Nel rapporto del luglio 1944 del Consiglio provinciale dell’economia corporativa era scritto:
“Nel pomeriggio del 24 luglio un gruppo di ribelli durante l’allarme aereo si presentava ai militari di guardia ai magazzini di sussistenza in frazione Ceparana del Comune di Bolano chiedendo loro dove erano custoditi i viveri. I militari senza reagire aderivano alle richieste e i ribelli dopo aver catturato venti di essi, tra cui due ufficiali, asportavano dai magazzini stessi viveri e sigarette, che in parte vennero distribuiti alla cittadinanza. Sopraggiunti successivamente altri militari germanici, ebbe luogo una breve sparatoria durante la quale rimase ucciso un contadino e altre 4 persone ferite gravemente. I militari germanici catturati vennero,a distanza di tre giorni, rilasciati per evitare rappresaglie, dietro consegna di altri detenuti a disposizione del comando germanico”.
Fu una dimostrazione della forza, ma anche dell’astuzia del movimento partigiano. Il colpo fu attuato da una delle formazioni in quel periodo più attive, la banda garibaldina “Vanni”, comandata da Primo Battistini “Tullio”. In particolare dal gruppo della “Vanni” al comando di Eugenio Lenzi “Primula Rossa”, socialista.
Eugenio Lenzi “Primula Rossa” e Rina Trovatelli (archivio famiglia Lenzi)
Lenzi, nel dopoguerra, raccontò la vicenda in un testo intitolato “La ‘beffa di Ceparana’ del 24 luglio 1944”. Una quindicina di partigiani scesero da Adelano di Zeri – sede del comando – a Ceparana per approvvigionarsi di viveri. Un tedesco che voleva catturarli fu disarmato e preso prigioniero. Il grano partì per Adelano, ma 11 partigiani si fermarono a Ceparana per condurre una trattativa con i tedeschi: il rilascio del prigioniero in cambio di quello di quattro partigiani. Altrimenti “tremila” (!) partigiani avrebbero attaccato i magazzini generali tedeschi a Ceparana. In mancanza di risposte, il gruppo della “Vanni” il 25 luglio attaccò e – come scrissero i fascisti – fece prigionieri 20 tedeschi, oltre che a impadronirsi di un ingente quantitativo di generi alimentari.
Quando i tedeschi si accorsero che i partigiani erano solo un piccolo gruppo – la “beffa” – si scatenarono. Lo scambio di prigionieri si fece, ma i tedeschi furono autori di rappresaglie feroci.
La sera del 27 luglio cannoneggiarono Piana Battolla, Madrignano e l’area del monte Cornoviglio. A Piana Battolla furono incendiate dieci case e fermati diversi uomini. All’alba del 28 luglio i tedeschi circondarono e rastrellarono il paese di Follo Alto, riunendo la cittadinanza e obbligandola a scendere al piano. Il paese, in particolare l’abitato Castello, venne incendiato. Nell’operazione rimasero uccisi un bambino di sei anni, Maurizio Carattoni, colpito da un proiettile e una donna anziana, Luigia Tonelli, bruciata all’interno della sua casa. Una sessantina di uomini vennero fermati e inviati al lavoro obbligatorio.
I sopravvissuti hanno raccontato che i paesi vicini si dimostrarono prodighi in soccorso di viveri e vestiario verso la disgraziata cittadinanza di Follo Alto. La solidarietà fu commovente e contribuì a restituire agli abitanti la fiducia nell’avvenire.
I nazisti responsabili non furono mai identificati: anche in questo caso nessuno pagò per i crimini compiuti.
Follo Alto, targa in memoria del rastrellamento di Follo Alto (foto Giorgio Pagano)
Post scriptum
Le foto di oggi ritraggono Eugenio Lenzi “Primula Rossa” con Rina Trovatelli, sua compagna ai tempi della lotta partigiana e poi moglie, e la targa a Follo Alto in memoria del rastrellamento del 28 luglio 1944.
Per approfondimenti su persone e vicende citate nell’articolo si può consultare il Dizionario della Resistenza spezzina e lunigianese, su www.associazioneculturalemediterraneo.com
www.cittadellaspezia.com è stato pubblicato il 2024-08-04 15:22:55 da
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