull’operato dei manager anche i due emendamenti di Marsilio, in particolare quello delle “linee di intervento prioritarie” nei piani triennali delle quattro Asl, “la razionalizzazione della spesa del personale amministrativo dell’azienda sanitaria locale inclusa quella destinata al rinnovo dei contratti di somministrazione”, “la razionalizzazione della spesa per le consulenze esterne”, “l’efficientamento dell’utilizzo dei farmaci in osservanza delle prescrizioni del servizio farmaceutico regionale attraverso la programmazione centralizzata degli acquisti e delle misure di appropriatezza”, la “razionalizzazione dei processi di acquisto di beni e servizi con ricorso a strumenti di aggregazione della domanda e alla standardizzazione delle forniture”.
Tutte misure che dovranno essere messe in atto dai direttori generali delle Asl e la mancata attuazione costituisce “elemento di valutazione delle performance”.
A proposito di assunzioni, il solito Gatti ha espresso di fatto perplessità sulle stabilizzazioni che hanno di molto appesantito i conti della sanità regionale.
“Negli anni passati forse siamo stati, come dire… un po’ così, sul personale. Le Asl dicevano che avevano bisogno di personale, c’era stato il covid, c’erano le richieste di stabilizzazione, che è una cosa positiva, per dare certezze ai lavoratori, e di stabilizzazioni ce ne sono state tante, rivendicate da Marsilio, ma è chiaro che esse hanno determinato un aggravio di costi. Forse potevamo essere più rigorosi”.
Anticipando di fatto le perplessità del tavolo di monitoraggio, ed anche la successiva direttiva del dipartimento Sanità.
Rispetto alla quale però Gatti ha caricato a testa bassa è sulla rete ospedaliera.
“La rete ospedaliera dell’Abruzzo che è stata decisa nel 2023 costa 3 miliardi di euro, e noi ad oggi abbiamo a disposizione 2,8 miliardi. Si è scelto di andare incontro ai territori, cercando di dare quanto più possibile. Una scelta che andrà nei prossimi mesi analizzata – ha detto il consigliere -. Abbiamo in questi giorni ragionato su l’ortopedia e le protesi, e non sempre e necessariamente i presidi territoriali danno risposte ai cittadini. Dobbiamo avere la responsabilità di comprendere che ci sono dei doppioni dei triploni e qualche volta anche dei quadruploni, a beneficio anche del territorio di qualche sindaco che ora sta occupando in consiglio regionale. Ma più soldi per tutti, più risorse per tutti i territori, ricchi premi e cotillon, poi significano più tasse per tutti. Noi dobbiamo invece avere il coraggio anche di affrontare le resistenze di qualche sindaco, bisogna avere la forza e il coraggio di fare delle scelte e trovare il punto di caduta perché occorre dare una buona sanità, buoni servizi a dei costi sostenibili”.
Gatti si è guardato bene dal dire quali sarebbero i piccoli ospedali da smantellare. Rete ospedaliere alla mano, tolti quelli dei capoluogo, L’Aquila, Pescara, Chieti e Teramo, con funzioni hub per le reti tempo dipendenti, e i quattro ospedali di primo livello, che sono Avezzano, Sulmona, Lanciano e Vasto, sotto mira potrebbero essere quelli tra i sei ospedali di base, di Ortona, Popoli, Penne, Atri, Giulianova e Sant’Omero, o i due presidi di area disagiata, sedi di pronto soccorso, a Castel di Sangro e Atessa. O forse anche i presidi sanitari di Guardiagrele, Tagliacozzo e Pescina.
A dirsi d’accordo, dall’altra parte della barricata, è stato il capo della opposizione Luciano D’Amico, che in forte dissonanza con la sua coalizione già si era detto favorevole all’ipotesi della Asl unica e del collegio unico regionale, cavalli di battaglia di Marsilio.
Sul quotidiano Il Centro, alla domanda del direttore Luca Telese, “Lei davvero direbbe al cittadino abruzzese che bisogna tagliare alcuni ospedali?”
D’Amico ha risposto: “Se ci troviamo di fronte a questo disastro è perché la rete ospedaliera che Marsilio difende, facendo pagare il conto agli abruzzesi, non è più sostenibile.
E ha aggiunto: “molte di quelle strutture non sono più veri ospedali, ma gusci vuoti e costa terribilmente tanto tenerli aperti. Dentro non ci sono più i reparti, gli infermieri, i dottori e gli apparati diagnostici”. E ancora, “il centrodestra li tiene aperti così alimenta l’illusione che l’ospedale ci sia ancora , ma poi il cittadino scopre che sono una scatola vuota troppo tardi, quando ci entra a curarsi”.
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abruzzoweb.it è stato pubblicato il 2025-04-28 08:30:35 da Filippo Tronca
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