ANCONA – Un’amicizia nata dietro le sbarre e un progetto che guarda al futuro, fuori. È la storia di Calogero, 36 anni, residente a Rosora, e di Giovanni, 32enne di Taranto, che dal carcere di Montacuto stanno per lanciare una Onlus unica nel suo genere. L’obiettivo? Aiutare le persone in difficoltà – ex detenuti, donne vittime di violenza, disabili – e allo stesso tempo prendersi cura degli animali abbandonati.
I due si sono conosciuti in cella e hanno deciso di non sprecare il tempo della pena. Hanno messo nero su bianco uno statuto e un organigramma per fondere le due associazioni che avevano creato prima dell’arresto: “La Fenice” di Giovanni e “Il Rifugio dell’Amore”, fondata da Calogero insieme alla compagna Stefania proprio nel comune della Vallesina. “Il carcere ci ha messo di fronte a una scelta: aspettare o agire“, spiegano. “Noi abbiamo scelto di agire. Non chiediamo sconti o indulgenza, ma solo di poter aiutare chi è ancora più fragile di noi”.
L’amore per gli animali e il dramma di Lampedusa
La passione di Calogero per gli animali ha radici profonde, segnate da una vicenda terribile. Prima di trasferirsi nelle Marche, viveva a Lampedusa con la sua compagna. Lì la coppia si prendeva cura di circa 20 cani, molti dei quali randagi. Una missione d’amore interrotta dalla crudeltà di ignoti che avvelenarono i loro animali. Due morirono, tra cui l’amato labrador Mojito, e sette cuccioli furono salvati solo grazie a cure disperate. Quel trauma li spinse a cercare rifugio a Rosora, portando con sé tutti i 17 cani sopravvissuti, e a dare vita al primo “Rifugio dell’Amore”.
Oggi, da dentro Montacuto, quel sogno è pronto a rinascere in una forma nuova e più grande. Il progetto ha già ricevuto l’attenzione di associazioni come Antigone e Nessuno Tocchi Caino. Ma per partire davvero, serve un sostegno concreto. Per questo Giovanni e Calogero lanciano un appello diretto all’imprenditore marchigiano Diego Della Valle: “È il simbolo di chi fa impresa senza dimenticare le persone. Vorremmo che conoscesse la nostra storia e credesse in un progetto che vuole dare voce a chi non ne ha più”. A breve per entrambi potrebbero aprirsi le porte delle misure alternative. Un’opportunità che non vedono come una via di fuga, ma come il vero punto di partenza. “Vogliamo uscire per costruire”, scrivono. La loro Onlus cerca ora il sostegno di finanziatori, fondazioni e professionisti per trasformare un’idea nata in prigione nella più bella storia di riscatto.
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