Miglionico, Storia e cosa vedere

Miglionico, Storia e cosa vedere


A Miglionico ci sono diverse attrazioni interessanti da visitare:

  1. Castello Normanno: Questo imponente castello, situato in posizione panoramica, è una delle principali attrazioni del comune. Le sue origini risalgono al periodo normanno e offre viste spettacolari sulla valle e sui dintorni​(
  2. Chiesa Madre di Santa Maria Maggiore: Questa chiesa è famosa per la sua architettura affascinante e per le opere d’arte che ospita. È un luogo di culto significativo per la comunità locale e rappresenta un importante esempio del patrimonio religioso della zona​(
  3. Viale della Libertà: Questo viale è un luogo piacevole per passeggiate e rappresenta il cuore della vita sociale di Miglionico. È circondato da negozi e caffè, rendendolo ideale per una passeggiata nel centro del paese​,
  4. Eventi locali: Miglionico ospita vari eventi durante l’anno, tra cui feste religiose e sagre, che celebrano le tradizioni culinarie e culturali della regione.
  5. Sentieri naturalistici: Il territorio collinare di Miglionico offre opportunità per escursioni e passeggiate nella natura, rendendolo un luogo ideale per gli amanti dell’outdoor

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Archeologia e storia del territorio di Miglionico

Situato sulla sommità di un crinale che separa diversi bacini del fiume Bradano, Miglionico è un comune che ha sviluppato la sua forma attuale tra l’XI e il XVII secolo, su un sito abitato sin dal IX secolo a.C. da popolazioni indigene. Sebbene le indagini archeologiche siano state limitate e spesso avvenute in seguito a ritrovamenti sporadici, questi studi hanno comunque permesso di ipotizzare lo sviluppo degli insediamenti umani nelle aree circostanti e sulla collina dove si trova il paese.

Già dalla fine del XIX secolo, storici locali hanno documentato vari ritrovamenti di tombe e necropoli, soprattutto nell’area del centro storico e nelle vicinanze della via Lucana e del cimitero. Durante la costruzione, le imprese edili hanno danneggiato un vasto sepolcreto, il quale è stato successivamente scavato negli anni Trenta. Alcuni scavi risalgono al 1811 e hanno messo in luce una necropoli vicino al cimitero, mentre nel 1847 nuovi ritrovamenti hanno portato alla luce numerosi oggetti in terracotta e bronzo.

I reperti più significativi, conservati nel Museo Ridola di Matera, provengono da diverse necropoli, comprese quelle adiacenti al cimitero e quelle sotto il castello. Tra i reperti di maggior interesse figurano un pendaglio equestre in bronzo del VII secolo a.C. e resti di vasellame attico attribuiti al pittore ateniese Lydos, risalenti al 550 a.C. Inoltre, è stato rinvenuto un elmo corinzio di un guerriero enotrio e una statuetta votiva in bronzo raffigurante Eracle, datata al V secolo a.C.​

L’analisi della natura e della posizione dei reperti suggerisce che sulla collina di Miglionico e nelle sue vicinanze esistessero diversi nuclei abitati, probabilmente insediamenti agricoli sparsi, e un centro più significativo dove oggi si trova il perimetro del centro medievale. Le scoperte archeologiche sono più abbondanti nelle aree periferiche del paese, dove non ci sono edifici, mentre i resti dell’urbanizzazione storica sono stati sommersi dalla stratificazione edilizia del centro. Tuttavia, nel secolo scorso e nei primi anni del dopoguerra, importanti ritrovamenti sono stati segnalati al castello, a S. Sofia e nelle cantine di alcune case. Questa struttura a nuclei sparsi, accanto a un centro di dimensioni maggiori, è comune anche in altri centri vicini come Pomarico, Irsina, Matera, Montescaglioso e Timmari, che condividono caratteristiche simili.

Le ceramiche e i corredi funerari ritrovati permettono di datarli intorno all’VIII secolo a.C., con le popolazioni in quest’area prevalentemente enotrie, influenzate dalla cultura della vicina Apulia. Con l’emergere di Metaponto e la rinascita della colonia greca di Heraclea, la colonizzazione e le reti infrastrutturali si sono ampliate, facilitando gli scambi commerciali con le popolazioni indigene. A Miglionico, il contatto con le colonie greche è evidente dalla presenza di ceramiche attiche risalenti a circa 550 a.C., attribuite al ceromografo ateniese Lydos. Inoltre, i ritrovamenti di oggetti in bronzo, come manici antropomorfi e una kylix attica con scene dionisiache, attestano forti relazioni culturali con Taranto e Metaponto.

Le popolazioni indigene di Miglionico partecipano attivamente ai cambiamenti demografici e culturali tra il IV e il III secolo a.C., nonostante le tensioni con le popolazioni lucane. Dopo conflitti con le colonie greche, si verifica una progressiva integrazione culturale, documentata da ricchi corredi funerari, tra cui una pelike e un’hydria apula, risalenti al periodo 340-330 a.C., rinvenuti negli scavi del 1911. Questa evoluzione testimonia la complessità dei rapporti culturali e commerciali nel contesto della civiltà magno-greca e delle popolazioni indigene.

La conquista romana della Magna Grecia

La conquista romana della Magna Grecia, avviata con la fondazione delle prime colonie latine a Venosa e caratterizzata dalla presenza di presidi romani nella valle del Crati, dalla latinizzazione di Grumento, dal patto federativo tra Heraclea e Roma, e dalla conquista di Taranto, accentuò il processo di declino dei centri costieri, al contempo potenziando l’importanza dei centri abitati lungo la direttrice dell’Agri e della via Appia. Questo periodo fu segnato anche da un forte spopolamento delle campagne, devastate da guerre come quelle contro Taranto, Cartagine e la guerra sociale nell’ultimo periodo della Repubblica, che comportarono un’ampia riorganizzazione economica e un crescente predominio del latifondo agricolo. Le popolazioni si concentrarono nei centri maggiori, dando origine a un sistema di borghi collinari che anticipava l’organizzazione insediativa e infrastrutturale stabilitasi nell’alto medioevo e proseguita fino all’epoca moderna senza significative modifiche.

In questo contesto, Miglionico si afferma come insediamento collinare, ponendo le basi per lo sviluppo del borgo altomedievale. Durante l’epoca tardo imperiale, i nuclei abitati esterni al centro principale si spopolano e vengono abbandonati, mentre la popolazione si concentra sull’estremità nord-occidentale della collina, dove nascerà il borgo documentato nel periodo normanno.

Il centro abitato dal secolo XI al XVIII

La riconquista bizantina dei territori lucani e pugliesi, avvenuta alla fine del IX secolo, iniziò dai capisaldi costieri in terra di Bari e nel Salento, mantenendo il controllo greco anche dopo l’espansione del Ducato Longobardo di Benevento. Questa riconquista portò a una riorganizzazione amministrativa ed ecclesiastica dell’area, con la creazione prima del Tema di Longobardia e poi del Tema di Lucania, e la sottomissione delle chiese lucane agli episcopati di Matera, Acerenza, Tricarico e Tursi, sotto la giurisdizione del Metropolita orientale di Otranto, come confermato da un documento imperiale del 962.

Con l’arrivo dei Normanni nel XI secolo, e il riconoscimento da parte del Concilio di Melfi nel 1059, la Basilicata fu infeudata alle principali famiglie normanne, mentre le sedi vescovili, latinizzate e sottoposte al Pontefice Romano, divennero suffraganee dell’arcivescovo di Acerenza. In questo contesto, Matera fu assegnata alla famiglia Loffredo, mentre la bassa valle del Bradano, estendendosi fino a Pisticci, Stigliano e Tricarico, fu inclusa nella Contea di Montescaglioso, affidata ai Macabeo.

Tra i centri altomedievali della bassa valle del Bradano, Miglionico si distinse per la sua posizione strategica vicino alla via Appia, anche se fino al XIV secolo il suo ruolo rimase circoscritto rispetto ad abitati come Montepeloso, Tricarico e Montescaglioso, sedi di vescovi e abbazie benedettine. Durante l’epoca normanna, il borgo fortificato occupava l’area occidentale dell’attuale centro storico, su un sito elevato, e comprendeva i quartieri di S. Angelo, S. Nicola e S. Giacomo, con un fortilizio situato dove oggi sorge il Palazzo Corleto.

L’abitato si sviluppava seguendo il profilo della collina, con un crinale che collegava l’area fortificata all’entrata delle mura. Lungo il suo asse urbano si snodavano vicoli e residenze importanti, oltre all’antica chiesa di S. Nicola dei Greci, ora non più esistente. La Chiesa Madre, il primo nucleo di espansione del borgo, fu costruita a partire dalla metà del XIV secolo, e il suo ingresso era orientato verso il probabile accesso alla parte più antica dell’abitato.

Durante la fase normanna, Miglionico consolidò la sua presenza attorno alla chiesa di S. Nicola dei Greci, riflettendo l’origine tardo-bizantina del tempio. Inoltre, secondo la cronaca di Romualdo Salernitano, la notizia della costruzione di un ‘castellum’ da parte di un Conte Alessandro negli ultimi decenni dell’XI secolo potrebbe riferirsi al sito del Palazzo Corleto.

Rispetto agli altri abitati circostanti, il territorio di Miglionico si distingue per un marcato accentramento della popolazione nel centro principale, con la presenza di alcuni casali nelle campagne circostanti. Questi, situati nei pressi del fiume Bradano e della cappella di S. Vito, continuavano ad essere abitati fino alla fine del XIV secolo, ma non raggiunsero mai l’importanza dei nuclei fortificati di Altojanni, Castrum Jugurij, Picoco e S. Maria del Piano, presenti nei territori di Grottole e Pomarico.

Durante il XII secolo, il catalogo dei Baroni riconosce Miglionico come parte del Comitatus Montis Caveosi, un territorio infeudato alla famiglia Normanna dei Macabeo. Attraverso la contessa Emma, moglie del Comes Rodolfo, la famiglia è legata direttamente al Guiscardo. Dopo il 1120, Miglionico diventa dominio diretto dei Principi di Taranto, assegnato a Boemondo, figlio del Guiscardo. Il Catalogo assegna Miglionico come suffeudo della contea di Montescaglioso a un nipote dell’Arcivescovo di Acerenza, che contribuisce con quattro militi, incrementati a otto in seguito.

Questa circoscrizione feudale, che include anche i centri di S. Mauro, Salandra, Accettura, Pomarico, Craco, Montalbano e Pisticci, rimane sostanzialmente invariata fino alla seconda metà del XIII secolo. In questo periodo, la riorganizzazione militare del Meridione, culminata con la definitiva instaurazione della monarchia angioina dopo l’ultima rivolta a favore degli Svevi tra il 1265 e il 1269, assegna guarnigioni militari alle piazzeforti più importanti del Regno e impone oneri alle popolazioni circostanti per la manutenzione e gli approvvigionamenti.

Nel 1271, la Curia regia elenca i castelli dell’antico Comitatus Montis Caveosi, includendo Petrolla, Montalbano, Policoro, Torre a Mare, e Montescaglioso. Gli abitanti di S. Mauro, del Casale di S. Giovanni presso Tricarico, Uggiano e Miglionico, che contano circa 1500 persone, devono provvedere alla manutenzione del castello di Montescaglioso. Questo numero corrisponde a 277 fuochi, ovvero nuclei familiari, censiti nel 1277, i quali versano 69 once alla Curia Regia.

La partecipazione di Miglionico agli oneri per la manutenzione del castello di Montescaglioso suggerisce che in quel periodo non esistesse nel paese una roccaforte paragonabile all’attuale castello, poiché altrimenti gli abitanti avrebbero dovuto occuparsi della manutenzione della propria struttura. Tuttavia, ciò non esclude la presenza di fortificazioni, dato che l’imposizione fiscale si riferisce unicamente a quelle fortificazioni demaniali con guarnigioni stabili.

Negli ultimi decenni del XIII secolo, gli abitati lucani, devastati dalla guerra tra gli Svevi e gli Angioini, cercarono di ottenere sgravi fiscali dal Sovrano per favorire la ripresa economica e garantire la sicurezza nelle campagne, ormai colpite da un preoccupante processo di abbandono.

A metà del XIV secolo, il clero secolare di Miglionico inizia la costruzione della Chiesa di S. Maria Maggiore sui resti di una cappella preesistente, posizionata in un’area destinata a svilupparsi nei decenni successivi. Questa nuova chiesa diventa un centro attorno al quale si sviluppano nuovi quartieri, influenzati dalle direttrici di espansione urbana.

Contemporaneamente, la costruzione del castello da parte della famiglia Sanseverino porta a un ampliamento delle mura, che includono il centro medievale e le aree di nuova costruzione. Dentro il nuovo perimetro, i punti chiave del borgo includono le chiese distrutte di S. Nicola dei Greci e S. Giacomo, la Parrocchiale, e il convento dei frati francescani a Porta S. Sofia, fondato nel 1439.

Nei decenni successivi, Miglionico vive un significativo sviluppo economico e sociale, favorito da un clima di vivace attività culturale e dall’emergere di una certa autonomia politica da parte del clero secolare e del ceto possidente, che conquistano ruoli sempre più significativi all’interno della comunità. A questo periodo risale anche la costruzione di nuove residenze cittadine da parte di famiglie benestanti, come il Palazzo Petito e il Palazzo Ventura-Aspriello, completati a metà del Cinquecento.

La formazione di cospicui patrimoni fondiari da parte di alcune famiglie a Miglionico, a differenza di centri vicini come Matera e Tricarico, è favorita dalla mancanza di un ampio patrimonio ecclesiastico e dall’assenza di un forte controllo feudale. I feudatari locali, infatti, delegano l’amministrazione dei beni a personaggi influenti, che accumulano ricchezze e investono nell’acquisto di feudi e titoli. Un esempio significativo è la famiglia Putignani a Tricarico, legata ai Sanseverino e che si arricchisce amministrando i feudi sanseverineschi, accumulando un notevole patrimonio a Craco e Miglionico.

In questo contesto, gli eventi del 1485 e 1486 vedono i congiurati riunirsi a Miglionico, una località situata vicino alla via Appia, al confine orientale dei territori dei Sanseverino e al limite occidentale dei possessi dei Del Balzo. Il cruento esito della rivolta comporta la temporanea cessazione del possesso dei Sanseverino sul paese. Nel 1488, Camilio Mauro di Napoli, nominato da re Ferdinando per liquidare i patrimoni dei baroni ribelli, vende all’Università di Miglionico i beni che il Sanseverino possedeva. Tuttavia, nel 1496, il re riabilita il Sanseverino, consentendogli di riprendere possesso del Castello e della terra di Miglionico tramite il procuratore Pietro Riccio di Montalto.

Sebbene i Sanseverino tornino a essere proprietari del Castello e del titolo, i loro diritti sul paese vengono riconosciuti solo decenni dopo. Nel 1533, l’erario del Principe riacquisisce i diritti sulla Bagliva di Miglionico, e nel 1543, tramite un atto notarile, il Sanseverino è reintegrato in tutti i beni posseduti. Tuttavia, la loro presenza a Miglionico è limitata ai primi decenni del XVII secolo; nel 1624, il possesso del paese passa alla famiglia Revertera, che aveva acquisito titoli relativi a Salandra. I Revertera ottengono dal Duca d’Alba il consenso per l’acquisto di Miglionico e, nel 1625, ordinano alla popolazione di prestare giuramento di fedeltà.

Tra la fine del XVI e gli inizi del XVII secolo, i poteri delle Università a Miglionico si consolidano, a scapito delle prerogative feudali già indebolite dalla monarchia aragonese. Dopo la cacciata dei Sanseverino, l’Università acquista prerogative dalla Curia Regia, ma successivamente deve cederle ai successori del Sanseverino e infine ai Revertera. Le Università si oppongono ai feudatari che mercificano diritti e gabelle, approfittando delle popolazioni locali. Ad esempio, nel 1358, Ruggero Sanseverino concede alla popolazione il diritto di pascolo, e nel 1494, Alfonso I conferma all’Università i privilegi già concessi.

Il passaggio di Miglionico ai Revertera segna l’emergere di famiglie legate al ceto mercantile e professionale, che sostituiscono l’antica feudalità guerriera. Le famiglie mercantili acquisiscono potere tramite il commercio e l’amministrazione pubblica, mentre una nuova classe di professionisti inizia a investire in attività agricole. A Miglionico, tra il XVII secolo e i primi decenni del XVIII, avviene un processo di rinnovamento urbano. Le aree più antiche vengono ristrutturate e si costruiscono nuove abitazioni, con l’uso di materiali e tecnologie innovative.

Le famiglie nobili edificano grandi palazzi, riflettendo il loro status sociale con facciate monumentali e decorazioni elaborate. Alla fine del Seicento, il castello viene trasformato in una residenza gentilizia, mentre nuove costruzioni, come palazzo Guida e palazzo Di Gregorio, emergono nel XVIII secolo.

Nei primi decenni del Settecento, la monarchia borbonica tenta di riaffermare il proprio potere limitando lo strapotere baronale e ampliando le prerogative delle Università. La compilazione del primo catasto nel 1740 rivela una crescente diffusione di piccole e medie proprietà accanto ai grandi patrimoni feudali ed ecclesiastici. Anche il patrimonio ecclesiastico a Miglionico gioca un ruolo significativo, con una vasta proprietà urbana e rendite provenienti dalla riscossione di censi su vari patrimoni.

Questa evoluzione a Miglionico è emblematicamente rappresentativa del cambiamento socio-economico dell’intero regno, dove l’antica feudalità viene gradualmente sostituita da nuove forze economiche e sociali.

Alla fine del XVIII secolo, lo sviluppo e l’espansione del centro storico si concentrano nelle due aree rimaste libere all’interno del perimetro murario, con numerosi interventi di sopraelevazione. Nei primi decenni dell’Ottocento, l’area circostante la cerchia muraria subisce notevoli trasformazioni, caratterizzate dalla costruzione di nuove abitazioni che sostituiscono progressivamente le mura crollate o demolite. Questo periodo di espansione e sviluppo è alimentato dalle significative trasformazioni sociali avvenute a seguito delle leggi che abolivano la feudalità, le quali, mediante la quotizzazione dei demani e dei feudi, aprono l’accesso alla proprietà a vaste fasce della popolazione.

Tuttavia, il possesso dell’Università di alcune terre appartenute ai Revertera non è privo di controversie. Le modalità di demanializzazione e quotizzazione danno origine a lunghe cause legali che si protraggono per decenni, coinvolgendo anche gli ecclesiastici a causa delle proprietà del Capitolo della Colleggiata e delle abolizioni delle congrue e delle decime dovute al clero.

Con i provvedimenti del 1806 e 1808, l’amministrazione francese sopprime anche il convento francescano, un antico noviziato della Provincia di Basilicata, trasferendo il complesso al Comune. Nel 1823, dopo numerose suppliche da parte della popolazione e lunghe trattative con il Sottintendente di Matera e il Padre Provinciale dell’ordine, si ottiene il ritorno dei frati. Tuttavia, dopo l’Unità d’Italia, anche i frati sono costretti a lasciare nuovamente il convento a seguito dell’abolizione degli Ordini religiosi.


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