Dl Fisco, la maggioranza litiga sul canone Rai

Dl Fisco, la maggioranza litiga sul canone Rai



Dl Fisco, la maggioranza litiga sul canone Rai

Il muro contro muro blocca il percorso del decreto Fiscale e fa ballare la maggioranza

Per la Lega non si può tornare indietro e dare il messaggio che il canone Rai aumenta di nuovo, quindi l’emendamento per confermare il taglio da 90 a 70 euro deve restare. Per Forza Italia è solo “una partita di giro, perché si danno 430 milioni di soldi pubblici alla Rai facendo risparmiare 1,20 euro al mese al cittadino”.

Il risultato è che il muro contro muro blocca il percorso del decreto Fiscale e fa traballare la maggioranza: ventiquattro ore di trattative in commissione Bilancio non superano lo stallo.

In Senato la giornata passa tra riunioni maggioranza-governo, le votazioni slittano più volte. Alle due del pomeriggio la questione viene accantonata, verrà affrontata come ultimo punto. Ma l’impasse va superata a Palazzo Madama, a costo di mettere al voto la proposta e arrivare alla conta. Viene scartata anche l’idea di posticiparla, passando la palla alla Camera, nell’iter della manovra per dare tempo alla maggioranza di trovare una mediazione.

Come si risolve il problema? “Anche mettendo l’emendamento al voto, poi ognuno deciderà ma noi siamo contrari. Il tema non ci piace, è divisivo e insistere può essere deleterio”, è la linea dei senatori azzurri.

Un pareggio equivarrebbe alla bocciatura della proposta. Alla prova del voto arriva anche un tema potenzialmente divisivo, anche per l’opposizione: una possibile modifica al meccanismo del 2 per mille, che dal 2014 consente ai contribuenti di destinare una quota dell’Irpef ai partiti. Con una mossa a sorpresa il governo riformula due emendamenti presentati da Pd e Avs: il testo cambia il meccanismo, che diventa simile a quello dell’8 per mille, prevede di fatto un finanziamento pubblico ai partiti e un aumento dei fondi, fino a 42,3 milioni nel 2025, rispetto all’attuale tetto di 25 milioni.

La quota assegnata da ciascun contribuente non sarebbe più il 2 per mille, ma lo 0,2 per mille, con la differenza che verrà assegnata anche la quota “inoptata”, divisa in proporzione ai partiti più “scelti” dai contribuenti. “Per ciascun esercizio finanziario – si legge nell’emendamento – con riferimento alle dichiarazioni dei redditi relative al periodo d’imposta precedente, una quota pari al 0,2 per mille dell’imposta sul reddito delle persone fisiche è destinata a favore di un partito politico”.

La differenza sostanziale è che “in caso di scelte non espresse da parte dei contribuenti, la destinazione si stabilisce in proporzione alle scelte espresse”. Gli oneri vengono valutati in 42,3 milioni di euro a decorrere dall’anno 2025. Avs è contraria e sconfessa la proposta, che inizialmente aumentava il tetto del fondo di 3 milioni, poiché lo scorso anno – viene spiegato – i contribuenti che avevano scelto di destinare il 2 per mille ai partiti eccedevano il tetto di spesa PREVISTO. Per il M5s è una proposta inaccettabile: “non è più – dice il capogruppo in Senato Stefano Patuanelli – l’opzione dei cittadini ma un finanziamento pubblico ai partiti”. 

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www.lapresse.it è stato pubblicato il 2024-11-26 19:00:28 da LaPresse


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