Gli stipendi dei dirigenti medici sono diminuiti negli ultimi anni e gli specializzandi risultano tra i meno pagati in confronto ai colleghi di altri Paesi europei: tra il 2015 e il 2022 i salari dei dirigenti italiani sono scesi del 6,2%, mentre la retribuzione dei medici in formazione specialistica è al quint’ultimo posto in Europa, come indica un’analisi della Federazione europea dei medici salariati (Fems) – che considera i dati forniti da sindacati e associazioni mediche di 21 paesi europei – e dalla quale emerge che «l’Italia non valorizza economicamente i suoi professionisti sin dal percorso di specializzazione».
«Il quadro italiano in rapporto all’Europa appare molto allarmante, anche considerando gli ultimi dati Censis che evidenziano come nel periodo 2015-2022 i salari dei dirigenti medici in Italia siano calati del 6,2% e la spesa dei contratti a tempo indeterminato diminuita del 2,8%», commentano Alessandra Spedicato presidente Fems e Pierino Di Silverio, segretario nazionale del sindacato dei medici ospedalieri Anaao Assomed.
Inoltre la remunerazione dei medici in formazione specialistica in Italia, corretta per il potere di acquisto, è al disopra solo di Spagna, Grecia, Repubblica ceca e Slovacchia; la Spagna, però, recupera una posizione più vantaggiosa al momento dell’ingresso dei medici da specialisti nel sistema sanitario. Paesi come Olanda, Germania, Austria e Svezia mostrano invece sin dall’inizio della carriera un forte investimento nella remunerazione per fidelizzare e valorizzare il professionista.
Il dato nuovo è, però, che, accanto alla consolidata posizione di Germania, Francia, Austria ed Olanda, si affacciano Paesi che investono molto nei professionisti sanitari, anche per arginare il fenomeno migratorio.
Spedicato e Di Silverio precisano che «non è solo una questione economica che spinge i dirigenti medici e sanitari a fuggire dagli ospedali – 8mila solo nell’ultimo anno e mezzo – ma anche le condizioni di lavoro, penalizzate dalle mancate assunzioni, le scarse possibilità di carriera – il 12% arriva ai livelli apicali, di cui solo il 2% donne – inficiate da scelte politiche che non premiano il merito, il mancato rispetto dei contratti sottoscritti, la deficitaria sicurezza dovuta al crescere delle aggressioni e le denunce civili e o penali».
Per i sindacati serve dunque «un cambio di rotta immediato, anche con questo obiettivo il 20 novembre saremo a scioperare e in piazza a manifestare, sapendo che questa giornata, in assenza di risposte positive, non resterà isolata. Se pure il governo in carica non è il solo responsabile dello stato della sanità italiana, potrebbe essere responsabile del colpo di grazia ad un Sistema sanitario nazionale in crisi profonda. La questione delle retribuzioni dei medici è questione politica perché riguarda il valore del lavoro e quello di chi lo fa, e perché una politica retributiva inadeguata disincentiva la domanda di formazione e alimenta le fughe».
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gazzettadelsud.it è stato pubblicato il 2024-11-11 18:13:57 da [email protected] (Redazione)
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