Dai go kart a San Francisco, l’incredibile storia di un barese «genio» dei motori ai vertici di Tesla



BARI –  Da Bari ai vertici della Tesla, in California. Un filo conduttore che ha per comune denominatore la passione per i motori. La storia dell’ingegner Giulio Tarqunio racconta come il talento, la passione e la perseveranza davvero non conoscano confini, pur portando le radici sempre nel cuore.

Dai go kart a San Francisco «Tutto è cominciato con l’amore per i motori: a dieci anni e mio padre mi portò per la prima volta su un go-kart. Da li non mi sono più staccato da questo mondo e, dopo il liceo, ho scelto una facoltà che mi permettesse di rimanere in tale ambito. Ho lasciato Bari a 18 anni per andare a studiare Ingegneria Automobilistica al Politecnico di Torino: mi sono laureato sia in triennale, sia in specialistica con 110 e lode con specializzazione in “propulsione”. Negli anni universitari ho fatto parte del team di studenti che partecipava al campionato mondiale Fsae: una competizione tra università in cui un team di studenti deve progettare, costruire e confrontarsi con una piccola auto da formula. Ero a capo del progetto motore e uno dei due piloti. Questa esperienza mi ha portato a incontrare il mio primo futuro capo in ambito lavorativo: Daniel Neidlein, Head of Vehicle Dynamics in Lamborghini. Tre mesi dopo la laurea ero assunto in Automobili Lamborghini come Ingegnere di Dinamica Veicolo». Solo l’inizio di un lungo girovagare per il mondo.

«Un altro step importantissimo -prosegue – è dovuto a Leonardo Pascali, anche lui pugliese: mi propose di entrare in McLaren come responsabile per lo sviluppo dinamica veicolo delle piattaforme Ultimate. Così mi trasferii a Woking, vicino Londra, dividendomi tra l’Inghilterra e Barcellona. Scoprii che il lavoro più stimolante era bilanciare gli attributi/performance della vettura in modo che l’esperienza di guida sia coerente. Non ha senso sviluppare un’auto che ha delle sospensioni ultra confortevoli se poi i sedili sono scomodi o c’è rumore in abitacolo. All’inizio del 2021 arrivò la chiamata di Lars Moravy, Vice President di Vehicle Engineering in Tesla: mi propose di dirigere un nuovo dipartimento, esattamente nella direzione che volevo e accettai di intraprendere questa nuova avventura in California. Oggi ricopro in Tesla un ruolo dirigenziale come Director – Vehicle Attributes».

L’auto del futuro Un’esperienza di tale livello consente a Tarqunio di sbilanciarsi sull’evoluzione del mercato dell’auto. E sembra proprio che la rivoluzione sarà radicale. «Siamo in un momento davvero interessante per il futuro dall’automobile e in generale dei trasporti. Difficile comprendere, in un frangente di continui cambiamenti, quali saranno gli sviluppi sulla propulsione, l’intelligenza artificiale, la sostenibilità. Fondamentale è essere agili», analizza. «Tuttavia, l’auto come la conosciamo diventerà sempre più un oggetto ricreativo limitato ai momenti in cui una persona sente il piacere di guidare, mentre l’utilizzo quotidiano dove l’unico obiettivo è spostarsi dal punto A a quello B sarà gradualmente sostituito da prodotti con guida autonoma e potenzialmente non di proprietà ma con utilizzo on-demand».

Meritocrazia e adattamenti Una vita da globtrotter, quindi, che ha rappresentato sempre nuove sfide. «Andare a Londra – svela Tarqunio – è stata la tappa davvero importante, perché il cambio culturale è radicale. Relazionarsi con persone di diversa provenienza mi ha fatto crescere incredibilmente. Al punto che quando mi adatto completamente a un ambiente, mi intriga l’idea di tornare a cambiare. La più grande differenza nella cultura lavorativa in Usa, invece, è la quasi totale mancanza di protezione del lavoratore. Basta poco per licenziare un dipendente. D’altro canto, la quantità di opportunità è maggiore che in qualsiasi altro paese e il livello di retribuzione/qualità di vita è molto più alto. Se sei in gamba non avrai mai problemi ad avere un lavoro e un buono stile di vita nella Silicon Valley. In Italia, invece, soffrivo della mancanza di meritocrazia: una tendenza che rallenta il progresso e porta le persone più abili a spostarsi verso paesi dove le opportunità e la meritocrazia prevalgono».

Fuga di talenti Una carriera «top level» che spinge a chiedersi perché il territorio si sia lasciato scappare il suo talento. «Forse – conclude Giulio – sarei riuscito a ricoprire una posizione di rilievo anche in un’azienda automobilistica italiana, ma sono sicuro che le esperienze all’estero mi abbiano reso una persona molto più completa.

Questo valore viene anche riconosciuto dalle aziende quando puntano a far rientrare talenti dall’estero. Il problema di fondo è che la retribuzione e la qualità di vita sono più alte in Inghilterra e Germania. Pertanto, chi rientra in Italia ha aspettative salariali maggiori giustificate dai disagi e rischi affrontati nel mettersi in gioco altrove. Forse dobbiamo ancora imparare ad avere fiducia in idee nuove e nel conferire responsabilità ai giovani meritevoli, se vogliamo aprire la nostra prospettiva verso altri orizzonti».




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www.lagazzettadelmezzogiorno.it è stato pubblicato il 2024-10-13 17:06:38 da


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