MANTOVA Dodici presenze. Non tantissime in termini assoluti, ma un numero comunque significativo per un ragazzo che fino all’anno scorso la Serie B l’aveva vista solo in televisione. Lui è Federico Artioli, 24 anni tra qualche giorno (12 giugno). Ferrarese, centrocampista scuola Sassuolo, tre stagioni in C con Grosseto e Pergolettese, fino alla grande occasione: il Mantova in Serie B. È stato uno dei primi colpi cadetti di Botturi, che lo teneva d’occhio da un po’. Sapeva di avere davanti una concorrenza improba (Burrai su tutti), ma il suo spazio ha saputo ritagliarselo, e di certo si affaccerà alla prossima stagione con un bagaglio d’esperienza arricchito. Artioli è legato al Mantova fino al 2027. Certo, sulla carta non è detto che nella prossima stagione vesta ancora il biancorosso, ma le probabilità sono molto alte. E il fatto che la società l’abbia concesso alla stampa per un’intervista è un indizio in tal senso.
Federico, partiamo dall’attualità: la permanenza di Possanzini…
«Per me è un motivo di orgoglio. Sia il mister che Botturi sono prima di tutto due persone serie. Credo che la componente umana debba andare di pari passo con la competenza calcistica. Su entrambi i fronti, il Mantova può considerarsi fortunato».
Cosa ti ha insegnato Possanzini?
«Un sacco di cose. A non mollare mai; a farmi trovare pronto quando vengo chiamato in causa; a provare sempre la giocata a costo di sbagliare. Per un ragazzo come me, senza esperienza a questi livelli, è stato fondamentale. Ho potuto debuttare con relativa tranquillità… nonostante il contesto».
Ti riferisci a Bari?
«Esatto. È stata quella la mia prima partita di campionato. Stadio San Nicola, enorme. Io titolare a sostituire Burrai, non uno qualunque. Fino all’anno scorso giocavo a Crema, con tutto il rispetto. L’emozione rischiava di prendere il sopravvento, invece sono sceso in campo tranquillo e libero di testa».
Non ti ha mai intimorito giocare davanti a tanta gente?
«Temevo potesse succedere. Invece no, grazie anche ai consigli del mister. Anzi, mi ha dato la carica. Al Martelli ho vissuto emozioni incredibili, anche stando in panchina. Una partita su tutte: Mantova-Spezia».
Cosa ti ha lasciato questa tua prima esperienza in B?
«Sono cresciuto nell’autostima. Ho dimostrato, prima di tutto a me stesso, che posso giocare in questa categoria. Devo continuare su questa strada, sono sicuro che posso fare di più».
La tua partita migliore?
«Quella col Brescia in casa. Però mi piace ricordare anche Palermo: sono riuscito perfino a far segnare Mensah! (ride). Del resto, glielo dicevo sempre: l’assist per il tuo primo gol te lo servirò io. E così è andata».
Con i compagni come ti sei trovato?
«Benissimo. I ragazzi mi hanno fatto sentire a mio agio dal primo giorno che ho messo piede nello spogliatoio. È davvero un gruppo sano, pulito, lo definirei una seconda famiglia».
Con chi hai legato di più?
«Il mio “compagno di merende” è Wieser. Abito con lui, Radaelli e Bragantini: abbiamo formato un bel gruppetto».
Il tuo compagno di riferimento, per ruolo, era Burrai. Cos’hai imparato da lui?
«Sasà è un giocatore incredibile, per classe, carisma ed esperienza. Può insegnare a tutti, a prescindere dal ruolo. Anche lui mi ha sempre esortato a non mollare e crederci perchè ho le potenzialità per giocare in Serie B».
Il Mantova si è salvato: una bella soddisfazione, no?
«Un traguardo meritato. Conquistato sul campo, con il nostro gioco e le nostre idee. Dopo la vittoria di Brescia ho capito che era fatta».
Obiettivi per la prossima stagione?
«A livello di squadra, è fondamentale mantenere i piedi per terra. Certo, mi piacerebbe un campionato più tranquillo… vedremo. A livello personale, spero di dare un contributo maggiore in termini di presenze».
Ora però è tempo di vacanze…
«Andrò una settimana in Madagascar con la mia ragazza. Godiamoci l’estate e a luglio si riparte».
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