Eni scommette su Brindisi: «Tornerà come negli anni ’60. In arrivo 800 posti di lavoro»



BRINDISI – Ottocento occupati diretti, 700 milioni di investimento e mezzo milione di tonnellate di CO2 emessa in meno. Sono i numeri della nuova fabbrica di batterie stazionarie che Eni e Seri Industrial realizzeranno nell’area del petrolchimico di Brindisi. L’inizio della costruzione del sito produttivo, secondo quanto riferito da Giuseppe Ricci, chief operating officer industrial transformation di Eni, potrà avvenire tra la fine del 2025 e l’inizio del 2026, per poi partire con la produzione a cavallo tra il 2027 e il 2028.

E sullo sfondo c’è la trattativa per rilanciare la Cittadella della ricerca. Ricci, infatti, conferma di aver discusso con il presidente della Regione, Michele Emiliano, della possibilità che Eni faccia ricerca all’interno del comprensorio situato tra Brindisi e Mesagne. Le batterie saranno a litio-ferro-fosfato. Per superare la dipendenza dalla Cina nella fornitura del litio, Eni punta al riciclo delle batterie e sulla ricerca. «Quando ne abbiamo parlato con Emiliano – afferma Ricci – siamo stati molto propositivi: la migliore ricerca la fai dove puoi testare sul campo. Sicuramente non andremo a fare un centro ricerche a Milano o a Roma. Pertanto, la Cittadella della ricerca potrebbe essere utilizzata e potrà rappresentare un’opportunità per tutti».

La scelta di realizzare la fabbrica di batterie stazionarie in Puglia – regione che ha particolare bisogno di stabilizzare la rete dato l’elevata produzione di energia da fonti rinnovabili – e in particolare a Brindisi è legata al fatto che «impianti di queste dimensioni richiedono un consumo energetico molto alto e a Brindisi – spiega il manager – ci sono la centrale Enipower e due linee ad alta tensione di Terna, realizzate proprio per aumentare l’affidabilità del petrolchimico. Questa caratteristica rende appetibile il sito di Brindisi, soprattutto in un periodo in cui Terna, per realizzare una linea ad alta tensione, ci può mettere anche dieci anni».

Nel futuro del polo di Brindisi, e in generale in Europa, non c’è spazio per la chimica di base. «Pensiamo di interrompere la produzione del cracking il più presto possibile, importando l’etilene e lasciando in marcia il polietilene, sperando che con l’etilene importato a basso costo si possa recuperare un po’ di competitività del polietilene. Non escludo, però, che anche il polietilene possa cessare nel medio periodo. Purtroppo la chimica di base in Europa non può avere un futuro. I lavoratori – rassicura Ricci -devono stare tranquilli perché hanno una prospettiva anche per i loro figli: con questa nuova filiera, Brindisi può tornare come negli anni Sessanta».

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www.lagazzettadelmezzogiorno.it è stato pubblicato il 2024-10-30 20:49:53 da Redazione online


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