Cosa resta dell’Ilva di Taranto, dodici anni dopo


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Oggi, mercoledì 24 luglio, l’incontro a Palazzo Chigi dove verrà illustrato ai sindacati il (nuovo) “piano di ripartenza” di Acciaierie d’Italia. A cui farà seguito domani, 25 luglio, quello al ministero del Lavoro sugli ammortizzatori sociali. Leggi: cassa integrazione per una platea monstre di lavoratori, 5.200, in grandissima parte a Taranto (4.400). Per capire quanto sia pesante l’impatto di questo tsunami produttivo-occupazionale, in tutto i dipendenti di AdI sono 9.869, di cui 8.025 occupati nello stabilimento pugliese.

E se non fosse abbastanza straniante una “due giorni” romana in cui si alterneranno cifre sul rilancio – auspicabilmente – e numeri – sicuramente – drammatici su lavoratori costretti a casa o a stipendio ridotto, ecco che venerdì 26 luglio scatteranno i dodici anni dal duemiladodici, quando su quella che allora era Ilva si abbattè una tempesta giudiziaria senza precedenti in Italia. Impianti dell’area a caldo sequestrati senza facoltà d’uso, arresti che decapitarono la catena di comando dell’acciaieria più grande e, ai tempi, più produttiva d’Europa, le accuse di un disastro ambientale caratterizzato da “eventi di malattia e morte” come scrisse nei provvedimenti cautelari il giudice delle indagini preliminari Patrizia Todisco,  poi sfociate in un maxiprocesso, Ambiente Svenduto, che in primo grado ha fatto registrare pesanti condanne ed ora vive la fase dell’appello, ancora alle battute iniziali in realtà.

Dal punto di vista per così dire giudiziario, sono stati dodici anni all’insegna di una contrapposizione di fatto tra magistratura e politica, con una serie di sequestri poi sterilizzati da una produzione normativa copiosissima. In pratica, decreti legge che hanno in alcuni casi cancellato i provvedimenti dei giudici, emanati da tutti i Governi che si sono alternati alla guida del Paese, senza eccezione e senza distinzione di colore politica.

Tecnici, sinistra, destra, elitari, populisti: tutti hanno avuto il loro “momento Ilva” con relativi decreti – più di uno per ciascuno. Mario Monti ha varato il primo, rendendo con facoltà d’uso un sequestro che prevedeva l’esatto contrario. Una mossa che quindi non ha mai fatto interrompere la produzione del Siderurgico tarantino, che pure negli anni si è ridotta al lumicino sino ad arrivare ai record negativi di oggi. Dopo Monti e i suoi “supertecnici”, Enrico Letta, Matteo Renzi, Paolo Gentiloni, tutti leader (ai tempi, almeno) del Partito Democratico hanno messo le mani nel dossier Taranto con dl che hanno scatenato le ire del composito fronte ambientalista.

Alcuni decreti sono stati slegati dalle questioni più strettamente giudiziarie ed hanno invece interessato l’aspetto relativo alla tenuta economica di un gigante sempre più in difficoltà e traballante.

Giuseppe Conte all’Ilva: era il novembre 2019

Non ha chiuso l’Ilva neppure il Movimento Cinquestelle, quando è arrivato ad esprimere addirittura il presidente del Consiglio dei Ministri, Giuseppe Conte. Non lo ha fatto nella prima versione, quella gialloverde, l’esecutivo con la Lega interrotto solo dal Salvini estivo in versione papeete, nè nella seconda, quella giallorossa, con il Pd e sempre lui, Conte, tramutatosi in “punto di riferimento fortissimo delle forze progressiste”, copyright Nicola Zingaretti. Mario Draghi, che di Conte è stato il successore, e Giorgia Meloni, adesso, hanno fatto e fanno i conti con la vertenza più importante del Paese, non solo per il numero dei lavoratori coinvolti, ma anche perchè si trascina dietro, a catena, altri e diversi comparti economici e produttivi nazionali.

Nei giorni scorsi Adolfo Urso, ministro delle Imprese e del Made in Italy (l’ex dicastero allo Sviluppo Economico, nella nomenclatura pre-Meloni) si è mostrato più che ottimista: «Siamo a un punto di svolta, posso dirlo, insomma è come se avessimo superato un traguardo e ora finalmente siamo sulla discesa», riferendosi in particolare all’interesse che l’ex Ilva suscita in altri gruppi siderurgici intenzionati a partecipare al bando di gara che riporterà gli impianti sul mercato, dopo il commissariamento deciso ad inizio anno – il secondo, dopo quello del 2015 – e l’estromissione di ArcelorMittal.

Adolfo Urso con il sindaco di Taranto, Rinaldo Melucci

Lo scorso maggio, lo stesso ministro aveva rivelato che il Siderurgico di Taranto stava per vedere lo spegnimento anche dell’ultimo altoforno in attività, il numero 4, che “aveva solo quattro giorni di autonomia. Praticamente” l’ex Ilva “si stava avviando alla chiusura” ma “siamo arrivati in tempo”. ”I commissari stanno avviando tutte le opere necessarie, a cominciare dalla manutenzione, per la ripresa produttiva, perché quando sono giunti in azienda era rimasto in attività un solo altoforno, l’altoforno 4. Gli altri due erano stati nel frattempo chiusi, con la giustificazione che dovevano essere fatte opere di manutenzione, poi mai realizzate e quindi mai più riaperti. Praticamente si stava avviando alla chiusura”, ma ”siamo riusciti a intervenire in tempo per salvare l’altoforno 4 e sono state attivate tutte le misure per fare la manutenzione degli altri due altoforni e degli impianti collaterali, che necessitano anch’essi di significative opere di manutenzione, per riprendere la produzione. Il Rilancio produttivo avverrà nei prossimi mesi”.

Ancora, in un’altra occasione Urso ha sottolineato come “lo sforzo che sta facendo il governo italiano è quello di far tornare Taranto l’acciaieria più rilevante in Europa, capace di soddisfare innanzi tutto le necessità relative ai consumi interni. Un progetto di acciaio a chilometro zero per il Sistema Paese” ha proseguito il ministro. “Quando abbiamo commissariato la società, abbiamo ereditato una situazione che vedeva gli impianti quasi compromessi, ma siamo stati in grado di intervenire in tempo, con rapidità e decisione. Oggi, attraverso il piano industriale che abbiamo messo in campo con i commissari, puntiamo ad efficientare notevolmente i processi, abbattere i costi e consegnare il nostro acciaio con tempi estremamente ridotti. Da Taranto passa la politica industriale del nostro Paese” ha aggiunto.




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buonasera24.it è stato pubblicato il 2024-08-03 10:04:01 da Giovanni Di Meo

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