Manfredonia, minacce a dipendente per lo sgombero della casa occupata


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MANFREDONIA – Dal carcere dov’era rinchiuso, con una videochiamata avrebbe minacciato un dipendente comunale mentre eseguiva lo sfratto della famiglia del detenuto da una casa occupata abusivamente. Poi una volta scarcerato e posto ai domiciliari, l’indiziato avrebbe continuato a perseguitare l’impiegato, minacciando di “aprirgli la testa”, pretendendo che gli ridesse l’alloggio popolare. Con le accuse di stalking, resistenza e minacce e pubblico ufficiale e utilizzo di un telefonino all’interno di un carcere, è stato arrestato a Manfredonia Antonio De Cristofaro, 44 anni, sipontino: i fatti contestati vanno dal dicembre 2023 al luglio scorso.

La confessione L’ordinanza cautelare in carcere l’ha firmata il gip Odette Eronia, accogliendo la richiesta della Procura. Al termine dell’interrogatorio di garanzia, lo stesso giudice ha ritenuto attenuate le esigenze cautelari e accolto l’istanza di arresti domiciliari avanzata dal difensore del presunto stalker, l’avv. Fortunato Rendiniello, basata sulle ammissioni fatte dall’indagato e sullo stato di salute: il manfredoniano è stato quindi trasferito nell’abitazione di un familiare. “Il mio assistito nell’interrogatorio dal gip” spiega l’avv. Rendiniello “ha chiesto scusa per il proprio comportamento, dicendo d’aver agito perché perse le testa per la situazione in cui si trovò la sua famiglia in seguito allo sfratto; ha chiesto scusa anche alla parte offesa. Abbiamo però chiarito che la telefonata oggetto di contestazione fu fatta nel corso di una videochiamata con la moglie regolarmente autorizzata nell’ambito dei colloqui tra carcerati e familiari”. Il pm ha espresso parere favorevole alla richiesta difensiva di arresti domiciliari.

Videochiamata e minacce Nella ricca casistica degli stalker di Capitanata, non s’era ancora visto il presunto persecutore che colpisce dal carcere via telefono. Nella ricostruzione accusatoria la prima parte della storia risale allo scorso 18 dicembre quando l’amministrazione sipontina deliberò lo sfratto della famiglia di De Cristofaro da un immobile comunale occupato abusivamente: alle operazioni prese parte anche un dipendente di Palazzo di Città. De Cristofaro in quel periodo era detenuto in carcere per scontare vecchie pendenze con la Giustizia. Al telefono con la moglie nel corso di una videochiamata, il detenuto avrebbe chiesto alla coniuge (estranea alla vicenda) di passargli il dipendente comunale e lo avrebbe intimidito, avvertendolo “che gli avrebbe aperto la testa se non avesse fermato lo sgombero”, recita l’atto di accusa.

Lo stalking – Scarcerato dopo qualche tempo e posto alla detenzione domiciliare, De Cristofaro avrebbe contattato con insistenza il geometra per ottenere un alloggio comunale. Quando però l’impiegato gli spiegò di non lavorare nell’ufficio preposto all’assegnazione degli alloggi popolari, l’indagato “minacciò di mandarlo in pensione anticipatamente e lo intimidì dicendogli che gli avrebbe fatto ciò che lui aveva fatto alla sua famiglia: gli disse” scrive il gip nell’ordinanza cautelare “che dal giorno dello sgombero non faceva che sognare il suo volto e che non vedeva l’ora di incontrarlo per aprirgli la testa; lo accusò d’essere l’unico responsabile di quanto accaduto; gli intimò di riconsegnargli le chiavi per rientrare nell’immobile sgomberato”. Situazione aggravatasi un mese fa.

Il 5 luglio De Cristofaro avrebbe avvisato l’impiegato comunale che l’avrebbe atteso davanti al cancello della casa che intendeva occupare, “invitandolo a farvi ritorno con l’esercito”. Il 22 luglio poi gli avrebbe inviato 15 messaggi di testo e 10 vocali, minacciando che si sarebbe presentato sotto casa del dipendente municipale “spaccandogli la faccia; se fosse stato arrestato, l’impiegato avrebbe subito le ritorsioni degli amici dell’indiziato; gli avrebbe fatto fare una brutta fine e che nemmeno Dio poteva salvarlo; non sarebbe arrivato alla pensione; se non gli avesse dato l’alloggio, avrebbe preso la sua casa”. Queste continue presunte minacce – conclude la Procura – hanno cagionato nella vittima “un perdurante e grave stato di ansia e paura, ingenerando un fondato timore per la propria incolumità e per quella dei suoi familiari”. Sono i presupposti del reato di atti persecutori.




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www.lagazzettadelmezzogiorno.it è stato pubblicato il 2024-08-08 14:06:07 da

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