la decisione della Corte dei Conti

la decisione della Corte dei Conti


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la decisione della Corte dei Conti

Nulla da fare per l’attuale consigliere comunale ed ex consigliere d’amministrazione di Amiu Puglia (dal 2017 al 2020) Antonio Di Paola: la seconda sezione giurisdizionale della Corte dei Conti, si è espressa sul giudizio d’appello promosso dal dirigente della sanità contro la Procura generale della Corte dei Conti, avvero la sentenza n. 290/2023 della sezione giurisdizionale per la Regione Puglia, depositata il 13 ottobre 2023, che a titolo di dolo, lo aveva condannato al risarcimento del danno in favore dell’Asl Foggia, per l’importo complessivo 62.998,30 euro, per l’omesso riversamento di somme percepite per effetto di incarichi extraistituzionali non autorizzati, oltre a rivalutazione monetaria e agli interessi legali.

La vicenda, appunto, trae origine dall’assunzione dell’incarico di consigliere di amministrazione della società Amiu Puglia S.p.A., totalmente partecipata dai comuni di Bari (78,13%) e Foggia (21,87%) disposta in favore di Di Paola con decreto sindacale 31 luglio 2017 numero 45 dell’ex sindaco Franco Landella, senza l’autorizzazione dell’azienda sanitaria datoriale.

Il ricorso di Di Paola e la Procura generale

Con atto notificato il 31 gennaio 2024 e depositato in 27 febbraio dello stesso anno, l’attuale consigliere comunale di Foggia aveva interposto appello chiedendo l’integrale riforma della sentenza per la “contraddittorietà ed illogicità della motivazione della sentenza; violazione e falsa applicazione dell’art. 1 della legge 14 gennaio 1994, n. 20 (insussistenza di una condotta dolosa e del volontario occultamento della condotta dannosa”).

Secondo il noto dirigente della sanità, la sentenza avrebbe erroneamente riscontrato il volontario occultamento del fatto dannoso, idoneo a far slittare il termine prescrizionale quinquennale alla data della relativa scoperta. L’incarico extraistituzionale come membro del CdA di Amiu gli era stato conferito con decreto sindacale n.45/2017, inviato all’Albo Pretorio per la affissione ed anche al Servizio Informatico per la pubblicazione sul sito istituzionale.

Pertanto, secondo Di Paola, l’azienda sanitaria locale sarebbe stata a conoscenza del conferimento dell’incarico, e quindi avrebbe tacitamente autorizzato il dipendente a svolgere l’incarico de quo ed il giudice di prime cure avrebbe erroneamente ritenuto integrato il volontario occultamento, senza tener conto della mancata prova di una condotta indirizzata ad impedire la conoscenza del fatto. Non vi sarebbero stati in atti elementi da cui potrebbe essere desunto un comportamento volto a occultare l’emersione del danno, o un’attività fraudolenta soggettivamente diretta e oggettivamente idonea ad occultare il danno.

La Procura generale – che ha chiesto il rigetto del gravame e la conferma della sentenza – in relazione al primo motivo di censura, ne ha eccepito la totale infondatezza, poichè, l’’incarico non sarebbe stato svolto nell’interesse dell’Asl di Foggia e, quindi, ammettendo che non fosse “vietato in assoluto”, come ritenuto dal giudice di primo grado, sarebbe stato comunque soggetto ad autorizzazione, come ogni altro incarico conferito ad un dipendente impiegato presso una pubblica amministrazione, con rapporto di lavoro a tempo pieno o parziale.

Per la Procura generale della Corte dei Conti, anche gli incarichi conferiti dalle pubbliche amministrazioni ai dipendenti di altre amministrazioni, dovrebbero, poi, sempre essere autorizzati dall’amministrazione di appartenenza dei dipendenti stessi. Infine, l’obbligo posto a carico dell’amministrazione, che avesse inteso conferire l’incarico, di richiedere l’autorizzazione all’amministrazione di appartenenza del dipendente, escluderebbe la possibilità di una “tacita autorizzazione”, senza una previa richiesta formale, anche da parte dello stesso dipendente, ed anche l’onere a carico dell’amministrazione di appartenenza del dipendente di conoscere gli incarichi conferiti ai propri dipendenti ancorché pubblici.

La legge non solo non prevederebbe alcuna equiparazione tra la “conoscibilità” dell’attività extra-istituzionale e la “conoscenza effettiva”, ma considererebbe “irrilevante tale conoscenza”, non potendo quest’ultima integrare alcuna fattispecie di silenzio-assenso.

Con il secondo motivo, Di Paola ha contestato la violazione e falsa applicazione dell’art. 53 d.lgs. 39/2001 e 4 dell’art. 60 D.P.R. n.3/1957. violazione e falsa applicazione dell’art. 50 del Testo Unico Enti Locali”. La ratio dell’art. 53, comma 7, sarebbe quella di consentire alla pubblica amministrazione di appartenenza di valutare la compatibilità dell’attività extralavorativa, eventualmente esercitata dal dipendente pubblico, con il corretto e puntuale espletamento, in modo terzo ed imparziale, della prestazione contrattualmente dovuta dal lavoratore alla pubblica amministrazione, in ossequio ai principi costituzionali.

La situazione di incompatibilità deve essere valutata in astratto, sul presupposto che la norma è volta a salvaguardare le energie lavorative del dipendente ai fini del miglior rendimento. Proprio alla luce di tale ragionamento, a fronte dell’insussistenza del perseguimento dello scopo di lucro da parte di Amiu e dell’assenza di situazioni di conflittualità facenti capo all’amministrazione, verrebbe meno uno degli elementi costitutivi della fattispecie vietata.

Per tale motivo non troverebbe applicazione il divieto imposto dall’art. 53 d.lgs. 165/2001. A ulteriore riprova dell’assunto, l’art. 50 Tuel non si sarebbe limitato a stabilire, nella materia, le attribuzioni del sindaco, ma definirebbe anche la regola di portata generale secondo cui le nomine di rappresentanti dell’ente presso altri organismi, devono considerarsi di carattere fiduciario, nel senso che riflettono il giudizio di affidabilità espresso attraverso la nomina, ossia la fiducia sulla capacità del nominato di rappresentare gli indirizzi politici di chi l’ha designato. Il Giudice di prime cure non avrebbe tenuto conto della natura del conferimento in questione, assegnato con nomina prettamente politica, e non derivante dalla sottoscrizione di un contratto di lavoro da parte di Antonio Di Paola. 

Il primo giudice non avrebbe ritenuto applicabile al caso di specie l’art. 60 del d.P.R. n. 3/1957 che vieta ai pubblici dipendenti l’esercizio, anche in forma societaria, dell’industria e del commercio (incompatibilità assoluta), ma ha considerato l’attività di componente del Cda di Amiu Puglia soggetta ad autorizzazione da parte della Asl Foggia (incompatibilità relativa), autorizzazione mai richiesta.

La pretesa assenza di una situazione di conflitto di interessi tra l’attività principale di Antonio Di Paola e l’incarico in questione, inoltre, non avrebbe potuto far venir meno l’obbligo di richiedere l’autorizzazione all’Asl di Foggia,

Con il terzo motivo Antonio Di Paolo ha contestato la.“violazione ed errata applicazione/interpretazione del regolamento Asl. Contraddittorietà ed illogicità della motivazione”. Proprio la circostanza, accertata dal primo giudice, che Antonio Di Paola avesse inoltrato richieste di autorizzazione per altri incarichi, renderebbe alquanto illogico e irragionevole sostenere che questi abbia “dolosamente” omesso di richiedere detta autorizzazione, rischiando di incorrere nel rischio di responsabilità amministrativa, differentemente rispetto alle altre precedenti vicende relative ad incarichi extraistituzionali.

In ogni caso, egli non sarebbe stato destinatario del procedimento ex art. 63 T.U. n. 3/1957 né la società avrebbe previamente richiesto l’autorizzazione, come pure lo stesso art. 53 cit. prevede. In tal senso militerebbe anche l’art. 5 del Regolamento per l’autorizzazione ed il conferimento al personale dipendente di incarichi non compresi nei compiti e doveri d’ufficio dell’Asl, approvato nel 2010. Al dipendente il regolamento riconosce la mera facoltà di richiesta, prevista solo come eventuale, non già come obbligatoria.

Quanto al terzo motivo, diversamente da quanto sostenuto dall’appellante, il regolamento sugli incarichi extra-istituzionali dell’Asl di Foggia prevederebbe espressamente che l’incarico di consigliere di amministrazione presso una società di capitali sia soggetto ad autorizzazione (art. 2, comma 1, lett. k) e che l’autorizzazione debba essere comunque richiesta, anche nel caso di incarico conferito da altre amministrazioni, o dall’amministrazione conferente o dal dipendente (art. 5, comma 2).

In merito al quarto motivo di ricorso, vale a dire laviolazione e falsa applicazione dell’art. 1 comma 2 l. n. 20/1994”. L’Asl Fg sarebbe stata “giuridicamente” a conoscenza del conferimento dell’incarico extraistituzionale e dunque del comportamento “dannoso” sin dalla nomina pubblicata in Albo Pretorio; conoscenza peraltro perpetratasi nel tempo sia a mezzo stampa, grazie alla pubblicazione di articoli puntualmente riferibili alla nomina di Di Paola, sia alla pubblicità, trasparenza e diffusione di informazioni riportata sul sito istituzionale di Amiu Puglia s.p.a.

Il termine di prescrizione del diritto al risarcimento sorgerebbe, nel caso concreto, dalla data della pubblicazione del decreto, da luglio 2017.

Per la Procura generale, invece, il quanto motivo di censura è inammissibile, in quanto integrerebbe un’eccezione nuova – stante la contumacia in primo grado dell’appellante; in ogni caso sarebbe infondato. L’omissione della richiesta di autorizzazione, ponendosi in violazione dei generali obblighi di correttezza e buona fede, previsti dagli articoli 1175 e 1375 del codice civile e connessi all’obbligo giuridico di informare l’Amministrazione di appartenenza, integrerebbe una fattispecie di volontario occultamento del danno.

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La sentenza

Per la II sezione giurisdizionale della Corte dei Conti, non merita accoglimento il primo motivo di censura, mentre rispetto all’esame del secondo motivo di doglianza che investe l’antigiuridicità della condotta, non ha alcun pregio il rilievo dedotto dall’appellante in merito alla natura di società in house della Amiu Puglia SpA.

A prescindere dagli esiti dell’annoso dibattito sulla natura di tali enti (formalmente privati e sostanzialmente pubblici), il divieto posto dall’art. 53 investe sia gli incarichi affidati da amministrazioni pubbliche (diverse da quelle di appartenenza) sia soggetti privati. Ed è chiaro che, in tale ottica, non può attribuirsi valore esimente alla circostanza che l’Amiu  Puglia perseguisse fini pubblicistici, sia perché questi ultimi (come delineati nello Statuto della società medesima che è operativa nel settore ambientale) non sono sicuramene sovrapponibili a quelli propri dell’azienda sanitari di appartenenza del dott. di Paola, sia perché il divieto di svolgimento vale in relazione a qualunque incarico di natura extraistituzionale a prescindere dalla natura pubblica o privata del soggetto conferente, come sopra precisato, con la conseguenza che non rileva affatto il fine perseguito dall’ente che attribuisce l’incarico o presso cui quest’ultimo è svolto, bensì esclusivamente la violazione dell’obbligo di esclusività che avvince il singolo dipendente nei confronti della propria parte datoriale pubblica.

Diversamente dall’assunto difensivo, la situazione di incompatibilità deve essere valutata in concreto (non in astratto), proprio perché la norma dell’art. 53, comma 7 cit., è volta “a salvaguardare le energie lavorative del dipendente ai fini del miglior rendimento” ed è chiaro che tale miglior rendimento deve essere valutato in relazione agli obblighi di servizio che derivano dal contratto di lavoro e devono essere di volta in volta considerati dalla stessa amministrazione di appartenenza, considerando la tipologia specifica di ciascun incarico. 

Parimenti non possono trovare ingresso le censure che muovono dalla natura amministrativa dell’atto di conferimento dell’incarico di consigliere nel CdA della società in house e dall’inesistenza di un vero e proprio contratto di lavoro con la società. 

Infine, alcun rilievo assume l’osservazione dell’appellante in ordine all’inapplicabilità dell’art. 60 del d.P.R. n. 3/1957 dal momento che gli stessi giudici territoriali hanno considerato l’attività di componente del Cda di Amiu Puglia come soggetta ad autorizzazione da parte della Asl Fg, quindi teoricamente “autorizzabile” ex art. 53 cit., come posto in evidenza anche dalla Procura generale

Con il terzo motivo con cui l’appellante lamenta l’insussistenza dell’obbligo di richiedere l’autorizzazione all’Asld i Foggia, sfuggita al primo giudice, atteso che il regolamento sugli incarichi extra-istituzionali dell’azienda sanitaria locale imponeva all’Amiu Puglia di chiedere l’autorizzazione e, in mancanza e, comunque, vista la notorietà dell’incarico in questione, l’attività doveva intendersi tacitamente autorizzata. Nessuno di tali profili è meritevole di accoglimento.

Infine, il quarto motivo si appalesa manifestamente infondato.

Quindi on la sentenza depositata il 17 giugno, come deciso nella Camera di Consiglio del 4 febbraio, a seconda sezione centrale d’appello della Corte dei Conti, rigetta l’appello e, per l’effetto, conferma la sentenza di primo grado impugnata. 

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www.foggiatoday.it è stato pubblicato il 2025-07-06 20:13:00 da


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